Passata la sbornia per l’eliminazione della Juve dalla Champions’, posiamo i triccheballacche e ci dedichiamo alle cose serie. Abbiamo un problema. Stasera si gioca Napoli-Arsenal, ma è Giovedì Santo.
La partita è alle nove, direte, e c’è tutto il tempo di dedicarsi al classico struscio per le vie della città. Vero, verissimo, il problema di cui parlo, però, è la zuppa di cozze. La tradizionale zuppa di cozze è un rito da custodire ed alimentare e non può essere trascurato. La zuppa del Giovedì Santo ha bisogno dei suoi tempi, dei suoi riti, di amore e dedizione. Non è che può dividere le attenzioni con qualche altro evento di qualsivoglia natura. Ma pure la partita non è una partita qualunque e ha, attualmente, le stesse necessità della zuppa di cozze.
Il dilemma è di difficile soluzione.
È quasi come chiedere se si vuole più bene a mamma o a papà. Porre la questione è pedagogicamente errato ma, purtroppo, stasera, il problema ci sarà e sarà anche serio. Come fare per salvare la tradizione e sostenere contemporaneamente i nostri undici beniamini azzurri? Probabilmente questa è stata una delle domande che si sono posti i tifosi quando bisognava decidere se acquistare il tagliando che consente l’accesso alla partita più importante del momento. E, sempre probabilmente, potrebbe essere stato il motivo che ha fatto desistere molti dall’acquistare quel biglietto lasciando la prevendita a livelli sensibilmente inferiori a quelli sperati.
Il dilemma è tale che, se fosse possibile, andrebbe chiesto il rinvio della partita per giusta causa. Se fossi il presidente proverei ad andare alla UEFA a dire che noi napoletani “pretendiamo” di mangiare la zuppa di cozze privi di distrazioni che non ce la farebbero apprezzare quanto merita. Ma, tant’è, io non sono il presidente e lui, che peraltro è romano, non avrà minimamente pensato a venire incontro a noi tifosi dandoci una mano a dipanare la questione.
Insomma, bisogna scegliere. Zuppa di cozze o partita? E non mi dite zuppa di cozze durante la partita che per provare a fare tutto facciamo tutto male. Ho sentito di gente che si prepara a vedere la partita in qualche ristorante, di persone che riuniranno amici a casa, ho perfino sentito dire che qualcuno vorrebbe portarsela allo stadio – che poi, dico io, come te la porti allo stadio? Che fai? Metti le cozze su uno spiedino e speri di passare i controlli di sicurezza? Ebbene a costoro io dico: “badate bene, che la partita non va contaminata cambiando le proprie abitudini, ogni variazione, per quanto minima, potrebbe influenzare le congiunture astrali e rivelarsi un amuleto al contrario di cui potremmo pentirci per tutta la vita”.
L’esortazione rivolta a queste persone è dunque quella di seguire l’esempio di mio zio Nino che durante il pranzo della festa della mamma del 1987 si rivolse alla suocera – mia nonna – dicendole: “Aggiu pacienza Mari’, fance senti’ ‘sta radiolina. ‘A festa d’a mamma vene tutte l’anne, ‘o scudetto ‘o vincimmo ‘na vota sola”. Il consiglio di chi scrive è dunque quello, sebbene doloroso, di lasciare la zuppa di cozze in tribuna insieme ad Albiol per dedicarsi anima e corpo a sostenere la squadra. E fatelo senza rammarico: la zuppa di cozze sarà per noi quello che la Champoins’ è ogni anno per la Juventus.
Ce la facciamo l’anno prossimo.