Il calcio non è più un gioco ma è diventato un affare di grandissime proporzioni e può più dipendere dai limiti, dalle (in)decisioni e dalla fallibilità di un uomo
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È proprio così non si può ormai più dipendere dai limiti, dalle (in)decisioni e dalla fallibilità di un uomo. Almeno due sono le ragioni che fanno propendere per la soluzione arbitro-computer: la prima è rappresentata dalla trasformazione del calcio, ormai ritenuto da tutti un grosso business, mentre l’altra ragione coinvolge la passione, il tifo e quindi il legame dei tifosi col territorio. Il calcio non è più un gioco ma è diventato un affare di grandissime proporzioni.
Le società calcistiche europee sono delle imprese che fatturano cifre elevatissime. I ricavi, in ragione dei piazzamenti sportivi, fanno registrare consistenti rialzi degli introiti televisivi, dei proventi commerciali degli sponsor, del matchday degli incassi al botteghino ecc..
Il calcio come riscatto sociale
C’è, poi, la passione quella vera. Il tifo è una miscela di particolari percezioni e di forti sentimenti che determinano stati d’animo talvolta esasperati. Molti lo considerano identitario e, perciò, non legato esclusivamente ai risultati : città e squadra sono una sola cosa. Non tenere per la “tua” squadra significa rigettare, in un colpo solo, storia, memoria e tradizione. Significa disconoscere un intero territorio, addirittura rinnegare il posto dove sei nato, dove vivi, dove le tue radici sono salde e profonde.
È certamente una forzatura spropositata ma il calcio, per la sua crescente popolarità, viene considerato da tanti anche uno strumento di riscatto sociale. È fuori dubbio che questi due fattori sono di un’importanza fondamentale per cui l’arbitro, è un uomo determinante, a volte decisivo, puntualmente al centro di polemiche accese . Il direttore di gara fa discutere tanto perché difficilmente assicura un’uniformità nelle valutazioni. Una stessa spinta può determinare un calcio di rigore oppure no.
Le preferenze dell’arbitro
Ma allora l’arbitro può avere preferenze per questa o quella squadra di calcio? Sono convinto di sì. Ne è convinta la stessa Associazione Arbitrale che, norme alla mano, sancisce che un direttore di gara non può arbitrare la squadra o le squadre della sua città o provincia e quelle dove lavora. Perché ? La risposta è una sola: c’è la possibilità che tifi per una di quelle squadre. Riuscite ad individuare motivazioni diverse ? Qualche anno fa in un incontro tra Juventus e Sampdoria, il Direttore Generale bianconero dichiarò che il designatore arbitrale aveva commesso un grave errore nel designare per quella gara un arbitro di Torre Annunziata (NA) che poteva avere delle “difficoltà” nei confronti Juventus, squadra in lotta per lo scudetto col Napoli. Aveva perfettamente ragione.
Ma chi ci dice che le stesse “difficoltà” non le potrebbe avere un arbitro siciliano lucano calabrese veneto o campano, nel dirigere Juve Milan Inter, perché “segretamente” tifoso di una di queste squadre? Eppure sono tutti, secondo le norme AIA, abilitati ad arbitrare queste gare e queste squadre. Abitano tutti in città o provincia diversa ma ciò non vieta di “tenere” per una delle citate gloriose compagini. È questa un’eventualità assai probabile considerata la propensione di molti appassionati di calcio a sostenere e ad identificarsi con chi trionfa e vince trofei.
Nel calcio vince sempre il migliore?
La domanda, dunque, sorge spontanea: nel calcio vince sempre il migliore? Per scongiurare fenomeni di corruzione o direzioni troppo “sbilanciate” provocate dal tifo, trovo legittimo e conveniente abolire l’arbitro-uomo rimpiazzandolo immediatamente col computer.
La tecnologia “totale” – con il VAR che non interpreta – ha già eliminato il gol-non gol e gli errori connessi al fuorigioco. Non basta. Secondo me a “fischiare” dev’essere il computer. Perché non far giudicare anche dalla medesima tecnologia “totale”( senza valutazioni dell’uomo) il rigore, l’ammonizione, l’espulsione, il tempo di recupero ecc.. Oltre ad evitare le dichiarazioni di Carlo Freccero che ha detto: “…tutti i Var sono di proprietà della Juve…”non si eviterebbero in un sol colpo sospetti e diffidenze? Non si archivierebbero, finalmente, delusione e sfiducia restituendo così credibilità ad uno sport (?) ormai interamente avvelenato da continue polemiche? Non avremmo la certezza matematica di un’uniformità di trattamento e che a vincere sarebbe sempre il migliore? Cui prodest? È questo l’arzigogolo