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Vita di James. L’idolo di Banfield

La terza puntata della biografia del colombiano che Ancelotti vuole portare al Napoli. Le cure ormonali come Messi. Il debutto tra i professionisti a 14 anni e mezzo. Il trasferimento in Argentina. E la conoscenza di Daniela, la sorella di Ospina, sua futura moglie

Vita di James. L’idolo di Banfield

Il viaggio di una stella

Trasferirsi da Ibagué a Medellín era un balzo. Non solo perché i campi di calcio non erano più di sabbia. James cominciò a scoprire il mondo fuori del Tolima. La maggior parte dei ragazzi dell’Envigado veniva dalla costa del Pacifico e aveva alle spalle storie di drammatica povertà. Lui arrivava in maglia verde-arancio con un papà a cui era stato offerto il posto di capo della divisione informatica all’università locale e con una madre alla quale veniva affidata la gestione di un ristorante.  I Rodríguez erano tutti uniti in questa nuova avventura: l’ingegner Juan Carlos Restrepo, mamma Pilar, la sorellina Juana Valentina e il cane Simón.

La sua peggior partita

Vivevano in un appartamento al secondo piano, racconta Padilla nel libro “James, su vida” e per Pilar l’inizio non fu tutto semplice. Il collie di casa, durante una passeggiata, sparì. Lettere, fotografie, ricerche. Inutile. Un trauma. Una sorta di lutto. Un beagle prese il posto suo. Lo chiamarono Beethoven. Un secondo trauma per James fu adattarsi alla scuola, il liceo Molina dell’arcidiocesi regionale. I preti erano soliti accogliere fra i loro studenti i ragazzi della squadra di calcio, ma senza troppo entusiasmo: avevano fama di indisciplina. James andava a scuola perché doveva. Aveva un gran memoria, confidava su quella. In fretta i compagni organizzarono un torneo scolastico di calcio per sfruttare il talento di James.  Uno dei ragazzi, a 13 anni, era già maestro internazionale di scacchi. Il primo anno si chiuse con una mortificazione. L’Envigado di James arrivò fino alla finale della Liga Antioqueña e la perse contro l’Envigado B, la squadra delle riserve. Raccontano che James ancora oggi non ami ricordare quel giorno: nella sua memoria rimane la peggior partita che gli sia capitato di giocare.

La cura ormonale alla Messi

Ma la costruzione del fenomeno James era cominciata. Il nutrizionista Luis Emilio Lara fu incaricato di stimolarne la crescita con un trattamento ormonale simile a quello che in Barcellona avevano utilizzato per Leo Messi. A 10 anni e mezzo James pesava 33 chili ed era 1,37 d’altezza. Fra i 13 e i 18 anni sarebbe arrivato a 1,80. La cura con l’endocrinologo fu pagata dal club. Gli misero accanto un fisioterapista e uno psicologo. James aggiunse la potenza alla tecnica naturale. Cominciarono ad allenarlo sui campetti nel due contro sei. Un trattamento parallelo era destinato al suo amico Quintero. Sulle tribune dello stadio Pilar e Juan Carlos venivano presi in giro per la loro ossessione. Pilar fu tentata di mollare tutto e tornare a Ibagué.

A spazzare via i tormenti arrivò il debutto di James tra i professionisti. A 14 anni e mezzo. Era il 21 maggio del 2006. L’Envigado affrontava il Cúcuta Deportivo nel Torneo Finalización. Entrò con la maglia numero 15 e la prima giocata fu un tunnel, la seconda un attimo dopo fu un fallo subito. Persero 2-1 ma il suo esordio così precoce fu la notizia del giorno. Restrepo cominciò a far pressioni sul club affinché facessero giocare più spesso James con i più grandi. Fu accontentato e venne aggregato alla squadra dei diciassettenni per un’amichevole contro la Nazionale colombiana under 20 che si preparava per i Mondiali. La squadra di Ospina, Zúñiga, Falcao. James giocò così bene che nel secondo tempo il ct Eduardo Lara lo chiamò da quest’altra parte e gli diede una maglia della nazionale. Tutte le gioie di quel periodo – si era anche fidanzato con Monica – furono cancellate dalla delusione gigantesca della retrocessione in serie B della prima squadra dopo 15 anni. Alla fine fu una piccola fortuna. In serie B James divenne un protagonista del campionato immediatamente vinto.

Niente alcol

La sera della festa per la promozione, tutti bevevano tranne James. I compagni cantavano: “Que se tome una, que se tome una”. James pensò a suo padre Wilson, alla debolezza in cui era caduto, e non toccò la bottiglia. La Nazionale Under 17 lo convocò per i Giochi panamericani. Fu l’occasione in cui conobbe Daniela Ospina, 15 anni, sorella del portiere David. Tre anni dopo si sarebbero sposati.

L’Envigado fece capire all’ingegnere Restrepo che il ritorno in serie A avrebbe ristretto gli spazi per il ragazzino. Juan Carlos e Pilar sentirono che si era chiuso un ciclo. Per avere il permesso al trasferimento, cedettero al club un altro 15% del cartellino del giocatore. Juan Carlos cominciò a mettere in moto i suoi contatti internazionali, mandando in giro per il mondo foto, DVD, statistiche, cifre, dati medici. Era un sedicenne con un’esperienza decisamente avanzata. Dall’Argentina si fecero avanti Boca, Lanús e Banfield. Scelsero quest’ultima. Firmarono il contratto da professionista in un ristorante di Medellín, accordo per 440mila dollari.

Il tesoro di Banfield

Ancora oggi a Banfield James è un eroe locale al pari dello scrittore Julio Cortázar. Un moral lo ricorda accanto alla ferrovia, una targa sul muro della casa dove abitava. Perché nel 2009 il suo Banfield avrebbe vinto il primo titolo della storia dopo 113 anni di attesa. I tifosi del Banfield hanno riempito una cassa di documenti, sciarpe, bandiere, lettere e l’hanno sotterrata. Verrà recuperata e aperta nel 2060 affinché le prossime generazioni possano ricordare il grande orgoglio di quella vittoria. Questa è la grande emozione che James visse a 16 anni e mezzo, alla quale seguirono i primi gol in Coppa Libertadores. Ma i primi giorni erano stati difficili. Telefonava in Colombia piangendo. Juan Carlos si licenziò e cercò lavoro in Argentina. Il trasferimento della famiglia in Banfield gli restituì una stabilità emotiva.

La vita con Daniela

I tormenti finirono quando il Banfield chiamà in panchina Jorge Burruchaga, l’uomo del 3-2 alla Germania nella finale dei Mondiali 1986. Passò al campo, vide le riserve che si allenavano e decise che James doveva allenarsi con la prima squadra. Il portiere Christian Lucchetti gli rapò la testa. Diventò lo straniero più giovane della storia a debuttare nel campionato argentino. La sua fortuna non cambiò nemmeno quando in panchina al posto di Burruchaga venne chiamato Julio César Falcioni. James era felice. Daniela volava da lui appena possibile. Mamma Pilar l’aveva come adottata. Mamma Ospina era spesso lontana, di frequente in Francia, a Nizza, per stare con David. Così Daniela viveva in casa di James in Argentina. Situazione che a Juan Carlos non piaceva, ma i risultati del campo erano così buoni che alla fine dovette accettarlo. Quando Daniela venne convocata nelle nazionali giovanili di pallavolo, l’ingegnere le regalò un telefonino.

 

(fine terza parte – continua)

 

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