Disegna la storia del fotografo quarantenne Andrea Scotto, spirito ribelle che è costretto dalla sorella Marina ad accudire il padre Libero per alcuni giorni al Vomero

C’è nelle narrazioni in corso un bisogno di tornare indietro per riscoprire nell’infanzia, così come in vecchie casse familiari, i dettagli di caratteri, scelte, improntitudini. Lo fa l’ultima Nadia Terranova, come gli sceneggiatori di Rocketman. Non sfugge a questo bisogno neanche l’ultimo Lorenzo Marone che in “Tutto perfetto (pagg, 298; euro 16.5°; Feltrinelli)” disegna la storia del fotografo quarantenne Andrea Scotto, spirito ribelle che è costretto dalla sorella Marina ad accudire il padre Libero – un ex comandante di navi che ha un cancro allo stato terminale – per alcuni giorni al Vomero.
Gli Scotto sono procidani d’origine ed il burbero Libero convince il sensibile Andrea – nascondendolo alla figlia – a riaccompagnarlo nell’isola natia per salutare al cimitero la madre Delphine, la ragazza belga che il comandante sposò e porto sull’isola nera. In realtà Libero ha già organizzato quei giorni omerici nei più piccoli dettagli. Andrea si trova catapultato nella sua infanzia e nella sua adolescenza: tra le prime foto immaginative, la caccia con i polpi con Ondina (la sua prima sirena), il difficile rapporto con la madre depressa. In tutto questo sente il bisogno di ricostruire i buchi neri del rapporto tra madre e padre, e tra Libero ed il fratello. Scopre le liberalità del Comandante nei confronti della figlia di un amico e ricostruisce tutte le scheggiature delle riggiole delle vecchie case procidane. E rincontra Ondina…
Il finale di questa discesa negli inferi personali lo lasciamo al lettore. Se le narrazioni possono in un dato periodo temporale convergere verso temi comuni – il ritorno alle radici di condizioni che si riverberano ancora nel presente -, non sempre il risultato è similare. Lorenzo Marone ha una grande capacità che manca a tanti suoi colleghi che pure hanno lingue solide e classiche: ha il dono dell’autenticità narrativa. Il lettore lo segue convinto che ciò che scrive, anche se frutto di una fiction ben fatta, posso dargli risposte anche per la sua vita. Eppoi Marone è l’unico narratore odierno che rischia con la merce scaduta della speranza, dandole cittadinanza e funzione. E verosimiglianza nelle nostre vite con il fiato corto. Non è poco.