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Il turn over logora solo se non vinci (la prevedibile critica del giorno dopo)

Dopo la sconfitta interna col Cagliari è ripartito il solito copione peraltro anticipato in tempi non sospetti da Ancelotti (comprese le critiche sul suo essere troppo carota e poco bastone)

Il turn over logora solo se non vinci (la prevedibile critica del giorno dopo)

Il potere logora chi non lo ha, diceva il divo Giulio. Più prosaicamente, il turn over logora solo se non vinci. Oppure, probabilmente più correttamente, il turn over è un commutatore: se lo applichi e vinci, sei un genio; se lo applichi e perdi, finisci sotto processo. Lo stesso turn over. Pari pari. Cambi otto uomini a Lecce dopo aver battuto il Liverpool campione d’Europa, e nessuno batte ciglio anzi ti esaltano perché vinci 4-1, perché hai una rosa di titolari, perché stai creando una squadra intercambiabile. Diventi l’allenatore che sta trasformando il Napoli. Interviste, microfoni, riflettori. Tre giorni dopo, cambi ancora otto uomini ma perdi in casa contro il Cagliari. E allora la rotazione diventa eccessiva, non dai certezze alla squadra, non capisci che i calciatori hanno bisogno di continuità. Li disorienti. Ma come? Un allenatore così esperto non conosce l’abc del calcio?

È il risultatismo di cui ha parlato Ancelotti mercoledì sera a Sky in uno scambio vivace con Marocchi. Ancelotti aveva appena perso in casa una partita incredibile, Marocchi gli ha detto che il Napoli ha giocato al ritmo di un’amichevole di Dimaro e a Carlo sono girate. Comprensibile. Umano. Ci sta. Ed è stato importante che poi Insigne, il capitano, sia andato a Sky a tenere il punto, a difendere il Napoli.

Non pensiamo che il risultatismo sia un problema, anzi. Pensiamo, chi scrive lo pensa, che il risultatismo sia la base dello sport. In cuor nostro siamo convinti che lo sia anche per Ancelotti (la diamo per buona fino a smentita ufficiale). Detto ciò, è francamente assurdo crocifiggere il tecnico per lo stesso turn over praticato tre giorni prima. O si è favorevoli o si è contrari. In questo caso non è il risultato a poter fare la differenza. È risibile.

Poi, tornando alla partita e al post-partita, condividiamo gran parte dei commenti di Ancelotti. Ha ragione quando ricorda che il calcio è pieno di partite finite così. Non è certo un’eccezione quella giocata dal Napoli contro il Cagliari. Hai il controllo del match, giochi un tempo a una porta sola e poi prendi gol al novantesimo in contropiede. È il sale del pallone. O comunque lo era una volta. Quando non ci si vergognava di chiudersi se l’avversario era più forte. Un calcio che Ancelotti non ha mai totalmente disconosciuto. È sempre stata ed è la sua forza. Coniugare il calcio contemporaneo con il calcio in cui lui è cresciuto. È un innovatore con radici nel passato.

Il Napoli avrebbe meritato la vittoria. Ma è altrettanto vero che se non hai vinto, vuol dire che qualcosa hai sbagliato. Ma sono aspetti che possono conoscere Ancelotti, lo staff e la squadra. A babbo morto è facile dire che non si doveva giocare con i piccoletti. Ma i piccoletti hanno messo in difficoltà e battuto il Liverpool. Il Liverpool non il Cesena. Ora sta prendendo piede il dibattito su Lozano. Prevedibile.

In realtà è tutto prevedibile. Non lo era la sconfitta interna col Cagliari. Tutto quel che ne consegue, purtroppo lo è. Compresa qualche voce su un eccessivo permissivismo di Ancelotti. Un altro classico del calcio: quando si perde, la colpa è dell’allenatore che non frusta il gruppo. L’allenatore del Napoli lo disse in tempi non sospetti: l’anno scorso, in uno dei suoi interventi pubblici, raccontò che durante i periodi negativi i presidenti lo accusavano di essere troppo docile con il gruppo. Adesso non sappiamo se sia il caso di De Laurentiis, di certo in giro abbiamo letto commenti di questo tenore. “Non è Antonio Conte”. “Napoli non è piazza per leader calmi”. Lo stesso che dieci giorni fa ha condotto il Napoli alla vittoria sui campioni d’Europa.

Il copione è il solito. Ahinoi. Il modo di interpretare e commentare il calcio è sempre lo stesso. Poi, nel chiuso di Castel Volturno, Ancelotti e la squadra avranno analizzato la partita. Che non è stata la partita perfetta. E loro ovviamente ne sono consapevoli, nonostante avessero meriato la vittoria. Ma non è certo la fine del mondo. Né della stagione. Siamo al 26 settembre. E si sono giocate cinque giornate di campionato e una di Champions. Come disse Ancelotti dopo il Liverpool: “Dobbiamo mettere la maglia di lana e poi togliere la maglia di lana”. Deve venire l’inverno e poi la primavera. È lunga, molto lunga. Lui lo sa bene.

 

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