Oggi la demolizione, nel giorno del compleanno di Henry Diaz, vittima del crollo. A Repubblica Genova parlano i suoi familiari: “Speriamo che dopo il processo l’Italia sarà un Paese diverso”

E’ il giorno della demolizione, per ciò che resta del Ponte Morandi. Il 14 agosto scorso, quasi un anno fa, un pezzo del viadotto crollava provocando 43 morti. Oggi l’abbattimento dei due piloni che restano in piedi, con cariche di dinamite.
Su Repubblica Genova le voci di Emmanuel Diaz e Nora Elena Henao, fratello e madre di Henry, una delle vittime di quel tragico giorno. Il destino ha voluto che la demolizione, spostata per mesi da una data all’altra, sia poi capitata proprio nel giorno in cui Henry avrebbe compiuto 31 anni. Oggi. Una cosa che loro definiscono “un segno”.
Emmanuel e Nora non hanno perso un solo istante del processo in corso. Hanno scoperto che quella tragedia si sarebbe potuta evitare e anche che l’auto in cui viaggiava Henry è stata l’ultima a cadere nel vuoto lasciato dal crollo.
“Le immagini di quella giornata sono agli atti del processo e si vede chiaramente la Opel gialla guidata da Henry superare il famoso camion della Basko, che è riuscito a frenare in tempo. Bastavano pochi istanti, perché la tragedia non si compisse. Invece oggi io e mia madre siamo qua a piangere Henry. Mille volte ci siamo chiesti cosa possa essere stato l’ultimo pensiero di Henry, cosa possa aver provato. Non avremo mai una risposta in questa vita, ma ricordare, cercare di capire, avere giustizia sono invece cose che vogliamo ottenere. Quando il ponte crollerà sarà importante perché significa che almeno ci possiamo mettere da parte l’immagine di una tragedia rimasta a metà. Certo che vogliamo esserci, perché esserci nel momento in cui il viadotto sarà fatto detonare con il tritolo sarà come rivivere quegli ultimi istanti di mio fratello”.
Sono entrambi convinti che la giustizia farà il suo corso e che chi è responsabile di quanto accaduto pagherà, ma dicono chiaramente al quotidiano genovese che nessuno, finora, ha chiesto loro scusa per avergli sottratto un familiare.
“Io e mia madre non abbiamo mai avuto le scuse da parte di nessuno. Dalla Società Autostrade e dalla famiglia Benetton è stato un lungo e interminabile voltare la testa da un’altra parte. Ma neppure lo Stato Italiano ha mai chiesto scusa. Credo e spero che dopo questa tragedia e dopo il processo e le condanne che ci saranno, l’Italia potrà essere un Paese diverso. Quello che io, mia madre e mio fratello avevamo scelto per vivere e riprenderci quella vita che nel nostro Paese d’origine, la Colombia, ci era stata strappata”.
La famiglia Diaz si era trasferita a Genova dopo la morte del padre di Henry e Emmanuel, ucciso in un conflitto a fuoco con i narcotrafficanti.