Il giornalista de La7 al Fatto Quotidiano: “Quando Totti si è dimesso dalla Roma sono andato, di nascosto, alla conferenza stampa. Per fortuna non mi hanno riconosciuto”

Il Fatto Quotidiano intervista Giovanni Floris, giornalista conduttore di “DiMartedì”, su La7. Una lunga chiacchierata sulla sua professione, sulla passione per il giornalismo e anche sulle passioni giovanili, tra le quali c’è il calcio.
Abitualmente schivo, Floris dice di non amare parlare di se stesso:
“Sono solo uno che si prepara e ha una trasmissione”
Il giornalista racconta la sua formazione giovanile, la laurea in Scienze Politiche (110 e lode) conseguita in poco più di quattro anni con incluso il servizio militare perché “dovevo sbrigarmi, costava molto”. Parla della volontà con cui ha perseguito la carriera giornalistica, appoggiato dai genitori.
Un’intervista godibile e leggera, tutta da leggere, da cui emergono diversi aneddoti simpatici. Una volta, ad esempio, era a cena al Watergate di Washington e vide entrare Bush con Condoleezza Rice. Le andò incontro per presentarsi, in fila dietro a una sfilza di camerieri messicani e il presidente gli disse, scambiandolo per uno di loro
“Voi camerieri messicani siete l’orgoglio della nazione”
Poi però riuscì a intervistare la Rice.
Una delle passioni di Floris è il calcio. Fede romanista
“La Roma è una passione nonostante gli errori di Pallotta”
Dice, e racconta che al suo matrimonio i tavoli portavano i nomi dei calciatori giallorossi. Il suo si chiamava “Totti” mentre per i laziali fu scelto il nome di Paolo Negro che con un autogol permise alla Roma di vincere un derby.
Non ha mai conosciuto Totti
“Però una volta gli ho chiesto un selfie e quando si è dimesso dalla Roma sono andato, di nascosto, alla conferenza stampa. Per fortuna non mi hanno riconosciuto”.
Floris dà anche un suo parere su Cairo:
“Come imprenditore ha dimostrato capacità e come editore è l’ideale: lascia libertà e chiede responsabilità”
E se scendesse in politica?
“Né lo spero né lo temo, mi sembra difficile che un imprenditore di tale successo possa pensarci, se non richiesto a gran voce dal Paese”