Zielinski è ancora un punto interrogativo, ha qualità ed è potenzialmente bravissimo, ma a volte si perde. Il parallelo con i vini di Paolo Cotroneo.
Il punto interrogativo
Ci siamo andati a rivedere gli ultimi due anni di Napoli del biondo polacco dai piedi fatati, tutte le partite, quelle giocate da titolare e quelle no, ebbene tra un sorso e l’altro, saltando da un bicchiere all’altro, ci è rimasto un grande punto interrogativo: Piotr Zielinski pare un campione sospeso, e pensando ai vini di Paolo Cotroneo che tenevamo nei bicchieri, se la sta giocando su due lati del campo ma prima della fine della partita ci deve dire addò stà jenno: è più Sogno di Rivolta o Terra di Rivolta?
Eh sì perché Zielinski non è più (solo) il ragazzetto arrivato a Fuorigrotta nell’estate 2016, pieno di talento e classe sopraffina, dai colpi incredibili. Piotr s’è fatt’ ‘omm e il tempo delle belle speranze è finito. Quando si lancia nello spazio tra le linee pare danzare sul pallone, è uno spettacolo vederlo, con quelle sue accelerazioni poi è capace di suscitare vertigini tanto repentine quanto emozionanti e coinvolgenti. E quando fa gol, quando la butta dentro, assieme alla palla ci scaraventa in porta un po’ tutti noi. Caro Piotr, stamm’ tutt’ quant là con te! Però poi in certe partite scompare dal campo, ci sta ma è come se non ci fosse, è bell ma nun abball, ci fa parlare da soli.
Il progetto a Torrecuso
Paolo Cotroneo, noto Farmacista napoletano, dà vita al suo progetto a Torrecuso in provincia di Benevento nel lontano ’97, ci ha investito con tutto se stesso anche l’anima. Oggi Fattoria La Rivolta conta circa 30 ettari di proprietà tutti a conduzione biologica, con una mano importante agli esordi, quella di uno dei più autorevoli enologi italiani, Angelo Pizzi, e la benedizione proseguita con l’avvento in cantina, da qualche anno, di Vincenzo Mercurio, altro tecnico campione d’Italia.
Tra i suoi vini più amati ed apprezzati c’è un bianco anzitutto, il Coda di Volpe, vino che lo ha consacrato sin dagli esordi; poi il Sogno di Rivolta, altro bianco prodotto però con l’assemblaggio di tre varietà autoctone campane e cioè Falanghina al 50% e Greco e Fiano al 25% ognuno. Un bianco quest’ultimo di grande fascino, in certe annate davvero suggestivo ed avvenente come non mai ma forse proprio per questa sua composizione così complessa incapace di ripetersi ogni anno.
Il fiore all’occhiello, il vero ‘capolavoro’ a Fattoria La Rivolta però è un rosso, il Terra di Rivolta Riserva. Un Aglianico del Taburno risultato di anni di paziente attesa spesi a comprendere palmo a palmo ognuna di quelle vigne per riconoscerne ogni minimo sussulto in campagna e in cantina, dallo scarto degli acini più scalognati ai giusti tempi e procedure delle fermentazioni e macerazioni sulle bucce, l’affinamento, il passaggio in bottiglia. Se il Taurasi è il principe dei rossi italiani e il Falerno del Massico è testimone della memoria storica millenaria in regione, L’Aglianico del Taburno è tra i più ‘giovani’ a vedere la ribalta volgendo, seppur lentamente, a conquistarsi quello spazio prezioso nella storia vitivinicola campana in perenne sospensione tra il vecchio e il nuovo.
La metà campo di Piotr (e del Terra di Rivolta)
È questa la metà campo nella quale tutti vogliamo vedere giocare Zielinski, è questa la parte del campo dove giocano i campioni con la sua classe ed il suo talento, dove conta infilarsi tra le linee e mandare al manicomio difese e tifosi, come l’anno scorso contro lo Shakhtar in Champions.
La stessa parte di campo dove gioca il Terra di Rivolta, un grande rosso dal naso che sa di violetta, prugna e marasca, è balsamico e speziato, profuma di tabacco e caffè tostato. Un sorso di spessore, intenso, largo, lunghissimo, dall’impronta assai territoriale, una sferzata tannica importante ma affatto invadente, che ne sottolinea stoffa e carattere da vendere. Adesso come tra dieci anni, almeno. Insomma, un gran bel vedere, un gran bel bere.