È un’operazione tattica, risponde a una precisa esigenza reale di campo. Un tipo di giocatore che il Napoli raramente ha avuto. Rientra nella categoria degli impact player
Qualcosa di diverso
L’affare che porterà Fernando Llorente al Napoli si spiega con le parole che Carlo Ancelotti ha pronunciato giusto ieri, in conferenza stampa: «Llorente ha caratteristiche diverse rispetto ai nostri attaccanti». Evidentemente, lo staff tecnico e i dirigenti del Napoli hanno deciso di acquistare un calciatore che possa offrire delle alternative rispetto ai profili già in rosa. Il centravanti basco è diverso da Milik, diverso da Mertens. È diverso anche da Icardi l’altro nome su cui sembrava che il Napoli fosse disposto a investire (tanto). Rispetto all’argentino dell’Inter, l’operazione-Llorente è molto più tattica, nel senso che risponde a una precisa esigenza reale di campo, a un’esigenza reale di Ancelotti, piuttosto che alla voglia di sfruttare un’occasione servita dall’andamento del mercato.
Quali sono queste caratteristiche diverse? Perché Llorente è stato scelto e acquistato dal Napoli? E perché il suo arrivo può portare a una svolta tattica? La risposta a queste domande va ricercata nel gioco dell’ex Juventus e nel progetto che Ancelotti ha in mente. Un progetto che si è percepito già a Firenze e che dovrà concretizzarsi lungo tutta la stagione. L’idea del tecnico emiliano è quella di costruire un Napoli multiforme. Una squadra in grado di attaccare in molti modi, di vincere le partite seguendo percorsi diversi. Ne abbiamo parlato nell’analisi tattica del match di Firenze, qui.
In alto, la heatmap di Llorente nella partita Tottenham-Watford (2-1) del gennaio 2019; in basso, quella di Milik in Roma-Napoli 1-4 dello scorso campionato. È evidente come Llorente preferisca stazionare in avanti, a ridosso dell’area avversaria, mentre Milik è molto più mobile.
Con Llorente, il Napoli acquisisce una soluzione in più in avanti. Come si vede anche nelle mappe posizionali appena sopra, lo spagnolo è meno portato al dialogo con i compagni rispetto a Milik, non retrocede spesso per associarsi con centrocampisti e trequartisti; il suo posizionamento e la sua tendenza a rimanere in avanti allungano la squadra e allungano la difesa avversaria, offrono costantemente profondità. Fernando non permetterà solo di applicare la soluzione del lancio lungo per la testa di un pivot avanzato, ma avrà anche il compito di creare nuovi spazi in cui potranno inserirsi i suoi compagni. Parliamo soprattutto dei trequartisti, ovvero i giocatori che nel modulo fluido del Napoli in fase offensiva hanno maggiore libertà di movimento.
Il Napoli non ha mai avuto un centravanti così
Il gioco di Llorente è una conseguenza inevitabile della sua struttura fisica: è alto 195 cm e pesa 90 kg, è più pesante e quindi più statico di Milik. Occupa gli spazi piuttosto che attaccarli, anche in isolamento, e per questo è stato perfetto come partner di Tévez alla Juventus – nel 3-5-2 di Conte e poi anche con Allegri. Rientra a pienissimo titolo nella categoria degli impact players, ovvero quei giocatori che influenzano la squadra in cui si trovano, che cambiano il modo di giocare dei compagni perché vanno cercati e serviti in un certo modo. E perché sanno cercarli e servirli in un certo modo, a loro volta. Un concetto che vale per alcune partite – dal primo minuto – come per gli spezzoni in cui sarà chiamato in causa, al posto di Milik o come spalla del polacco.
In questi spezzoni, Llorente parte sempre molto avanzato; tiene la difesa bassa, e la propria squadra alta; riceve e protegge il pallone; crea spazi per i compagni.
