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Ancelotti e l’elogio della sofferenza (concetto diverso dal populistico furore agonistico)

È la seconda volta – la prima fu dopo il Liverpool – che l’allenatore sottolinea la bravura a vincere partite sporche. È come se chiedesse al Napoli di crescere sotto quest’aspetto

Ancelotti e l’elogio della sofferenza (concetto diverso dal populistico furore agonistico)

“La parte migliore del secondo tempo è stata quando abbiamo sofferto, nella seconda parte”. Il calcio è bugia e magari Ancelotti con le sue dichiarazioni sta soprattutto portando ancora un po’ di ragione dalla parte di Rafa Benitez. Però non è la prima volta che l’allenatore del Napoli rilascia una simile dichiarazione. È come se fosse questo il tasto su cui intende battere. Lo fece già al termine di Napoli-Liverpool, quando elogiò la partita sporca e disse che la squadra doveva capire che le partite non vengono sempre come uno le ha immaginate. Ed era particolarmente soddisfatto perché il Napoli aveva saputo soffrire.

Oggi ha espresso nuovamente questo concetto. Che è lontano da quello espresso da De Laurentiis nel tweet dal sapore populistico (e papponistico), il tweet che evocava il furore agonistico. Un incomprensibile ritorno alla maglia sudata. Una retromarcia dialettica che speriamo essere stata solamente un esercizio scaramantico mal riuscito. Non da lui, non dal presidente che abbiamo difeso mille volte dal papponismo dilagante.

Ancelotti ha invece elogiato la capacità del Napoli di stare alle corde. È come se volesse inculcare questo concetto. È una squadra che per l’allenatore, probabilmente, è più abituata alla teoria che alla pratica. Il calcio è pieno di partite così. Quando sono le altre che le portano a casa, vengono da noi invidiate. Quando invece a vincerle siamo noi, storciamo il naso perché non abbiamo stravinto oppure vinto senza sudare. Non abbiamo dominato in lungo e in largo. E invece Ancelotti vuole che il Napoli cresca sotto il profilo della sofferenza. Il che non vuol dire sottovalutare l’importanza del gioco. Ma anche la difesa fa parte del gioco. E aver portato a casa una partita in questo modo, senza tre centrali, è un’impresa non diciamo da festeggiare ma comunque non da vergognarsi.

Il Napoli ha saputo difendere senza Koulibaly, Manolas, Maksimovic e con Di Lorenzo adattato. Ancelotti vuole concretezza dal suo Napoli. Sa che dal punto di vista del gioco è una squadra che ha poco da imparare. Ma è consapevole che il calcio non è soltanto teoria. Anzi. E vuole una squadra che sappia fronteggiare i tanti imprevisti che possono presentarsi durante una partita. Non si sbraccerà come Conte, non rilascerà frasi ad effetto, ma descrivere Ancelotti come un uomo poco consapevole della realtà che lo circonda, è francamente ridicolo. È un esercizio di fantascienza. Del resto un mediano, un centrocampista di lungo corso come lui, che il furore agonistico ce l’aveva eccome, non può che essere uno con i piedi ben piantati a terra.

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