Aspi ci ha messo poco a riassorbire il disastro: i risarcimenti coperti tutti dall’assicurazione. E in Borsa il titolo Atlantia è già tornato ai livelli pre-crollo
Il crollo del Ponte Morandi – un anno oggi – avrebbe potuto trasformarsi in un ko mortale per l’impero dei Benetton. E invece, si è rivelato solo un piccolo incidente di percorso, scrive Il Fatto Quotidiano,
Dopo la tragedia, in un giorno solo Atlantia perse, in Borsa, un quarto del suo valore: 5 miliardi. Oggi, a distanza di 12 mesi soltanto, Autostrade e la sua holding quotata, Atlantia, hanno cancellato dai loro bilanci quasi ogni traccia del disastro.
“Con addirittura un effetto paradosso”, scrive il quotidiano.
Autostrade si è mossa per tempo nel liquidare i risarcimenti ai familiari delle vittime. Nel 2018 ha erogato a tale scopo 33 milioni di euro e nel primo semestre del 2019 ne ha erogati altri 4 milioni. Ma è già rientrata in possesso di quell’esborso.
“Nel bilancio del primo semestre Autostrade ha iscritto un provento di 38 milioni come rimborso assicurativo per la Rca verso terzi del crollo del Polcevera. Pari e patta, soldi dati ai familiari subito rientrati completamente nei conti della società grazie alla polizza che ha rimborsato il danno ad Autostrade”.
Non solo: Atlantia ha coperture assicurative totali per un valore di 350 milioni di euro. Se e quando verranno azionate varrebbero 10 volte i risarcimenti agli eredi.
Certo, nei conti della società si sono visti gli oneri economici per il crollo. Atlanti ha accantonato 513 milioni in un fondo per le spese legate al disastro. Di questi ne ha spesi poco meno della metà: i 37 milioni versati ai familiari e i 209 milioni versati al commissario Bucci per la demolizione e la ricostruzione.
Mezzo miliardo, su Autostrade e Atlantia, però, costano molto poco e sono facilmente recuperabili. Sono poco più del 10% dei ricavi totali di Autostrade di un solo anno.
“Nonostante il peso immane dei 43 morti, Autostrade non si è fatta mancare nulla”.
Nel 2018 ha staccato un dividendo per i soci di ben 311 milioni e, nel febbraio 2019 è anche riuscita a rimborsare un bond da 593 milioni che costava il 4,5% di interessi alla società.
“Non certo il profilo di una società in difficoltà”.
Anche Atlantia, del resto, non ha subito scossoni, anzi, si è rivolta alla conquista del gigante spagnolo Abertis, rilevato solo 2 mesi dopo il crollo del Morandi. Un’operazione che oggi consente ad Atlantia
“di sfornare un margine lordo sui ricavi esplosivo, al 63%, e un flusso di cassa operativa di ben 2,5 miliardi, il doppio rispetto a un anno prima. Gli utili del gruppo quotato post-shopping spagnolo si sono attestati in sei mesi a 777 milioni in aumento di oltre il 40% sul semestre del 2018”.
Il mercato dice che il Ponte Morandi rischia di passare alla storia come “un piccolo incidente di percorso recuperabile rapidamente”.
E’ chiaro che revocare la concessione ad Atlantia vorrebbe dire versare 20 miliardi nelle sue casse, ovvero il corrispondente dei ricavi da qui al 2042.
Così, da gennaio di quest’anno, il titolo in Borsa è risalito e ha recuperato completamente i 5 miliardi bruciati un anno fa.
“Oggi Atlantia capitalizza in Borsa 19,8 miliardi, lo stesso valore del giorno prima della tragedia”.
E i compensi ai manager fanno il resto. Giovanni Castellucci, per esempio, che come ad della concessionaria avrebbe dovuto risentire mortalmente, nel portafogli, della tragedia, tra compensi fissi e bonus ha incassato, nel 2018, 5 milioni di euro, quasi il doppio del 2017.
Ha portato a casa anche un bonus di 2,2 milioni per l’operazione Abertis.
“E conta su un ricco portafoglio di stock option maturate nel tempo: oltre 3 milioni di azioni a prezzi d’esercizio tra i 23 e i 25 euro. Deve solo aspettare che il titolo voli sopra i 25 euro per incamerare plusvalenze. Ponte Morandi a parte”.