Tornare in città con amici stranieri che restano colpiti da tutti questi palloni color carota. I barconi vanno accolti per assicurare ai piccoli un Super Santos
Più di un decennio lontano dall’Italia sa donare qualche importante privilegio. Uno è quello di tornare a Napoli, di rado e da straniero, con amici stranieri. Vederla fiorire di una bellezza a tratti lussureggiante, quasi violenta, in un finesettimana primaverile, provando a vestire gli occhi esotici dei forestieri.
Splende Posillipo, è radiosa Trentaremi, Nisida trafigge il cuore da lontano, ma tutti noi ci fermiamo di fronte alla primavera di palloni arancioni che rimbalzano su marciapiedi e giardini, volteggiano tra i gradini delle scale, passano di piede in piede e di mano in mano. Napoli è un florilegio di Super Santos. Gli amici stranieri mi chiedono cosa siano queste infiorescenze color carota sparse ovunque e mi ritrovo nel difficile compito di spiegare cosa rappresentino quei satelliti di vita scagliati nel cielo cittadino.
Il Super Santos è ovunque, è la felicità e la necessità di concederla a tutti, con quel senso di umana pietas che di solito spetta alle città che vivono sul mare – perché in questi luoghi la felicità, proprio come il mare, si concede a ciascuno, “Pè chi fa bene e chi fà male”. Gli amici stranieri ne apprezzano le doti tecniche, notano con ammirazione quanto esso si confaccia ad ogni attività all’aperto, quasi fosse il risultato di un decennale raffinamento delle sue doti elastico-meccaniche. Costava mille lire o giù di lì, qualche secolo fa, ora chissà cosa costa, dico. Forse non costa nulla, se un ragazzo a fianco a noi ne trova uno incastrato in una siepe inerpicata su una collina a strapiombo sul mare e fa per scavalcare la ringhiera e andarlo a raccogliere. “Vuoi morire?” gli fa un compagno, e lui ribatte: “Pè ‘nu Super Santos se po’ mmurì”.
È Napoli a dettare le regole dell’uomo, in una nazione in cui, in questi giorni, quelli che siedono a discutere di legge sulla castrazione chimica sono gli stessi che condannano ferocemente l’ISIS. A Napoli il diritto alla felicità coincide col diritto a poter giocare con un Super Santos. Non serve possederlo, non serve sapere chi porta il pallone. Serve questo paesaggio divino e la pretesa, giusta, di avere qualcuno che ne porti uno, comprato o trovato su di un dirupo con un po’ di coraggio. Agli stranieri Napoli dice che non esiste infanzia senza pallone arancione e che la lotta che ciascuno deve impegnarsi a fare è quella di assicurarsi che ogni ragazzino ne abbia uno, in un giorno splendente come questo.
Il pallone color carota, che un giorno riposava nella retina del mio tabaccaio, non ha cambiato faccia. Come la felicità. Oggi ci basta sapere che né per motivi economici né per ragioni politico-demografiche dobbiamo accogliere quei barconi. Quei piccoli dobbiamo salvarli solo per assicurare loro un Super Santos. E un prato con la vista sul Vesuvio come questo. La loro bellezza infliggerà una ferita nel cuore di tutti, non andrà mai dimenticata.