I risarcimenti alle famiglie proteggono la società da misure interdittive. Le analisi svizzere: metà dei tiranti usurati dal 30% al 70%
Nel corso del cda di ieri, anche il presidente di Autostrade per l’Italia, Fabio Cerchiai, dopo l’analogo annuncio di qualche settimana fa dell’ad Giovanni Castellucci, ha annunciato la propria volontà di dimettersi.
L’addio dei manager
Il Sole 24 Ore scrive che l’uscita dei due manager sarà simultanea: la tempistica non è ancora stata definita, “ma certamente l’addio si concretizzerà molto prima della scadenza naturale del prossimo aprile”.
Entrambi i manager hanno giustificato la scelta legandola ai crescenti impegni in Atlantia dopo l’acquisizione di Albertis, “difficile però non collegare la mossa, almeno parzialmente, anche con quanto accaduto il 14 agosto con il crollo del viadotto Polcevera”, scrive il quotidiano.
Autostrade fa ricorso contro il decreto Genova
Nel cda, scrive sempre Il Sole, la società ha anche deciso di fare ricorso contro il decreto di nomina del commissario per la ricostruzione – che esclude Autostrade dai lavori – e contro alcuni decreti emessi dallo stesso commissario Bucci, ma senza provocare ritardi o ostacoli alla ricostruzione: “il ricorso non conterrà istanza di sospensiva”.
Castellucci: “Appena saranno chiare le cause daremo il nostro contributo”
Intervistato da Il Secolo XIX, l’ad Castellucci definisce il decreto Genova una legge “ad personam”, anzi, “contra personam”.
Come mai in tribunale, otto uomini su nove di Autostrade e della controllata Spea si sono avvalsi della facoltà di non rispondere? Gli chiede l’autore dell’intervista, Daniele Grillo, facendogli notare che è vero che è un diritto contemplato dalla legge, ma che può essere considerato offensivo nei confronti delle vittime e della comunità, visto che la società ha assicurato dal primo momento la massima collaborazione alla magistratura. Ecco la risposta di Castellucci: “In quella giornata c’è stato un chiaro apprezzamento da parte del sostituto procuratore Cozzi circa la collaborazione da parte dell’azienda a ripristinare la sicurezza, e confermo che non appena saranno chiari l’evoluzione degli eventi e le cause daremo il nostro contributo. Finché non si paleseranno cause e responsabilità, non si potrà capire se e cosa non ha funzionato”.
Autostrade si è fatta una sua idea su cosa non abbia funzionato? “I tecnici stanno approfondendo le possibili cause. Appena ci sarà un’idea definitiva potremo esprimerci”, risponde l’ad.
Un processo senza vittime: 50 milioni alle famiglie
Il Secolo XIX scrive che gli avvocati di Autostrade, impegnati da tempo in trattative riservate con le famiglie delle vittime, hanno chiuso accordi per quasi 25 milioni di euro. I parenti interessati dalle transazioni sono finora 138; gli aventi diritto 332. Per l’operazione, scrive il quotidiano, la società ha stanziato 50 milioni di euro e conta di sottoscrivere intese con tutti: “Il contratto, a saldo e stralcio, ha un’unica conseguenza irreversibile: preclude la facoltà di costituirsi parte civile al processo. Ed è quindi più che probabile che le udienze si svolgeranno senza la partecipazione attiva dei rappresentanti di chi nel disastro ha perso la vita o è rimasto ferito”.
I risarcimenti proteggono Autostrade da misure interdittive
Il quotidiano genovese aggiunge che il risarcimento “viaggia su cifre superiori alla media di casi simili ed è difficile trovare precedenti in Italia”, il che aiuterebbe a “disinnescare l’ipotesi più temuta dalla società: il commissariamento parziale o totale, o più in generale le misure cautelari previste dalla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti e dei fornitori di servizi pubblici”.
A trattare con le famiglie delle vittime è lo studio Bonelli-Erede-Pappalardo, tra i più noti in Italia in campo civilistico e societario, e i colloqui si sono protratti per settimane nel riserbo più assoluto.
