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Carlton Myers: “Il razzismo in Italia esiste ancora, basta pensare a Balotelli”

L’ex cestista al Corriere della Sera: “Quando ci sono cori beceri è giusto sospendere le partite. Lo sport è spettacolo e bisogna esserne degni. Dopo il basket ho trovato Dio”

Carlton Myers: “Il razzismo in Italia esiste ancora, basta pensare a Balotelli”

Sul Corriere della Sera una lunghissima intervista a Carlton Myers, ex cestista della Fortitudo Bologna e della nazionale italiana. Oggi fa il procuratore, anche se dice di non definirsi esattamente così.

Portabandiera ai Giochi del 2000

Nel 2000, alle Olimpiadi, Myers fu scelto come portabandiera dell’Italia.

“Dal punto di vista sportivo c’erano tanti più meritevoli di me. Ma era un periodo particolare e si lanciavano i primi messaggi per un Paese multietnico”.

Il razzismo in Italia

In passato, Carlton ha accusato l’Italia di essere razzista. Oggi pensa che non sia cambiato granché:

Già il fatto che si discuta se sia giusto nominare Balotelli capitano della Nazionale di calcio spiega che non è cambiato nulla: anche per un ragazzo di colore dovrebbe essere la normalità ambire a quel ruolo”.

Lui stesso è stato oggetto di cori razzisti ed è fermamente convinto sia giusto sospendere le partite in occasione di tifo becero:

“Accade un fattaccio? Si ferma tutto e si va a casa: lo sport è spettacolo e bisogna esserne degni“.

“Chi arriva deve integrarsi”

Interviene anche sulla questione migranti. Ammette di condividere la richiesta di Salvini circa il rispetto delle regole, ma non il modo in cui il ministro dell’Interno esterna la sua convinzione.

“Ho un doppio approccio alla questione. Chi giunge da noi può portare una ricchezza che ignoriamo. Però d’altro canto sono rigido: se scappi e cerchi tranquillità devi saperti integrare, sennò torni da dove sei venuto. Sono per il rispetto delle regole“.

Nato da padre caraibico emigrato in Inghilterra e da madre italiana, Carlton ritiene che il suo sangue misto sia una ricchezza

“Ho vissuto a Londra fino a otto anni, ho la ricchezza di due culture differenti: mi regala vedute più ampie“.

Dell’Italia dice che “si stava meglio ieri”, oggi ci sono troppe difficoltà sul piano del lavoro “e non c’è meritocrazia”.

La conversione

Uno dei momenti più importanti della sua vita, racconta, è stato quello della sua conversione a Cristo:

“Nel 2000, dopo aver perso la prima partita della finale contro la Benetton, non avevo più fiducia in me stesso. Non volevo giocare a Treviso, studiavo come defilarmi. Nel pieno della disperazione gridai a Dio: “Signore, non so se vorrai che vinca lo scudetto. Se non è nella tua volontà, lo accetto ancora; ma sappi che stavolta non ne esco”. Sono una persona concreta: per me contano i fatti. E i fatti dicono che mi recai a Treviso con uno stato d’animo diverso. Quella è stata la prima esperienza in cui il Signore mi ha ascoltato. Medito ogni mattina, ora studio i Salmi e mi interesso ai passi in cui Dio è un’ancora, un rifugio, una rocca per i momenti particolari della vita“.

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