Napoli è una città tranquilla, dove non accade mai nulla. Un sabato, dopo due mesi e mezzo, un allarme. La città scandagliata palmo a palmo per ritrovare il corpo del reato
Il caso della sig.ra Ametrano
Napoli è una città tranquilla, dove non accade quasi mai nulla.
Lo sanno bene gli agenti del Nucleo Speciale Reati Ambientali di Napoli e Provincia (il Nu.Spe.R.A.N.P.), costretti, loro malgrado, all’inerzia per mancanza di casi da seguire. L’ultimo caso, a metà aprile, era stato quello della sig.ra Ametrano del Pallonetto a Santa Lucia. Nel tentativo di spilare il water di casa sua e, al contempo, per non venire meno alla fama di sig.ra pulita che da anni la contraddistingue nel palazzo, aveva versato nella tazza un mix di Acido Muriatico e Candeggina. La reazione chimica tra i due detergenti aveva sprigionato una nube di Gas Cloro tale che, in un primo momento, si era persino temuto un attacco terroristico. Il Commissario Quagliarulo, come sempre, ci mise pochissimo a risolvere il caso e il trafiletto del Mattino che riportava la notizia, con una bella foto a colori che lo ritraeva mentre parlottava con la sig.ra Calone (la cui soffiata si dice sia stata decisiva), ora faceva bella mostra di sé nell’ufficio al terzo piano di Piazza Municipio.
Sabato 6 luglio l’atmosfera interna al Nu.Spe.R.A.N.P. era tesa. Nonostante i due mesi e mezzo di inattività, Quagliarulo era nervoso, aveva un presentimento. Aveva deciso di raddoppiare le unità di personale in turno nella giornata di sabato (gli agenti presenti erano perciò 2) e li aveva sguinzagliati alla ricerca di possibili reati contro l’ambiente. Raffaele Cantù, giovane agente di Bergamo trasferitosi a Napoli da qualche mese per poter stare vicino a Titina, di cui si è innamorato l’estate scorsa a Palinuro, stava scandagliando il gruppo Facebook “Sei di Napoli se riconosci questi cumuli di munnezza”; Antonio Salimbene, memoria storica del Nucleo Speciale, oramai in fervida attesa della pensione prevista per metà settembre, si stava dedicando all’analisi delle informazioni reperibili in modalità informatica. In pratica stava guardando i video della colonna destra del sito di Repubblica.it.
Il sesto senso di Quagliarulo
Ad un certo punto un tonfo ruppe il silenzio nella stanza. Era la sedia di Salimbene, caduta a terra dopo che questi era scattato in piedi all’improvviso.
– Guagliù, venite a vedere!
La voce era rotta dall’emozione, aveva entrambe le mani poggiate sulla scrivania e un attento osservatore avrebbe potuto notare il fremito che percorreva gli avambracci tesi per sostenere il peso del suo corpo chino verso il monitor.
Quagliarulo se lo sentiva. Mentre guardava le immagini dello scooter volare in acqua, si congratulava con sé stesso per il sesto senso che non falliva mai. Guardarono il video 5 o 6 volte e furono interrotti dallo squillo del telefono. Rispose direttamente Quagliarulo, pronunciando poche parole con voce greve:
– sappiamo già tutto. Ci mettiamo all’opera.
L’operazione Black Mamba
Attaccò il ricevitore, si girò verso Cantù e Salimbene e diede gli ordini:
– Da questo momento inizia l’operazione Black Mamba. Tutti i permessi e le ferie sono sospesi. Vi voglio al lavoro 24 ore su 24. Scordatevi le vostre fidanzate, mogli, mamme, sorelle. Scordatevi la spiaggia e l’ombrellone. La vostra vita mi appartiene da ora e finché non avremo risolto il caso.
Salimbene guardò il calendario, maledicendo sé stesso per non aver riscattato gli anni della laurea. Se lo avesse fatto, ora sarebbe stato già in pensione.
Cantù guardò la foto di Titina sulla sua scrivania e tremò leggermente pensando al cazziatone che avrebbe ricevuto quando le avrebbe detto che quel pomeriggio non sarebbe potuto andare a Palinuro.
I tre si misero immediatamente all’opera. Giunsero sul posto in men che non si dica, con la sirena spiegata sulla Panda bianca d’ordinanza. Al loro arrivo dovettero fronteggiare il muro d’omertà che, in casi come questo, costituiva la norma. Ci vollero i modi bruschi di Quagliarulo per infrangerlo.
Mentre prendevano un caffè a Mergellina, di fronte al luogo del misfatto, si rivolse al barista con tutta la sua autorevolezza:
– Uè, ma che è successo stamattina?
