Stasera ore 21 la terza replica de “La Tempesta”. Non solo il grande Bardo con la sua opera più mediterranea: dal 27 al 29 giugno sarà la volta di Edipo a Colono
Un inizio col botto quello della terza rassegna di drammaturgia antica “Pompeii Theatrum Mundi” che è iniziato ieri al Teatro Grande nel Parco Archeologico di Pompei. In una bella serata estiva è andata in scena “La tempesta” di William Shakespeare nell’adattamento e regia di un ottimo Luca De Fusco. La vicenda di potere di Prospero (Eros Pagni) che con lo spirito dell’aria, Ariel (la grande Anna Aprea, che interpreta anche il turpe Calibano), si snoda tenendo assieme l’amore tra Ferdinando e Miranda e le tresche di Antonio e Sebastiano, Stefano, Trinculo e Calibano.
Un addio alle scene quello di Shakespeare che nella sua opera totale unisce anche il perdono come potere misterioso che azzera i conflitti, e la magia del teatro che richiede al pubblico quella misericordia che indulge alla presenza della poesia. Bella la trovata di Ferdinando che irrompe in scena con una racchetta da tennis di legno ed il dialogo in vernacolo partenopeo tra Stefano e Trinculo. Divertente anche l’espediente dell’irruzione di una Giunone-Marilyn dal pubblico.
Stasera ore 21 la terza replica de “La Tempesta”. Non solo il grande Bardo con la sua opera più mediterranea: dal 27 al 29 giugno sarà la volta di Edipo a Colono – prodotto dal Teatro Stabile di Napoli e dal Teatro Nazionale – la riscrittura libera che ne fa Ruggero Cappuccio nella regia del lituano Rimas Tuminas.
L’ultima fase della vita di Edipo Padre fra ostracismi e giochi di potere. Ancora un bell’esperimento quello del 4-6 luglio con il Satyricon liberamente ispirato a Petronio nella riscrittura di Francesco Piccolo e nella regia di Andrea De Rosa. Tema della riscrittura di Piccolo è la mancanza odierna, in questo tempo di decadenza, di un linguaggio comune che sia condizione per pensare. Gran finale dall’11 al 13 luglio con lo spettacolo di danza “Il paradiso perduto. Leela” nella nuova coreografia dell’israeliano Noa Wertheim nell’interpretazione della Vertigo Dance Company. “Una riflessione filosofica dell’universo che si occupa dello spazio come parco giochi cosmico e della contemplazione del mondo (Michael Fischer)”.