Il Napoli annuncia che si fermerà in caso di cori razzisti. Come prevede l’Uefa (e l’Italia). Il disobbediente è Salvini. La posizione pilatesca della Figc
La linea Ancelotti
Il Napoli non devia dalla propria linea sui cori razzisti e di discriminazione territoriale. Linea sancita da Ancelotti negli ultimi mesi con numerose dichiarazioni. L’allenatore del Napoli – che ha lavorato all’estero per quasi dieci anni – ha più volte ricordato come l’Italia sia rimasta uno dei pochissimi Paesi in cui esiste la cultura del tifo contro. Tifo contro che spesso sfocia negli insulti agli avversari. Insulti che possono diventare di stampo razzista o di discriminazione territoriale. In poco tempo, Ancelotti è diventato il simbolo della lotta al razzismo negli stadi italiani. Senza mai alzare la voce, appellandosi alle norme esistenti, Ancelotti è riuscito a sensibilizzare il mondo del calcio che sul punto ha sempre brillato per assoluto menefreghismo. Fino addirittura a far dichiarare al presidente della Figc Gravina che “Ancelotti ha risvegliato le coscienze”.
La sera di San Siro
Ancelotti ha minacciato di fermare la squadra in caso di cori durante Atalanta-Napoli e ha ottenuto il risultato di aver azzerato ogni forma di razzismo durante i 90 minuti. Poi, però, è arrivato il 26 dicembre. Inter-Napoli. Con i ripetuti buu razzisti nei confronti di Koulibaly. Le due richieste di sospensione inoltrate ai commissari della Lega. Richieste rimaste inascoltate. Forse, è una supposizione, perché il rappresentante per la sicurezza all’interno di San Siro sapeva quel che era successo prima, con gli scontri tra le tifoserie, e ha ritenuto più sicuro far continuare la partita. È finita come sapete. Con l’espulsione di Koulibaly e le polemiche per il comportamento di Mazzoleni e la mancata sospensione della partita. Pochi giorni dopo, la Uefa si è schierata al fianco del Napoli e di Koulibaly e ha condannato la gestione del match, la mancata sospensione prevista dal protocollo Uefa.
La posizione pilatesca della Figc
Di nuovo, adesso, ci sono le parole di ieri di Salvini. Che tra l’altro ha dichiarato di aver concordato con la mancata sospensione di Inter-Napoli. Parole, si badi bene. Nessuna nuova norma. Nessuna legge. Salvini si è schierato contro la sospensione delle partite in caso di cori razzisti. Per lui, più che razzismo è rivalità di quartiere. Ha minimizzato la questione, si è posto sul medesimo livello politico degli ultrà. Ma – è il punto centrale – le leggi restano quelle in vigore sette giorni fa. E che prevedono lo stop alla partita in caso di cori discriminatori. La Figc ha per il momento tenuto una posizione pilatesca. Non si è presentata alla conferenza stampa di ieri. E ha emesso un comunicato in cui è parsa aver preso le distanze da Salvini e ha chiarito di voler accorciare l’iter per la sospensione della partita. Gravina, però, non ha ancora parlato.
È Salvini il disobbediente, non il club azzurro
Il Napoli è la prima e fin qui sola voce ufficiale del mondo del calcio che ha preso le distanze dalle parole del ministro dell’Interno Salvini. Ma non siamo alla disobbedienza. Anzi, siamo al rispetto delle norme. Italiane ed europee. È Salvini che si è posto al di fuori del quadro normativo. Adesso bisognerà vedere che cosa accadrà. Un test di prova lo avremo il 26 gennaio, a San Siro, quando si giocherà Milan-Napoli. Se dovessero ripetersi i cori razzisti e l’arbitro – sentito il delegato per la sicurezza – non dovesse fermare la partita, potremmo assistere a una scena originale nel calcio italiano con i giocatori di una squadra – il Napoli – seduti per protesta contro i cori discriminatori. Come disse Ancelotti: «Non usciremo, ci fermeremo, se poi gli avversari vorranno segnarci, facciano pure». Sarebbe un momento di grande impatto. Il protocollo Uefa e il calcio mondiale sono con il Napoli, con Ancelotti, con Koulibaly. La Figc non è chiaro. Salvini decisamente su altre posizioni. Il Napoli diventerebbe una testimonianza di opposizione politica a Salvini.