Si aggrappano agli specchi, ora fanno persino i moderati. A differenza del Sarrismo che è stato fenomeno culturale di élites, di una borghesia parassitaria sempre pronta a schierarsi nel fronte di quel sud ribelle di opposizione
Clima persino esagerato
Ogni spazio di Carciato è occupato. Sono tanti i tifosi arrivati a Carciato. Bel clima. Anche esagerato. Poco prima del fischio d’inizio della partita arriva lui, il Presidente. Entra nella fosse dei leoni. Carciato sembra il Colosseo. Adesso ti aspetti i fischi, gli striscioni “Pappone posa i soldi”. E invece? E invece sono gli applausi. Tanti, sinceri. Lui è un istrione. Cammina sulla pista come a una sfilata di moda. Alza il braccio, muove leggermente la mano in segno di saluto.
E non venite a dire che questi tifosi non contano niente, sono fuori mercato, il polso vero del tifo napoletano sono le curve. Che andassero a farsi benedire.
Qualche ora prima altri applausi. Durante l’allenamento mattutino. Esce dal campo Rog. È triste, emozionato. Poi verrà il momento della gioia, dell’entusiamo per la nuova avventura al Cagliari. Ma ieri lasciando il campo Rog era davvero commosso.
Che bella Dimaro. Poi magari il clima girerà a tempesta ma il barometro mai aveva conosciuto questo bel tempo. Per chi ha vissuto negli ultimi anni la tragedia del tradimento di Higuin, le illusioni dell’arrivo di Cavani, le polemiche della dipartita di Sarri, oggi siamo in Paradiso.
Si aggrappano agli specchi
Persino gli incalliti “papponisti” si aggrappano agli specchi. Per la verità, la novità di Dimaro che colpisce è il moderatismo di certi papponisti. Attenzione, papponisti e Sarristi sono stati alleati ma sono due fenomeni, due entità diverse. Il Sarrismo è stato un fenomeno culturale di èlites, di una borghesia parassitaria sempre pronta a schierarsi nel fronte di quel sud ribelle di opposizione. Opposizione a prescindere. E oggi accusa il colpo, è in crisi, deve rimotivarsi, trovare un nuovo simbolo a cui aggrapparsi.
Il “papponismo” invece è il segno della impotenza, della debolezza di quel popolo tifoso che riversa nel calcio le frustrazioni per un divorzio sentimentale con il mondo della quotidianità. Sono le frustrazioni dei lavoratori che non lavorano, dei disoccupati cronici, di quell’area della illegalità per sopravvivere. Dei normalissimi napoletani infelici. Il loro non è un progetto. Il loro è un sentimento. Non è odio di classe, avremmo detto un tempo. Vogliono abbattere un mostro ma non si pongono neppure il tema della sua sostituzione.
Se davvero andranno in porto gli acquisti attesi. Se davvero questa volta il Presidente dimostra di volersi svenare pur di costruire una squadra a immagine e somiglianza di mister Ancelotti, allora Napoli potrebbe tornare pacificata.
È un sogno. Speriamo che si trasformi in realtà. In fondo Napoli lo merita.