Adelina era la femmina che badava a Montalbano e un giorno, a causa di una malattia del commissario, ebbero modo di parlare più a lungo

Adelina era la fimmina di casa, chella che abbadava a Montilbano e gli dava adentia, per tutte le situaziona che attinessero alla su ‘bitazioni di Marinella: pulizarla, priparare il mangiari, fari la spisa etcetera. Odiata da Livia – perché in ‘na casa dove ci stà n’ommo sulo fimmina e fimmina non potino stare; nota del ridatturi – Adilina era in rialtà una mamma che aveva da abbadare a du figli che trasivano e nescivano da galira e spisso Montilbano era accurso per parargli il darre. Na matina de cheste il commissario dovitte stare in malattia causasi un brutto raffriddori che pareva volisse virare a pulmunite ed ebbe modi di parlari chiu pianamente con la su tata.
Adelina: “Commissario come se sente? Se lo prese chillo decotto di lauro che ci appriparai per calmare nu poco l’infeziona della gola e dei bronchia?”.
Montalbano: “Sisi, Adilina, lo vippi. Mi ricordo che lo faciva pure mi padre quando da picciotto avivo il raffridori; sono stato simpre cagionevoli ai bronchi pirchì da bambino bitavamo in campagna e non havivo possibilitate di ‘ndari alla marina”:
A: “Bine, vidisse che in un paro de jurnate li passa todo”.
M: “Adilì, tuo figlio Pasquale che cumbina?”.
A: “Chi deve cumbinare mischino: niscì dallo carceri una mesata fa e sta cercando n’impiego per tirari annanza. Ma a coloro che teneno a cundotta macchiata non se li pigliano sempri. Speramo la mano santa della Madonna delle Grazie che ci dave audientia”.
M: “La Madunna è ‘mportante, ma se isso non cagna cundotta, Issa non pote fari ninta”.
A: Veru è dutturi”.
M: “Ah proposito, mentri durmivo Livia tilifonò?”.
A: “La signurina ginovisa chiammai na volta, ma quando idda sentete la mi voce parse ‘mparpagliarisi picca”.
M: “In che senso s’imparpagliò?”.
A: “Come già dissi, mi chiesi ragioni del fatto che io stessi ancora a travagliare a quell’orata stramma in casa di Vossia”.
M: “E tu che gli risponessi?”.
A: “Gli dissi che stavo lì per abbadare alla vostra salus, pirchia n’omo non poti stare da sulo quanno è malato e che abbisogna di cure”.
Montalbano iniziò una lenta ma costante sequela di santioni mentali e si ripropose di telifonari chiu tarda alla zita per spiegarle il busillis.
M: “Adilina, ma dimmi la virit,à ma perché tu e Livia non vi pigliate?”.
A: “Chesta è na cosa che deve spiare alla su zita, eccellenza. Io songo una fimmina che si è sempre fatta i su fatta. E’ ché la su picciotta ligura non mi poti vidiri perché io vi appriparo un sacco de cannarizie: idda è femmina professionale e non sape cucinare”:
M: “Va bé, Adlina, devi accapire la siatuaziona: io e la signurina Livia siamo una coppia aperta e facimo le nostre vite picca distaccate per la luntananzia”.
A: “M io nella vestra apirtura non voglio trasire: lei mi spiò perché la signurina Livìa non se piglia cu mia ed io glielo spigai”.
M: “Va bine Adilina, non stari lì a prioccuparti: cose di fimmine sono. Poi passino”:
A: “Poi io non l’accapisco alla signorina Livia: io abbado a Vossia come ad un matre”.
Alla parola matre Montilbano fui attraversato da una correnta di ciumo di nustalgia e si si fece giarno in viso. Adilina che aviva due figli e che matre era accapì la faglianza di Montalbano e prise il curaggio a du mani.
A: “Eccellenza, lei non mi parlò mai della sua di matre…”.
M: “ Adilina è un cosa di cui non haveo gana di parlari”.
A: “Eccellenza mi scusasse per la cunfidenzia che mi pigliai”.
Montalbano vitte che la fimmina era viramente dispiaciuta e datosi la familiarità che oramà esisteva tra loro fece una cosa che non aviva mai fatto con nisciuno.
M: “L’ho persa quanno era nicareddro e non ne parli volontieri pirchì pe mia arrisulta una faglianza difficilia da pinsari”.
A: “Ma commera idda?”.
M: “Me matre era una fimmina alligra ma sivera, ma mi volli molto bina. In quegli me patre era simpre fora per travagliari e quando vinne a mancare per un mali malitto io rimasi sulo… “.
Era chisto uno dei bagghi de Montilbano che aviva diterminato il suo caratteri chiuso e sensibile allo stisso tempora ed anche il suo rapporto con le fimmine.
A: “Ora accapiscio tante res, cummissario”.
M: “Le res per accapirle bisogna acconoscerle, Adilì”.
A: “Vossia chiù de alteri havi bisogno di na prisenza fimminile viciniora ma spisso è purtato a fuirsene da chesta res pe paura de perdere n’ata vota su madre”.
Montilbano ristò ammaloccuto per quella diagnòsi fattila dalla sua collaboratrici domistica – come si diceva nella lengua taliana; nota del ridatturi – e commo tutte le vote che capiva na cosa pricisamente fice come ‘Chiloco il pirsonaggio della Gricia ‘ntica: si menò a curreri luntano.
M: “Adilì, oggi doppio paga. Io ora chiammo a Livia prima che si imparpaglia novamenti”.
Poi penso tra si ed iddo stisso: “Le fimmine sono una grande ruttura de cabasisi, ma ci dicono chi simo viramenti”.
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