Dopo aver pranzato da Enzo di Marinella, Montalbano stabilì una nuova regola, non solo non si parla mentre si mangia, ma neanche a pranzo terminato
Montilbano era un tipo bastevolementi fituso sulla fatica, qualichi volta rabbiusu cu Livia, ma aviva anche i su pregia. Quando era stasione si faciva una billa natata nel mari di Marinella. E quando aviva timpo da spardare la passiata mari mari fino allo scuglio piatto era un doviri essiri. Un sulo tempus era per Muntalbani sacero: il magnari da Enzo alla Marina de Vigata. Il ristoratori aviva adittato un vecchio bagno de mari di chilli che vinivano costruiti come tolde copirte di vascilli e ci aviva cugnati pochi tavulini dove gli altera avvintori provavino la su billa cuscina de mari. Per Montilbano quel loco era il suo fori interno dove il gusto sovrstava al pinsero, alla riligiosità ed alle ‘ndagina. In quello spatiotemporali non doviva trasiri niscuno che rompesse i classica e questo refugium – che commo nsegnavano gli antica; nota del ridatturi – sirviva a tinere luntano la morti buttana.
Dopo aviri pruvato gli antipasta – che erano già pasta; nota del ridatturi – di Enzo che ammischivano purpeddri frischi, alicelle fritte e capunatine da caponarse, Multibano vinne alla prova del primo – già secundo; nota del ridatturi – che prupuniva delle sarde ‘ndigene con una pasta strangolapetri che invice strangolava li cristiani. Il tutto condito da un vino che era dello stisso culuri del mari. Aviva isagirato? Sì, ma non si ni futtia minima: Montilbano odiava i sinsi di colpa a tavola – come nella vita; nota del ridatturi – e li ritiniva fructa dell’edocazione cattulica. Il piccato a tavola non doviva trasiri.
Farisi un passiata? Non c’ira timpo. Aviva smisso di fumari e quindi ora che lo speculari sul gusto dei dona del mari e della tirra era a tirmina putiva farisi anche tettra loquia con Enzo.
Enzo: (sbarazzando): “Cillenza, video che gradisse”.
Montilbano: “Gradisse multa et abbundanda libagiona”.
E: “Il commissariu sape anche le lingua?”:
M: “Sisì, ma è la tia cucina che mi fici esseri multiglossa”.
E: “E lei la glossa l’havi megliu de Accursio”.
M: “Trovu multa accursia per viniri da tia”.
E: “Voli per digiriri nu finocchietta? Lo fici con i fiori del sentieru deli Fichi d’India alla Scala dei Turchi”.
M: “Sisi, ma voli che ti assitti anche tia cu mia per fabulari tanticchia”.
E; “Onori e piaciri Cillenza”.
Arrivato il digestivu Montilbano ed Enzo ripresero il conversari.
M: “Allura Enzu, come vanno l’affaira?”.
E: “Bine, commissariu: havio i miei clienta fezzionata ed i passanta sono simpre friquenti. Ci sono anche multa straniera”.
M: “Bine, Enzo: oramà voi scheffi siete pirsonaggi dei tolchescioè”.
E: “Qualichi volta videtti anch’io questi contesta allo Scaia, ma mi parve tutto tiatro commissario”.
M: “Allora come ti spiegassi che la ginta vade ad impazzira per este programma?”.
E: “La genti vole videre fictiona, ma la vita ed anche la cuscina, fictiona non suno”.
Multilbano ristò strammato da chista definiziona da sociologa de lungo corsa: sapire che Enzo – che tra parentesi gli somigliava anche; nota del ridatturi – fosse anche un novillo Di Masi lo stepetette.
M: “Ma pirchì pinsi cosa?”.
E: “ ‘O veru prublema de hodie, cillenza, è il tempu. La ginta pinsa che il tempo se poti ‘ncartari. Che in pochi seconda possa nasciri na bona pitanza, che i piccioli scindano abbascio dallo celo come mannu. La vita s’è fatti spettacolu”.
Montilbano era simpre chiù intordonuto: si sentiva come Honderline quanno pinsava a Kante. Vidiri che Enzo il ristoratori si era mautatu in un Mosia odierno gli faciva pinsare che dintra il finocchietta ci fussi anche qualche drugga.
M (ripreposi): “Ma allura tu pinsi che tutto il munno è accussi?”.
E: “Nonsi, commissariu, io pinso che loro per vennerci la qualichi cosa ce vonno fare pariri che il munno è tutto pillicola”.
M: “E nuia come cè putimmo difendercia?”.
E: “Io pinso che l’unico mizzo a nuestra difisa fosse il continuari a viviri nell’hodie”.
M: (sempre più … ) : “Ma Enzu… : ma non è che ura me dici che voli trasiiri in cunventa?”.
E: “Nonsi, dutturi, io vulevo sulo diri – ma è lei che mi posi dumanda; nota mintale di Enzu – alla fictiona bisogna arrispondere con la vita riali. Accapisse?”-
Montilbano ad accapire aviva accapito ma questa deriva speculativa di Enzo principiava a prioccuparlo tanticchia, Non è che poio i suoi antispasta si saribbiro mutati in proleggomina ed i suoi primi piatta in materialisma storica ed i suoi dulcia in esistenzialista. Nonsi, bisugnava truvari n’ato accursio per salvitaliare il suo fori interno mangiatorio.
M: “Ma pui a nuia de i Mastercheffete che ce ne futtia? Io nianche la talio chiù la tilivisiona”.
E: “E bona faciste cummissariu”.
M: “Bine, allura ora mittimo altera rigola: non sulo non si parla interim mangiari, ma nianche doppa per un tempu conseguenti”.
E: “Esto iusso me piaci multa”.
M: “Bine promulgata”.
Muntilbano pagò e dicise che l’offcio almino pi ura putisse annari a farisi futtere.
Passiata mari mari per puliziare il ciriveddro dalla priicolosa filosofia del posteomangiari.