Il muro d’omertà
Il barista indugiò per una frazione di secondo e poi disse:
– Uanema commissà, ma non lo sapete? Ci stava Balotelli, il calciatore, qua fuori. A un certo punto, ‘a copp’ ‘a mano, dicette vicino a uno “li vuoi 2000 euro? chiavati a mare con tutto il motorino”. Commissà, avite capito? Io, sinceramente, l’avess’ fatto pure per 1000 euro. Comunque, chillo ‘a copp’ ‘a mano dicette “Je me meno!”. È sagliuto ‘ncoppo ‘o scooter e s’è menat’ a mare! L’avimmo visto tutti quanti: stevem’ io, Totonno chillo che tene ‘o negozio ‘e fiori, Salvatore ‘o tarallaro, Simona l’estetista (che poi nun se chiamma Simona, commissà, se chiamma Carmela, ma dice che Simona è più fine). Ce stev’ pure ‘o parcheggiat… ehm, no, mi so sbagliato, nun ce stev’ cchiù nisciuno.
Quagliarulo finì di sorseggiare il caffè e rivolse uno sguardo a Cantù che, senza bisogno di parole, andò a raccogliere le testimonianze.
Tutti riferirono, più o meno, la versione dei fatti del barista. C’era un solo grosso problema: lo scooter non era più in acqua. Qualcuno disse di averlo visto ripescare qualche minuto dopo l’accaduto.
Il Nu.Spe.R.A.N.P. al completo, dopo aver preso altri 3 caffè, tornò in sede. Quagliarulo con movimenti lenti, ma decisi, andò verso l’enorme bacheca che teneva dietro la scrivania. Stampò una foto di Balotelli e una dello scooter. Gli serviva una cartina di Napoli, ma siccome la stampante dell’ufficio prevedeva solo il formato A4, ne utilizzò una di Napolimania con su scritto ‘na Mappina. Disegnò un semicerchio con un raggio di un kilometro e mezzo dal punto in cui lo scooter era finito in acqua. Collegò le foto di Balotelli e dello scooter con un filo rosso al punto che aveva segnato sulla cartina, si girò verso Cantù e Salimbene e disse:
– Senza corpo del reato non c’è reato. Non mi importa come farete, se dovrete perlustrare centimetro per centimetro tutta questa zona, se dovrete pagare gli informatori, se dovrete riscattare tutti i favori che avete fatto negli ultimi 10 anni: voglio quello scooter e lo voglio al più presto possibile.
La ricerca del corpo del reato
I due agenti si precipitarono in strada, Quagliarulo accese il computer e cominciò a monitorare la situazione. La città era in subbuglio, la questione era finita su tutti i media nazionali. Un noto giornalista/autore/cantante/poeta/scrittore/opinionista aveva già annunciato di essere al lavoro sulla piece teatrale “La scommessa di Pizzofalcone”, un atto unico basato proprio sulla vicenda dello scooter. Il telefono squillava e squillava, ma Quagliarulo decise che non avrebbe risposto a nessuno finché non avrebbe ritrovato lo scooter.
Cantù e Salimbene, un po’ per dare soddisfazione a Quagliarulo, un po’ perché Cantù aveva ricevuto un vocale pieno di maleparole da Titina, si misero immediatamente al lavoro. Ci vollero quasi 24 ore, ma alla fine lo trovarono. Stava a Via Andrea d’Isernia, non lontano dal luogo del delitto (ambientale). Lo aveva notato proprio il cugino della moglie del fratello del barista che aveva parlato con Quagliarulo.
Il commissario, appena ricevuta la notizia del ritrovamento, volle andare di persona sul posto. Prima di dare la notizia alla stampa e alle autorità, voleva essere sicuro che lo scooter ritrovato fosse proprio il corpo del reato. Arrivato a Via Andrea D’Isernia, notò subito la zona che Cantù aveva delimitato con il nastro giallo. Quagliarulo girò attentamente attorno allo scooter e cominciò a convincersi di aver fatto centro per via delle alghe che ricoprivano buona parte del sellino. Non fidandosi delle apparenze, tuttavia, volle la prova del nove. Chiese a Salimbene di forzare il sellino. Era proprio come pensava, il vano sotto la sella era ancora pieno d’acqua. A quel punto non gli rimaneva che l’ultimo dettaglio prima di poter dire risolto il caso. Guardò Cantù. Guardò Salimbene. Guardò il vano dello scooter, chiuse gli occhi e immerse l’indice della mano destra nell’acqua che vi ristagnava. Dopodiché, mentre il brivido del successo già gli percorreva la schiena, portò il dito alla bocca e ve lo introdusse. Dopo qualche istante di tensione lo tirò fuori, schioccò la lingua e disse:
– Mergellina!
Il caso Black Mamba era risolto.