La forza dei numeri dietro l’inutile lamentazione napoletana: solo su Repubblica 270 articoli (Taipei, con Paltrinieri, furono 26), cinque ore al giorno di dirette e finestre Rai
Un tempo le Universiadi erano una vetrina
Le Universiadi sono terminate da qualche giorno, ma l’eco delle tante lamentele napoletane per la presunta scarsa attenzione data all’evento resta nell’aria. Con tanto di immancabili polemiche social.
Si è parlato e scritto di mancanza di notizie sui quotidiani, di insufficiente copertura televisiva, di assenza di aggiornamenti all’interno dei notiziari radiofonici e televisivi. Fino ad ipotizzare una precisa volontà politica e mediatica di oscurare l’evento solo perché si svolgeva a Napoli, come ha sottolineato ironicamente anche Fabio Avallone nel suo articolo.
Siamo sinceri, in tanti sapevano poco o nulla di Universiadi prima di questa edizione. Qualcuno ha addirittura pensato, ingenuamente, che si trattasse di una manifestazione paragonabile alle Olimpiadi.
Le Universiadi restano una degnissima manifestazione di sport, ma ormai da molti anni i grandi campioni le escludono dalla loro programmazione stagionale.
Piazzate in mezzo ad un calendario sportivo già affollatissimo, tra Giochi Europei, mondiali di atletica under 23, mondiali di nuoto, mondiali di calcio femminile, mondiali di tiro al volo, ed altri eventi sportivi, le Universiadi del 2019 difficilmente potevano essere la priorità per qualsiasi atleta top, ammesso e non concesso che ci fossero atleti top tra i potenziali partecipanti.
In realtà, quando le Universiadi furono ideate a fine anni ’50 da Primo Nebiolo i principali sport olimpici non avevano molte vetrine.
Per esempio, nell’atletica leggera non esistevano ancora i mondiali (sarebbero arrivati solo nel 1983), ma le grandi sfide erano tutte racchiuse tra Giochi Olimpici e Campionati continentali, eventi che si dividevano gli anni pari (avevano entrambi cadenza quadriennale).
I mondiali di nuoto avevano invece già fatto la loro apparizione, ma solo nel 1973.
Juantorena, Marita Kock, Aouita, Mennea
Le manifestazioni nelle quali i migliori atleti si potevano sfidare non erano quindi molte. Le Universiadi colmarono questo vuoto, dando la possibilità agli atleti di affrontarsi in una specie di mini Olimpiade, anche se ristretta a coloro che frequentavano l’università. Ma negli anni ’70 e ’80 molti campioni erano anche studenti universitari, soprattutto oltre la cortina di ferro.
Fu così che a cavallo di quegli anni le Universiadi videro la partecipazione di grandi campioni a caccia di sfide, di vittorie e di record, come per esempio accadde proprio nell’atletica leggera, la regina delle grandi manifestazioni sportive.
Tutti conoscono la storia di Pietro Mennea, che programmò la stagione del 1979 in funzione dell’Universiade messicana, per sfruttare l’altura e battere così il record mondiale dei 200 metri.
Ma non tutti sanno che alle Universiadi svoltesi tra fine anni ’70 e inizio anni ’80 gareggiarono e vinsero medaglie anche campionissimi del calibro di Juantorena, Sara Simeoni, Marlies Gohr, Marita Koch, Said Aouita, Maurizio Damilano, Gabriella Dorio, Doina Melinte, tutti divenuti anche campioni olimpici.
Purtroppo dagli anni ’80 in poi la partecipazione dei grandissimi campioni è stata sempre più rara, ed il livello tecnico delle ultime edizioni è stato sempre più povero. Nell’atletica, come negli altri sport. Al netto di rare eccezioni.
Questa lunga premessa è d’obbligo, perché l’interesse di una manifestazione sportiva è racchiuso soprattutto nel valore dei partecipanti e nei risultati sportivi. De Coubertin non sarebbe d’accordo, ma noi per primi seguiamo con molta più passione le manifestazioni nelle quali gareggiano i grandi campioni.
Proprio per questo chiunque seguisse lo sport in maniera più attenta sapeva bene quanto fosse impensabile una copertura mediatica capillare per una manifestazione tecnicamente secondaria.
Invece a Napoli in tanti si aspettavano che se ne parlasse di continuo, magari dando notizia delle medaglie di giornata nei principali telegiornali.
Oppure che i notiziari sportivi dessero priorità alle Universiadi. Magari mettendo in secondo piano le notizie sul calciomercato, sul Tour De France, sulla Coppa America di calcio, sul Torneo di Wimbledon, sulla Formula Uno o sulla Moto GP.
Eppure, contrariamente a quanto in tanti hanno percepito, i media in questa occasione hanno fatto abbastanza bene il loro mestiere, nonostante lo scarso valore tecnico delle Universiadi.
Fact checking
Infatti, tanto per fare un esempio, il quotidiano “la Repubblica” ha dedicato un totale di 270 articoli alle Universiadi nelle due settimane della manifestazione, di cui 86 articoli sulla carta stampata (inclusi i richiami ai risultati e al programma delle gare).
Alle Universiadi del 2017, svoltesi a Taipei, gli articoli dedicati dal quotidiano in questione alla manifestazione furono appena 26, nonostante la partecipazione di alcuni atleti di rilievo come Gregorio Paltrinieri. Nel 2015, per le Universiadi di Gwangju, in Corea del Sud, gli articoli furono solo 4.
Nel 1997, per le Universiadi siciliane, le ultime svoltesi in Italia prima di quella napoletane, la stessa “Repubblica” dedicò, nel periodo a cavallo della manifestazione (fine agosto 1997), una trentina di articoli. Peccato però che più della metà si occupassero degli scandali e delle accuse lanciate all’organizzazione dei giochi.
In televisione la Rai, attraverso RAI Due e RAI Sport, ha dedicato all’evento 60 ore di trasmissione tra dirette e finestre informative. Circa 5 ore al giorno. Per una manifestazione dai risultati tecnici modesti è una copertura niente male. Tanto per fare un esempio, le Universiadi dal 2013 al 2017 furono trasmesse da Eurosport e non dalla RAI. Con relativo minore seguito, non trattandosi della TV pubblica.
L’impressione che se ne riceve è che molti hanno trattato l’argomento Universiadi senza conoscerne la storia e la reale importanza.
E che in troppi hanno polemizzato sui social, mentre nessuno di loro accendeva la TV o leggeva i giornali per verificare se le polemiche fossero fondate.
Purtroppo continuiamo a pensare che ogni manifestazione che si svolge a Napoli debba avere grande risalto a livello planetario e universale. Restiamo convinti di vivere in un posto speciale, e che proprio per questo il mondo al di fuori dei nostri confini ce l’abbia con noi.
Speriamo invece di approfittare del seme gettato da queste Universiadi. Che hanno insegnato ai tanti che hanno seguito le gare dal vivo divertendosi (e senza polemizzare) che c’è un modo diverso di seguire lo sport.