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Gli ultras Juventus a Pairetto: «Diremo a Report di quando Agnelli e Marotta hanno incontrato a Napoli i Dominello. Diglielo»

Tutto nasce da un rifiuto di biglietti aggiuntivi da parte di Pairetto (dirigente bianconero). Rivelazioni sull’uomo della ‘ndrangheta (condannato col 416 bis) che Agnelli disse di non aver mai incontrato da solo

Gli ultras Juventus a Pairetto: «Diremo a Report di quando Agnelli e Marotta hanno incontrato a Napoli i Dominello. Diglielo»

L’obiettivo era sempre lo stesso: avere la disponibilità di un numero maggiore di biglietti. Quando questo non accadeva arrivavano le minacce, le ritorsioni.

Emergono spaccati interessanti dall’inchiesta della Procura di Torino che questa mattina ha portato all’arresto di dodici capi ultras della Juventus. Tutto nasce da Pairetto Alberto Pairetto (sì, il figlio dell’ex arbitro condannato per Calciopoli: 2 anni e 6 mesi dalla giustizia sportiva e due anni da quella penale; e anche il fratello dell’arbitro in attività) che aveva negato biglietti aggiuntivi agli ultras.

Scrive il giudice Rosanna Croce: “a fronte della comunicazione da parte dello Slo della Juventus Alberto Pairetto di ridurre a 50 i biglietti per i Drughi per la trasferta di Amsterdam in Champions League del 10 aprile 2019, usavano minaccia verso lo stesso Pairetto” preso in disparte dai capi ultras, senza i telefoni. “Puoi andare a dirglielo (inteso alla società ed al presidente Agnelli) – si legge nell’ordinanza del Gip – che noi ci ricordiamo tutto di quando lui, D’Angelo (security manager della Juventus, ndr) e Marotta (direttore generale della stessa società sportiva, ndr) hanno incontrato la famiglia Dominello (condannato a 7 anni e 9 mesi col 416 bis nel processo Alto Piemonte) a Napoli e che quindi per questo saremo noi a chiamare Report (la trasmissione televisiva che agli ultras bianconeri aveva già dedicato una puntata, ndr) così vi rompiamo il culo”. E ancora: “Ricordati che quelli che sono in carcere non vedono l’ora di confermare quello che noi diremo; poi vedete un po’ voi e vaglielo a dire”, così da costringere Alberto Pairetto, rivedendo la decisione della Juventus, a procurare per il gruppo ultras dei Drughi 130 biglietti anziché 50, senza però successo a causa del rifiuto da parte della società Juventus. Insomma non proprio un bell’ambientino. Agnelli disse di non aver mai incontrato Dominello da solo (in effetti è vero, c’erano anche Marotta e D’Angelo).

Ci saranno gravi conseguenze

«Ci saranno delle gravi conseguenze, non nel senso di gambizzazioni, ma ci rimetterà tutto l’ambiente». Parola di Salvatore Cava, “colonnello” e portavoce di Geraldo Mocciola, storico leader del gruppo ultrà juventino dei “Drughi”, già condannato per rapina e omicidio. Parole pronunciate alle del 21 giugno 2018, all’Allianz Stadium. Dall’altro capo del telefono c’è il dirigente della Juventus . Pairetto figlio dicevamo, dirigente juventino che aveva bloccato la fornitura gratuita di 25 biglietti.

Biglietti aggiuntivi oltre a quelli loro già garantiti per le partite Manchester-Juventus e Young Boys-Juventus. “Può capitare qualcosa di negativo” (ci fu un lancio di fumogeni a Berna, nella partita contro lo Young Boys).

“Veniamo anche senza biglietto” Scarano dice a Pairetto. “Ti creiamo problemi laggiù. E poi vedremo”. Sono passaggi riportati dal Gip Rosanna Croce nell’ordinanza che ha portato all’arresto di dodici capi dei principali gruppi organizzati della tifoseria juventina. Insomma ricatti.