La valutazione – chiarisce Il Secolo XIX – è basata su alcuni coefficienti fissati dal tribunale di Milano e calibrata sulle singole posizioni, tenendo conto innanzitutto dell’età e dei danni morali, poi della cerchia relazionale e dell’apporto economico di cui molte famiglie si sono trovate all’improvviso prive.
I valori fissati dalle tabelle di base sono stati spesso integrati: i risarcimenti a coniugi e parenti più stretti variano tra i 150 e i 300 mila euro. Per avere un termine di paragone, i genitori e il fratello d’un ventottenne precipitato con la sua auto dal viadotto riceveranno poco meno d’un milione, spiega il quotidiano.
L’analisi svizzera: “La metà dei tiranti usurata tra il 30 e il 70%”
Arrivano altre notizie sulle anticipazioni delle analisi dei reperti del Morandi effettuate dall’Empa di Zurigo (la versione definitiva dello studio arriverà tra circa un mese).
Gli studiosi – spiega Il Fatto Quotidiano – hanno esaminato oltre mille trefoli, cioè quelle componenti – a loro volta composte da centinaia di fili – “che si attorcigliano tra loro formando i cavi che tenevano su il ponte”. Per classificare il livello di ammaloramento del materiale sono state fissate cinque classi: zero, cavi intatti; uno, cavi intatti con lievi rotture; due, cavi corrosi o con riduzione della sezione fino al 30%; tre, corrosione o riduzione dal 30 al 50%; quattro, corrosione e riduzione di sezione dal 50 al 70%; cinque, danneggiamento dal 70 al 100%.
“L’analisi dei trefoli che stavano in cima al pilone 9 ha dato risultati che paiono indicare con molta probabilità la causa del crollo”, scrive il quotidiano: il 28% dei cavi rientra nella categoria 4; il 22% nella categoria 3; il 30% nella 2; il 16% nella categoria 1. Solo il 4% dei cavi risultano intatti.
Non solo, continua Il Fatto: “i cavi, secondo alcuni periti, riportano segni di “strappo”, lesione compatibile “con il cedimento dei trefoli degli stralli”.
Abbiamo già raccontato ieri che Autostrade, tramite il suo consulente Giuseppe Mancini, nega che la causa del crollo possa essere attribuita al cedimento degli stralli.
Il reperto 132 corroso al 70%
Il moncone 132 – scrive Repubblica Genova – ritenuto il reperto più importante, che era posizionato a sud della pila 9 lato levante, verso Genova e che era la parte terminante dello strallo agganciata alla cima del pilone, presenta una corrosione in media del 70 per cento, che vuol dire che “i tiranti avevano perso più di due terzi di resistenza”. Dopo il crollo, già ad occhio nudo “presentava una corrosione avanzata, compatibile con lo strappo”.
Le valutazioni sulle possibili cause del crollo
Occorre adesso chiarire qual è stata la causa scatenante del crollo, “l’elemento cioè che ha fatto cedere la struttura già malata”, scrive l’edizione genovese del quotidiano.
L’attenzione dei periti sembrerebbe orientarsi sulla presenza del carroponte che da tempo stazionava sul Morandi per i lavori di restauro o sull’ipotesi dei new jersey, barriere sistemate lungo tutta la carreggiata del peso di quasi 2mila tonnellate di cemento, come se un’ottantina di tir fossero rimasti parcheggiati sul ponte.
C’è poi la questione traffico, scrive sempre Il Fatto Quotidiano: “il ponte, concepito negli anni ‘60, era arrivato a sopportare 70mila vetture al giorno, con picchi di 100mila. Il tir passato nel momento del disastro potrebbe essere stato l’ultima goccia”.
Le ipotesi sui difetti di costruzione
Ci sono anche altre due ipotesi che fanno i periti e che rimandano tutto a “difetti” di costruzione del Morandi. Tra i tecnici – continua il quotidiano – c’è chi sostiene la possibilità di “un errore di calcolo che avrebbe causato sobbalzi al passaggio dei carichi più pesanti”. Inoltre, all’interno di uno degli stralli sono state trovate tracce di acqua che sono indicate come una delle possibili cause del loro deterioramento e che “potrebbero essere state intrappolate nel calcestruzzo al momento della costruzione”.