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Callejon mezzala e il 2-6-2 in fase d’attacco, il Napoli di Ancelotti non resta mai fermo

Analisi tattica. Le lezioni dell’allenatore sulla sua visione del calcio: il ruolo dello spagnolo, la verticalità di Lozano. Insigne laterale è una delle tante soluzioni possibili

Callejon mezzala e il 2-6-2 in fase d’attacco, il Napoli di Ancelotti non resta mai fermo

La lezione di Ancelotti

Nella due giorni di Napoli-Sampdoria, Carlo Ancelotti ha tenuto una lezione sulla sua visione del calcio. In conferenza stampa, aveva spiegato cosa intende per modulo di gioco, parlando di una disposizione statica e individuabile solo in fase difensiva; in partita ha reso effettive, realistiche, le considerazioni del giorno prima. Il Napoli è sceso in campo con lo stesso assetto visto nel secondo tempo del match contro la Juventus: Fabián Ruiz di nuovo in mediana, stavolta affiancato da Elmas; Zielinski largo a sinistra, Callejón sul lato opposto; Mertens e Lozano in attacco.

Secondo questo elenco in successione, sembrerebbe proprio che Ancelotti abbia costruito proprio quel 4-4-2 tanto “agognato” e “invocato”, dopo le partite di Firenze e Torino. La realtà, invece, è molto più vicina alle parole del tecnico: il Napoli ha difeso col 4-4-2 – esattamente come a Firenze e Torino –, ma ha attaccato con una disposizione diversa. Più fluida. Partiamo dalla fase passiva: come nel secondo tempo del match contro la Juventus, la presenza di due attaccanti puri ha portato la squadra a rimanere più compatta, perché più rigida nella divisione degli spazi. Sotto, un frame che mostra come si concretizza la fase passiva che ha in testa Ancelotti: linee strettissime, ravvicinate, squadra in pochi metri e pressing degli uomini più vicini al pallone. Il modo migliore per attuare ripartenze rapide, verticali.

Il 4-4-2 del Napoli in fase difensiva. La squadra di Ancelotti è tutta in 25 metri secondo l’asse verticale; su quello orizzontale, solo Callejón si trova in posizione (leggermente) più larga

In fase di possesso, il Napoli ha provato a scardinare la Sampdoria con l’unica disposizione che gli permette di rimanere alto e corto e ampio in campo, almeno in questo momento della stagione: due difensori centrali; i terzini larghissimi sugli esterni, entrambi in supporto all’azione offensiva; Fabián Ruiz ed Elmas nel doble pivote; Zielinski e Callejón nei mezzi spazi tra la fascia e il centrocampo; due punte che alternavano l’attacco alla profondità e un’ulteriore apertura sulla zona laterale, Mertens a sinistra e Lozano a destra. Non a caso, l’ampiezza media della squadra di Ancelotti è stata bassissima, solo 24 metri sull’asse orizzontale; stesso discorso per la lunghezza, con 21 metri di interspazio tra difesa e attacco.

In virtù di quanto detto sopra potremmo dire che il Napoli si è schierato con il 2-6-2. Solo che servirebbe a poco: soprattutto Callejón ha giocato in un ruolo non intellegibile, non è stato mai intercettato dai radar difensivi della Sampdoria. È come se avesse agito da terzo centrocampista centrale, da mezzala. È una sensazione posizionale (si veda sotto la sua heatmap) ma anche un numero oggettivo, incontestabile: lo spagnolo è stato il quarto calciatore del Napoli per palloni giocati, 96. I primi tre sono stati i “soliti” Fabián Ruiz, Koulibaly e Mario Rui. Ovvero, coloro che sono da anni gli hub attraverso cui il Napoli fa passare la costruzione del gioco.

Dove ha agito Callejón

Nel postpartita, Ancelotti ha proseguito la sua lezione. Ha detto che le scelte tattiche per la partita contro la Samp sono state fatte in modo che la sua squadra giocasse in maniera verticale. Era una considerazione riferita a Lozano e Mertens, ma è valida anche per spiegare la posizione di Callejón, così particolare, così strana se vogliamo. È un discorso di connessioni e compensazioni: se il Napoli gioca con Lozano e Mertens, può scegliere ogni volta su quale lato costruire l’azione, perché troverà sempre l’appoggio di un uomo in più, ovvero di un attaccante che parte dal centro e poi si allarga sulla fascia per supportare i compagni. Se Lozano tende ad aprirsi a destra, Callejón è automaticamente “chiamato” verso il centro del campo, così da offrire una soluzione di passaggio diversa. Anche perché poi, nel frattempo, ci sono da assecondare le continue sovrapposizioni di Di Lorenzo sulla destra.

