Ruggero Cappuccio ha riscritto quasi completamente la tragedia di Sofocle mantenendo fermo il tema della perduranza del dolore
Secondo appuntamento quello con “Edipo a Colono” per il “Pompeii Theatrum Mundi” ieri al Teatro Grande di Pompei (si replica stasera 28 e sabato 29 giugno sempre alle 21).
Ruggero Cappuccio ha riscritto quasi completamente la tragedia di Sofocle mantenendo fermo il tema della perduranza del dolore e trasformandone i versi attici in un pastiche siculo con riverberi partenopei nei ‘compari’ del coro di Colono. Edipo è oramai vecchio e cieco e viaggia con Antigone (Marina Sorrenti) la figlia-sorella ed approda quindi a Colono (sobborgo di Atene).
Egli è il farmacos e la popolazione residente non vuole dargli ricetto: ma mendico e supplicante riesce ad ottenere un colloquio con il principe Teseo. Voscenza gli dà un posto nel mondo per i suoi ultimi giorni che ancora una volta gli oracoli ed il destino avevano precedentemente predisposto.
Claudio Di Palma (Edipo) ha la parte principale e dall’ultima volta che lo avevamo visto è cresciuto artisticamente e si trova bene nella parte spiritata “dell’uomo che cerca”. La tragedia va avanti in un parossismo sempre più bruciante mentre dopo che Ismene (Rossella Pugliese) si ricongiunge con il padre-fratello per dargli notizia delle sciarre tebane, le due sorelle vengono rapite da Creonte (Fulvio Cauteruccio).
Il finale, dopo la supplica del figlio-fratello Polinice (il bravo Giulio Cancelli) è di morte e di liberazione. Il regista lituano Rimas Tuminas passa la prova con uno spettacolo dove il potere è al centro dell’azione, e gli adattamenti alla De Fusco con canzoni napoeltane ed inglesi sono il tocco modernista che fa anche riposare lo spetattore dalla tragicità del testo.
Un cenno va fatto per le scene di Adomas Jacovskis e per le belle coreografie di Andzelica Cholina. Alla fine applausi a scena aperta e dedica finale al regista lituano Eimuntas Nekrošius recentemente scomparso. Nei vialetti del ritorno all’entrata di Piazza Esedra qualche spettatore esprime il suo dissenso sulla trama e la formula: ma è attempato. Le tragedie per sopravvivere devono trovare nuove formule.