Ancelotti ha ereditato il vecchio gruppo. Nella prima parte di stagione, ha trovato una efficace coesistenza. Ora sembra arrivato il tempo delle scelte
La più brutta partita della stagione
C’è un doppio binario per l’analisi di questo momento del Napoli. C’è l’aspetto saittella: finalmente, dopo mesi di sofferenza, ieri sera una buona parte di “tifosi” hanno potuto finalmente sfogare le loro frustrazioni e i loro rancori. Ed è giusto così, fa parte del gioco. Ma ce ne occuperemo in altro articolo.
Il focus qui è centrato sul Napoli. E ieri sera il Napoli ha giocato la più brutta partita della stagione. Match in concorrenza con Sampdoria-Napoli alla terza giornata. A nostro avviso è più preoccupante quella di San Siro. Perché arrivata dopo sei mesi pieni di cura Ancelotti. E dieci giorni dopo Napoli-Lazio partita che sembrava l’alba di un nuovo giorno, prestazione convincente senza quattro giocatori importanti (particolare importante) e con un gioco e una personalità che raramente si erano visti in stagione, soprattutto in campionato. E invece la doppia trasferta di Milano ha mostrato una pericolosa regressione.
Senza determinazione e senza baricentro
Ancelotti, ieri sera comprensibilmente nervoso, ha provato a erigere una diga nei confronti del disfattismo: “Non facciamo psicologia e non facciamo catastrofismo, è una partita perduta ed è una partita perduta per due episodi iniziali che hanno condizionato il match”. Sarà anche vero, lo è, ma nulla avviene a caso. La squadra è sembrata priva di concentrazione e determinazione. E di baricentro. Non aveva basi solide. Evitiamo di infierire sull’errore di Maksimovic sul primo gol. La considerazione è che anche senza quello svarione, poco sarebbe cambiato. Davanti – diciamo dalla cintola in su – è parsa una squadra senza cattiveria. Oltre che appannata. Senza idee. Senza brillantezza.
Il Milan ha morso il Napoli alle caviglie. Si è difeso bene nel secondo tempo. In maniera novecentesca, scrive la Gazzetta che evidentemente gradisce il gioco millennials che ieri ha provocato la sconfitta del Manchester City in casa del Newcastle con una palla persa in modo sciagurato in area di rigore. Tornando al Napoli, oltre a due calci d’angolo pericolosi e ben calciati da Ghoulam e al sinistro di Ounas, i secondi 45 minuti del Napoli non hanno prodotto nulla. Ed è quasi l’aspetto più preoccupante. Il Napoli era evidentemente in ansia. All’andata, in campionato, sotto di due gol, favoriti anche dal primo gol di Zielinski – va detto – gli azzurri non avevano perso la speranza di ribaltare il match.
Le due preoccupazioni
Sono due a nostro avviso le principali preoccupazioni. La prima è che il Napoli sembra ancora alla ricerca di un proprio assetto, del proprio centro di gravità. Che sembrava aver trovato contro la Lazio, quando è sceso in campo il Napoli proiettato al futuro. Ieri sera è rimasto fuori Callejon. Dopo la partita senza incontristi, è andata in campo una mediana più che robusta, con Allan e Diawara al centro e Zielinski e Fabian ai lati. E il confronto con la partita di sabato è impietoso. Decisamente meglio il Napoli a trazione anteriore. Qui va concesso credito ad Ancelotti che insiste sul concetto di partita andata male.
La seconda è la lentezza e la prevedibilità dell’attacco. Con Lorenzo Insigne che ormai è un caso. C’è poco da dire. La sua involuzione è evidente. E non solo perché non segna dal 6 novembre, ormai quasi tre mesi. Ha ripreso a calciare in modo irritante. In maniera debole. Come se fosse vietato tirare una mazzata. E poi non salta mai l’uomo. Non avvia un uno-due. Non inventa. Zero. È lui l’immagine del malessere di questo Napoli. Senza di lui, contro la Lazio, il Napoli ha giocato un primo tempo scntillante.
La coesistenza tra vecchio e nuovo
Dopo Genova, dopo il 3-0 subito dalla Sampdoria, Ancelotti cambiò il Napoli. Passò al 4-4-2. Si inventò Insigne seconda punta. Restituì equilibrio alla squadra che nelle prime tre partite di campionato aveva subito sei gol. Adesso, probabilmente, dopo sei mesi di governo, l’allenatore più che cambiare sistema di gioco dovrà mostrare le sue scelte. Quest’anno, il Napoli ha scelto di conservare quasi tutta la rosa degli scorsi anni. Una rosa che ha fatto il suo, che ha dato molto. Ma che, fisiologicamente, ha esaurito il proprio ciclo. Quest’anno, che potremmo definire di passaggio – di passaggio con ambizioni -, serve a comprendere su chi puntare e chi invece ringraziare e salutare.
Nella prima parte della stagione, la coesistenza tra vecchio e nuovo ha offerto risultati importanti. Il Napoli ha giocato una signora Champions, ha battuto il Liverpool e messo alle corde il Psg. Checché ne dicano i nostalgici, sta disputando un ottimo campionato tant’è vero che la squadra è praticamente sicura dell’ingresso in Champions con quattro mesi d’anticipo (ha 14 punti di vantaggio sulla Roma quinta in classifica). Ha l’Europa League. Il primo vero passo falso è stato ieri sera, in Coppa Italia.
Ora, questa coesistenza sembra non reggere più. Contro la Lazio – ripetiamo: la partita più bella del campionato – mancavano quattro giocatori chiave. Adesso sta ad Ancelotti mostrare se Milan-Napoli sia stata una partita sbagliata. O se gli equilibri del Napoli della prima parte di stagione si siano definitivamente alterati, e quindi bisogna giocoforza cercarne altri. Proiettati al futuro.