Se c’era un solo modo per accorciare le distanze con i bianconeri, questo era l’ingaggio dell’ex bancario”. La nostalgia, caro Sarrista, è un sentimento privato
Il gas e l’acqua aperti
“Festeggiamo, ma non ci dimentichiamo l’acqua e il gas aperti”. Mi piace poter pensare che, citando l’immenso Massimo Troisi, che ci siano poche cose ormai da dire a Massimiliano Gallo che mi ha chiesto un pensiero sulla vicenda Sarri, ribadendomi “tu devi esprimerti perché sei stato tra i primi, in epoca non sospetta, a sostenere l’antisarrismo e la pochezza manageriale di colui che hai definito, con sarcasmo e probabilmente conoscenza psicologica del profilo, l’ex bancario”.
La battuta di Troisi risale al maggio 1987. Il Napoli ha appena vinto lo scudetto e il comico, intervistato da Gianni Minà su un divano fiorato con indosso una camicia bianca sbottonata per metà, finge di non aver ancora appreso la notizia. Si esibisce in una parodia della retorica giornalistica: «L’ hanno già detto “A parte Maradona, non dimentichiamo questo meraviglioso pubblico che è stato un dodicesimo giocatore in campo”? L’ hanno già detto “Bianchi è un allenatore modesto ma capace”?». Così, per non essere scontato, Troisi invita tutti a esultare facendo attenzione a non lasciare acqua e gas aperti.
E allora, caro Max, cosa posso dirti di diverso rispetto a tutte le analisi sociologiche, politiche, antropologiche e addirittura filosofiche che si sono sviluppate sul caso Sarri sul “nostro” illuminato giornale, tra l’altro ormai assurto a manifesto dell’antisarrismo?
Accorciare le distanze
Ti dico una ovvietà sportiva, calcistica in particolare, forse l’unico aspetto finora non trattato per un semplice allenatore di calcio: “meno male che Sarri è andato alla Juve perché se c’era un solo modo per accorciare le distanze con i bianconeri, questo era l’ingaggio dell’ex bancario”.
È vero, finalmente ha vinto qualcosa, una Europa League che avrebbe probabilmente vinto anche Eziolino Capuano. Con quella squadra però ha perso altre due finali in un anno e ha distrutto uno spogliatoio. Ma non voglio ritornare su argomenti già più volte trattati sul Napolista.
Oggi mi piace dire che sono felice come tifoso napoletano, sportivamente e calcisticamente. Perché ho memoria e sono convinto che l’ex bancario distruggerà il patrimonio di forza collettiva e cattiveria agonistica (“l’unica cosa che conta è vincere”) della società bianconera. E, sempre ribadendo l’importanza della memoria, senza essere assolutamente nostalgico di un uomo che a noi non ha fatto vincere assolutamente nulla e che tendenzialmente distrugge. Provate a chiedere in giro ai calciatori e ai collaboratori che hanno lavorato con lui. E’ un pessimo gestore di risorse umane, tendenzialmente orientato a massimizzare i risultati nel breve periodo. Perché dopo un paio di anni scassa, distrugge, rompe.
La memoria è fondamentale, ma non come celebrazione del rimpianto né come custodia dei ricordi più luminosi, bensì perché ci ammonisce a coltivare lo spirito critico. Quindi, innanzitutto, a comprendere senza subalternità i segni del tempo. Del tempo di oggi.
È la mancanza di sguardo sul futuro che rende perdenti e lascia campo a letture semplificate e strumentali.
La nostalgia, caro Sarrista, è un sentimento privato; conviene tenerla al riparo dalle intemperie del dibattito pubblico, o da incursioni di estranei.
Ciò che serve è l’impegno di ciascuno di noi per costruire – come pure tu affermi – “un pensiero critico”.
Vi si può contribuire da fuori o da dentro il Napolista; questo, tutto sommato, è meno importante. Lo dice chi appartiene ad una generazione che ha vissuto molte volte l’illusione, o quanto meno la tentazione, della palingenesi calcistica di un nuovo inizio. Quasi sempre svanita.
Oggi non è più così, il Napoli di ADL non aveva più bisogno di Sarri.
Più importante è esserci comunque; evitare che la disillusione o la nostalgia diventino alibi.