È al Napoli da sette anni, nessun italiano è come lui. È tutto quello che i napoletani che amano distruggere i propri figli, superficialmente non gli riconoscono
Non ci sono italiani al suo livello
Lorenzo Insigne è il profeta che in patria la spiega, nonostante la masochistica affezione del napoletano medio alla distruzione dei propri figli. Lorenzo ha preso il pallone e gli ha chiesto di portarlo avanti, e lì dove l’altezza lo limita, gli occhi lo lanciano a dispetto di ogni dubbio sulla purezza del suo talento. Magnifico nel suo stile, italiani al suo livello non esistono, delizioso nelle idee, geometra nei tocchi, generoso nei ripiegamenti. Lorenzo è tutto quello che gli altri superficialmente non gli riconoscono. Sempre al centro di discussioni, di punzecchiature di filosofiche spiegazioni di dotti calcistici che non gli risparmiano nulla.
È un patrimonio da difendere
E invece è un patrimonio umano da difendere, un simbolo sociale da proteggere e lasciare libero, come si fa con i geni che dal nulla ti creano un capolavoro. Forgiato da Zeman, da quei gradoni e quelle estenuanti ripetizioni atletiche, un crociato ricostruito, e una parabola in ascesa da raccontare ai bambini. A Madrid sbeffeggiò Navas con una insolente cazzimma che fece crollare le certezze dei fenomeni madrileni, e il mondo riconobbe all’Italia un fuoriclasse. Largo a sinistra, dietro una punta, libero di svariare sulla tre-quarti, Lorenzo non si scompone, sa sempre in quale tasca cercare e cacciare l’idea giusta.
Da sette anni al Napoli
Da sette anni al Napoli, un’eternità sulla giostra temporale calcistica. Da sette anni a prendersi insulti e a sentirli il doppio su ogni campo nazionale; da sette anni sempre dalla stessa parte, senza mai il dubbio di voler cambiare aria. Lorenzo è nostro e va aiutato, è il manifesto della rivoluzione pallonara napoletana contro il sistema mediatico monocorde. Lui è quel violino che comincia a suonare mentre passeggi per negozi, tra la confusione e la ansia metropolitana, e non si può fare a meno di fermarsi e lasciarsi rapire, per tutto il tempo in cui le dita lambiscono le corde. Nessuno tocchi Lorenzo Insigne, lasciatelo suonare.