Repubblica racconta del Coni che rifiuta sdegnosamente i soli 12 biglietti omaggio messi a disposizione dal Governo. C’era una volta il red carpet dell’Olimpico
Fermi tutti, andare a pagina 31 di Repubblica: è raccontata l’Italia (a firma Matteo Pinci). Non l’Italia che va, per dirla alla Ron. L’Italia che scrocca. O comunque l’Italia dei privilegi atavici. L’Italia che esibisce l’appartenenza a una élite. L’Italia che considera un affronto dover mettere mano al portafogli e spendere per acquistare un biglietto. Che volgarità.
Nello scontro tra quella che fu la maggioranza di governo (Lega e Cinque Stelle), che ha firmato la rivoluzione politica dello sport che ha inquietato il Coni – di fatto svuotato delle proprie competenze – ma anche il Cio, e Malagò, è finita anche la gestione dei biglietti omaggio per lo stadio Olimpico. Addio vacche grasse (almeno per il Coni): avete dodici biglietti omaggio, fatevelo bastare. L’unica cosa non chiara – e non è un dettaglio – è ora chi gestirà e a chi finiranno i biglietti omaggio. Facciamo fatica a credere che cambi la pratica. Cambiano solo i privilegiati.
L’articolo di Repubblica andrebbe letto nelle scuole. Ci sono passaggi sublimi:
La tribuna che decretava l’appartenenza a un’élite, incredibilmente vuota.
Da quando esiste il derby di Roma all’Olimpico non è importante vincere o perdere: è importante esserci.
Per questo faceva effetto ieri, nel primo derby romano dopo la riforma del seggiolino vip,
vedere quelle ambitissime poltroncine colorate della tribuna Coni per la prima volta desolate.
All’ombra della celebrazione postuma dell’ultrà pregiudicato Diabolik esibita dal tifo laziale, niente attori, niente deputati né senatori a ostentare il proprio status sociale, nemmeno un amico degli amici.
L’Italia è tutta così, è una Repubblica fondata sullo scrocco e sul principio: “se paghi, non sei nessuno”.
L’ultima citazione dall’articolo di Pinci:
Biglietti che significano potere per chi amministra, se imprenditori e affini erano pronti a scambiare gli ingressi vip con favori come hanno documentato le intercettazioni dell’inchiesta su Tor di Valle. Al Coni, che fino a oggi ha avuto il potere di gestire la tribuna Autorità, hanno lasciato la miseria di 12 posti: un’umiliazione rigettata con il rifiuto di ritirarli e con l’assenza quasi ostentata dello stesso Malagò. Non l’unico. C’erano una volta le file del giovedì pomeriggio davanti agli uffici del Coni per ritirare il tagliando e assicurarsi una poltronissima in favore di fotografi.