Il primo gol del Napoli nasce esattamente da questo schema: dopo una rimessa laterale sull’out sinistro, il pallone attraversa tutto il campo sull’asse orizzontale e finisce sui piedi di Di Lorenzo, che ha il corridoio libero perché Callejón si trova in posizione interna, è praticamente un centrocampista centrale. Anche Lozano è schiacciato, perché la situazione statica – la rimessa laterale – prevede che l’attaccante sul lato opposto si associ con i compagni piuttosto che garantire ulteriore ampiezza. Ad allargare il gioco ci pensa Di Lorenzo, appunto: il terzino ex Empoli si prende tutta la fascia, va sul fondo e trova Mertens al centro. Tocco di prima e palla in rete. Tutto velocissimo.

Pure partendo da una situazione statica come una rimessa laterale, il Napoli porta 7 uomini nella metà campo avversaria

Nonostante il risultato favorevole, nel primo tempo il Napoli non è riuscito a dominare la partita con piena autorità. La Sampdoria ha cercato di seguire l’esempio della Fiorentina, quindi di andare a infastidire il possesso della squadra di Ancelotti in maniera intensa, fin dall’area di rigore di Meret. Nel primo tempo, gli uomini di Di Francesco hanno cercato di ricreare una serie di duelli individuali in pressing, sfruttando la parità numerica garantita dalla scelta del sistema di gioco: il passaggio al 3-4-1-2 ha permesso alla Samp di schermare i due difensori del Napoli con le due punte, il centrocampista centrale con il trequartista e i terzini con gli esterni bassi. Una strategia che ha funzionato fin quando i blucerchiati hanno avuto energia.

La pressione alta della Sampdoria

Il Napoli ha risposto riproponendo Fabían Ruiz sul centrodestra piuttosto che sul centrosinistra, come avveniva nello scorso anno. È stata una conferma rispetto alle partite di Firenze e Torino, quando Allan si è posizionato sul centrosinistra, come oggi Elmas. Grande prestazione del macedone, che, oltre ad aver mostrato di avere grande qualità e personalità nella gestione del pallone in fase offensiva, è stato preziosissimo in fase di costruzione: 92,7% di precisione degli appoggi, tra i titolari sono Maksimovic e Fabían Ruiz hanno fatto meglio di lui.

Il secondo tempo e le conclusioni

Nella ripresa, la Sampdoria ha notevolmente abbassato l’intensità del suo gioco, allora il Napoli ha iniziato a passeggiare sul velluto, grazie alla sicurezza del risultato – acquisito definitivamente dopo il 2-0 di Mertens – e alla qualità superiore dei suoi calciatori. Certo, in alcuni momenti – soprattutto nel finale della prima frazione di gioco – il 4-4-2 in fase difensiva si è sfilacciato, le distanze tra i reparti non sono state ottimali, allora la Sampdoria ha potuto rendersi pericolosa. Questione di condizione fisica e di lettura dei momenti della partita: due aspetti da migliorare. Alla fine, però, i blucerchiati hanno avuto una sola grande occasione, quella di Rigoni. Degli altri 9 tiri della squadra di Di Francesco, solo uno era diretto nello specchio della porta di Meret; inoltre, 5 sono stati scoccati da fuori area.

I segnali che arrivano dal match del San Paolo sono positivi. Il Napoli ha segnato due gol e difeso senza reali affanni dovuti a problemi strutturali o alla scarsa condizione fisica dei calciatori – come avvenuto nelle due partite precedenti. Anche per questo, forse, nel finale Ancelotti ha osato molto, tornando alla formazione vista dall’inizio contro Fiorentina e Torino. Dopo i tre cambi effettuati nella ripresa, il Napoli è stato in campo con Fabían Ruiz e Zielinski davanti alla difesa; con Callejón e Insigne esterni larghi; Younes vicino e/o alle spalle di Llorente.

È evidente come il tecnico azzurro non abbia abbandonato l’idea di giocare con Insigne in posizione laterale (a sinistra) e con una coppia di attaccanti spuria, composta da una prima punta e da un uomo che faccia da supporto creativo. È una delle tante soluzioni possibili per una squadra che continua a cambiare molto, di partita in partita e all’interno della stessa partita. E che ha già mostrato netti miglioramenti nella fase passiva e quindi nella gestione del risultato. ,

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