I vecchi metodi

I “vecchi metodi” ai quali gli ultras arrestati minacciavano di tornare erano la “prevaricazione sugli altri tifosi in curva e svariate azioni intimidatorie, fuori e dentro lo stadio – scrive il Gip Croce del Tribunale di Torino – con affissione in luoghi visibili, come cavalcavia e muri, di scritte oltraggiose e discriminatorie, sciopero del tifo, contestazioni alla squadra, intonazioni di cori discriminatori e denigratori, che comportavamo la chiusura della curva Sud per due giornate (di cui una in sospensiva) e l’irrogazione di multe alla società”. In questo modo “costringevano la Juventus s.p.a. – si legge nell’ordinanza – nella persona dello ‘Slo’ (responsabile della tifoseria, ndr) Pairetto, a concedere, quali agevolazioni non dovute, la possibilità di avere, fuori dai circuiti di vendita ufficiale, 25 abbonamenti, a pagamento, ai cd. ‘striscionisti’, (agevolazione rifiutata dai Drughi ed accettata daTradizione e Nucleo 1985) e, per le partite fuori casa e nelle competizioni di Uefa, a pagamento, circa 300 biglietti per tutti i gruppi, biglietti poi rivenduti a prezzi maggiorati rispetto alla tariffa ufficiale e, per i Drughi, cessione condizionata alla sottoscrizione della tessera dei Drughi, così procurandosi un ingiusto profitto con danno alla Juventus”

Nell’ordinanza è scritto quel che tutti sanno e che ormai sembra accettato da tutti. E cioè che i tifosi che potremmo definire normali, non ultras, in Curva Sud venivano costretti dai capi ultras a non intonare cori e slogan e a seguire le loro direttive su come incitare o meno la squadra. Era l’obiettivo dello sciopero del tifo.

Il bagarinaggio degli ultras

“Presidente e capi dei Drughi – scrive il giudice Croce – cedevano o comunque trasferivano a terzi, a prezzo maggiorato, rispetto a quello da loro pagato, ed alla condizione di avere o sottoscrivere la tessera dei Drughi, una quota variabile (generalmente 120) di biglietti, per le partite di trasferta e le competizioni internazionali della società Juventus, illegittimamente ottenuti dalla società Juventus, in modo da ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa”. E poi: “Toia e Fasoli, quali capi dei gruppi Tradizione e Nucleo 1985 – si legge ancora – cedevano o comunque trasferivano a terzi, la cd. ‘riserva’, vale a dire la possibilità di accedere allo stadio in occasione di una o più partite, in virtù del titolo loro fornito dall’avere a disposizione 25 abbonamenti, per ciascuno, illegittimamente ottenuti dalla società Juventus per i cd. striscionisti, in modo da ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa”.

La soggezione della Juventus

La condizione di soggezione della Juventus s.p.a. al ricatto dei propri tifosi si comprende bene alla luce delle dichiarazioni rese da Alessandro D’Angelo, security manager della società agli inquirenti: “… i gruppi erano in condizione di procurare gravi danni alla società con comportamenti quali cori a sfondo razzista e cose simili – è riportato nell’ordinanza – dai quali sarebbero potuti derivare danni seri alla società medesima, d’immagine ed economici. Allora proposi di venire incontro ai gruppi con dei biglietti per la preoccupazione di evitare quei danni…” Dice ancora D’Angelo: “Venne fuori la possibilità in determinate occasioni di fare questo: pur rendendomi conto dell’irregolarità amministrativa di quel che facevamo, ma ritenendo di agire per garantire l’ordine, rappresentai a Dominello (Rocco, condannato con la citata sentenza per 416 bis c.p., ndr), che se i gruppi avessero avuto delle necessità potevamo cercare di far acquistare loro dei biglietti. Si valutava la loro richiesta numerica, e la loro richiesta a quel punto divenne sistematica ed era sempre numericamente altissima, mediavamo, cercando di fargliene avere di meno e gestivamo in tal modo la situazione”.

Per garantire una partita sicura, dunque, bisognava scendere a compromessi. “Cedevo quanto ai biglietti – racconta il dirigente – sapendo bene che facevano business. Ho fatto questo perché ho ritenuto che la mediazione con il tifo organizzato, nell’ambito del quale mi erano note aggressioni anche con armi, minacce ed altro, fosse comunque una soluzione buona per tutti. La gente avrebbe avuto uno stadio sicuro, i biglietti non erano regalati ma venduti, mi è sempre dispiaciuto che ciò sottraesse disponibilità di acquisto di biglietti al pubblico e non ho avido mai il coraggio personale di trovare altre soluzioni per fronteggiare i tifosi di quel genere”.

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