Il Napoli dell’era moderna non ha mai avuto un centravanti con queste caratteristiche. Le parole pronunciate oggi da Ancelotti sono quindi retroattive, arrivano fino all’era-Mazzarri: l’ultimo attaccante statico nella rosa azzurra è stato Cristiano Lucarelli, riserva (solo teorica) di Cavani nell’annata 2010/11. Con Llorente siamo su un altro pianeta rispetto al livornese, non tanto e non solo dal punto di vista tecnico, ma anche per possibile impatto sulle scelte di Ancelotti. Lucarelli fu uomo della disperazione nei minuti finali, per i minuti finali; Llorente sarà questo ma anche altro, come spiegato sopra. Dopo Lucarelli venne Zapata, acquistato dall’Estudiantes come vice-Higuaín, che sembrava avere caratteristiche da centravanti atletico e che invece col tempo si è rivelato essere un calciatore completo, in grado di giocare con il fisico ma anche con buona proprietà tecnica.
I dubbi su Llorente
Llorente inaugura quindi una nuova era, ma ci sono anche aspetti negativi, dei dubbi, di cui tener conto nel giudizio di questa operazione. Intanto, il basco è reduce da due stagioni in cui è stato un puro comprimario, anche al Tottenham era utilizzato come riserva – non alternativa, riserva – di Harry Kane, come arma-diversivo da inserire in alcune partite oppure nei minuti finali dei match bloccati. Con gli Spurs ha giocato 14 volte da titolare dal 2017 al 2019, di cui 10 tra Premier League e Champions League, ma le sue presenze totali sono state 66. Lo score complessivo (13 gol e 6 assist) è buono, ma ovviamente sono numeri che hanno un peso relativo, considerando che riguardano tutte le competizioni, anche quelle minori del calcio inglese – Fa Cup e Coppa di Lega.
L’altra perplessità è di tipo strategico/progettuale: quale impatto potrà avere un giocatore di 34 anni sul Napoli? Parliamo di un club che nelle ultime stagioni non aveva mai acquistato uno svincolato, seppur di lusso, per dare un’alternativa all’allenatore. Llorente ha accettato la stessa condizione che aveva a Londra: centravanti-ombra di un centravanti associativo (Kane al Tottenham, Milik al Napoli), seconda scelta, ma soprattutto arma tattica a disposizione dell’allenatore. Proprio questa sua dimensione di giocatore “già arrivato” potrebbe renderlo marginale, non tanto nel suo contributo in campo e fuori (è un professionista esemplare), quanto per il suo ruolo nel progetto. Per il ruolo che sentirà di avere nel progetto, da qui alla fine del contratto.
Qualcosa di diverso/2
Come detto, è da tempo che il Napoli non chiudeva un’operazione del genere. Quindi da tempo non si trova a dover gestire una personalità di questo tipo, tra l’altro con una grande carriera alle spalle – Llorente ha vinto due scudetti in Italia, ma anche il Mondiale e un Europeo con la Spagna – e un ingaggio importante (si parla di 2,5 milioni di euro per due anni). Ovviamente il compito di far fruttare questo acquisto, di inserire e coinvolgere Llorente nel Napoli, è nelle mani di Ancelotti. Che è parso contento dell’operazione, e che evidentemente desiderava avere una risorsa in più da affiancare a Milik e Mertens, due attaccanti agli antipodi tra loro. Quindi qualche dubbio resta, ma si dissolve nelle garanzie (già) presentate dall’allenatore. Llorente sarà il terzo lato di un triangolo scaleno, composto da tre calciatori offensivi che interpretano il gioco in maniera totalmente differente.
Anche oltre il campo, Llorente rappresenta e rappresenterà qualcosa di diverso e di nuovo nella storia recente del Napoli. È un puro investimento a perdere nel monte ingaggi, un elemento preso per ampliare la rosa, nei numeri e nella varietà delle soluzioni. È chiaro come il Napoli creda nelle possibilità di questa squadra in questa stagione, tanto da provare a completare la squadra andando oltre sé stesso, acquistando un asset fuori dalla politica del club. Questo dovrebbe far riflettere sulla sintonia tra lo staff dirigenziale e quello tecnico, sulla volontà del club di soddisfare le richieste di Ancelotti.