Insieme hanno costruito la Sampdoria e la Juve di Agnelli. L’affinità di intenti e l’amicizia è diventata solo una lotta per dimostrare di essere uno più astuto e bravo dell’altro

Parotta e Maratici come Montezemolo e Marchionne, o come Letta e Renzi.
Due ex amici che finiscono con il farsi la guerra. Tony Damascelli, su Il Giornale, descrive ciò che sta accadendo tra il Chief Football Manager della Juve e l’ad dell’Inter.
I due club sono sempre stati nemici, ora, però, alla battaglia storica tra i colori delle due squadre, si aggiunge quella legata all’arrivo, in nerazzurro dei due ex bianconeri Conte e Marotta. Non si tratta certo di due nomi qualunque.
Così, tra Marotta e Paratici, l’amicizia e l’affinità di intenti e di progetti è diventata una guerra per dimostrare di essere uno più astuto e bravo dell’altro.
L’astuto Marotta
“Marotta è professionista alto, di esperienza e di astuzia diplomatica, sa allenare l’ambiente e la stampa, è solido e respinge, come un muro di gomma, qualunque attacco anche vile o volgare, siano gli insulti di Lotito o le mezze frasi di De Laurentiis”.
Si circonda di collaboratori validi e porta a termine il lavoro come fosse un severo notaio.
Il talent scout migliore d’Italia
“Paratici è il migliore talent scout d’Italia, lavora venticinque ore al giorno svegliandosi sessanta minuti prima, sta sul pezzo fino ad essere esausto, difficile che sbagli una valutazione, non si fa prendere dal tifo o dalla passione per questo o quel calciatore, questo o quell’allenatore”.
Ha sofferto l’esonero di Allegri, al quale era legato da una grande amicizia, ma ha capito che era arrivato il momento della separazione. Non ha la capacità dialettica di Marotta, non concede interviste fiume in cui non dice nulla, solo per accattivarsi i cronisti, preferisce i rapporti con gli interlocutori di mercato.
Un vulcano di rabbia e vendette
I due hanno costruito insieme la Sampdoria di Garrone e la Juventus di Andrea Agnelli. Ma lo stesso presidente, a un certo punto, ha liquidato Marotta e tenuto Paratici, alle cui spalle, però ha creato un vuoto politico. E ora lui deve fare anche le veci del suo ex amico-collega.
“La disfida su Lukaku è soltanto un piccolo fuoco di artificio nel vulcano di rabbia e vendette o riscatti che scalda entrambi. Due cognomi e basta, due rivali e basta. È soltanto l’inizio di una partita che non prevede il fischio finale”.