Essere azionisti non significa essere ricchi, significa far parte di un alveare che agisce con una volontà sola, i singoli, anche ricchi, contano poco
Al momento non abbiamo letto il testo del Decreto Crescita, dove si parla di azionariato popolare nella proprietà dei club di calcio. Parliamo (scriviamo) sulla notizia ed è alto il rischio di dire cose inesatte o generiche. Il titolo però è eccitante per noi napoletani, da sempre dilaniati fra le ragioni del cuore e le pratiche del Pappone (la stessa cosa che accade ai romanisti e a tanti altri).
In questo calcio popolato di rivoltosi contro le proprietà, di capitani di ventura che vengono da oriente e occidente a comprarsi la serie A per due soldi, di un campionato che diventa colonia, si apre uno spiraglio. I soldi possiamo metterceli noi e diventare padroncini di un pezzo di squadra, avere diritto di parola e di voto nei consigli di amministrazione. Non era sbagliato il concetto del tifoso commercialista, che doveva valutare il club per quello che guadagnava (o non perdeva) oltre che per i risultati. Quel concetto era solo incompleto, il passo avanti che il momento ci chiede – a noi che tifiamo – è di mettere mano al portafoglio.
Essere azionisti non significa essere ricchi, significa far parte di un alveare che agisce con una volontà sola, i singoli, anche ricchi, contano poco. Il gioco è aperto a tutti se la logica è quella dell’alveare, puoi metterci anche solo cinquento euro, quanto si spende per tre quattro biglietti di champions. A Napoli, dopo il fallimento, ci fu chi pensò a questa soluzione. Non se ne fece niente, ma molti di coloro che ci pensarono sono oggi fra i più feroci odiatori di ADL. Eccola qua la soluzione alla contrapposizione fra calcio delle bandiere e calcio capitalista. Se amiamo tanto la nostra squadra, mettiamo mano al portafoglio. Che, come la bandiere, sta proprio appoggiato al cuore. Magari diventiamo meno ignoranti, una volta obbligati a ragione su soldi che sono anche nostri e a comprendere le logiche aziendali.
P.s. Il “Pappone” non ci darà mai una quota del Napoli, ma gli alveari sono più temibili degli striscioni. Un domani, chissà