L’analisi tattica – Con Allan e Koulibaly lontani dalle miglior condizioni, il calcio verticale e ambizioso non regge a questi livelli. L’autorete di Koulibaly rende merito alla prima ora della squadra di Sarri
La superiorità della Juventus
Il Napoli torna da Torino con un risultato negativo, ha dato la sensazione di essere inferiore alla Juventus per larghi tratti della partita, e per la prima volta dopo molto tempo ha mostrato lacune difensive evidenti in situazioni di gioco dinamiche. Allo stesso modo, però, la squadra di Ancelotti ha evidenziato una qualità offensiva debordante e una maggiore varietà di soluzioni per cambiare la partita. Ha disposizione nuovi e altri giocatori che impattano tecnicamente ed emotivamente sulla squadra. Sul suo modo di stare in campo.
Iniziamo dalle noti dolenti per Ancelotti: fino al terzo gol della Juventus, il suo Napoli non ha retto l’urto. Semplicemente, è stato battuto dalla Juventus. In ogni aspetto del gioco. Dal punto di vista tattico, Sarri&Martusciello hanno capito come penetrare le linee del Napoli: reparti raccolti e tanti passaggi nella propria metà campo, contro un avversario lungo e troppo ampio in campo, ma che ha continuato a orientarsi sulla palla; il Napoli si è quindi più volte sfilacciato, così i giocatori più forti della Juventus hanno trovato gli spazi per andare dietro le linee di difesa e centrocampo.
Dal punto di vista delle posizioni, sia i bianconeri che gli azzurri hanno optato per un 4-4-2 scolastico in fase difensiva, e per un modulo più fluido in fase offensiva. Solo che, come detto, la Juventus ha scelto di rimanere più corta e ha cercato tanti scambi ravvicinati fin dalla propria area; il Napoli, invece, ha cercato di essere più largo e più lungo in campo, come visto anche a Firenze. I dati che supportano questa lettura: nel primo tempo, la Juventus ha effettuato 237 passaggi nei primi due/terzi di campo; il Napoli si è fermato a 210. Nell’ultimo terzo la proporzione si ribalta, con il Napoli che ha effettuato 68 passaggi contro i 54 della Juventus. Sotto, ci sono campetti posizionali che chiariscono il concetto.
Il Napoli è più largo e decisamente più lungo e più largo della Juventus. In fase di costruzione, Di Lorenzo è rimasto quasi sempre dietro, per coprire preventivamente sulla transizione dal lato di Ronaldo. Rispetto al 2-4-4 di Firenze, il Napoli ha giocato in avanti con un 3-2-5, con Ghoulam e Callejón nel ruolo di esterni offensivi.
È qui che il Napoli ha perso la (prima) partita tattica contro la Juventus: se vuoi tenere un assetto lungo e ampio per esaltare le qualità dei tuoi uomini offensivi, devi difendere meglio. Nelle letture di squadra e nei duelli individuali. Il primo gol nasce da un’ingenuità, è una ripartenza subita da palla inattiva, non è tattico; il secondo e il terzo, però, si originano da chiusure superficiali agevolate da spazi ampi, spazi concessi perché la squadra non è rientrata bene, cioè non è rientrata in tempo. Koulibaly è troppo lontano da Higuaín che a sua volta è fenomenale nello stop e nel tiro; sul terzo gol, il Napoli perde palla in uscita, gli uomini offensivi sono troppo avanzati, non riescono a rinculare e mandano in tilt sia Koulibaly che Mario Rui in marcatura su Ronaldo.
Il secondo gol della Juventus: nel primo frame, gli spazi liberi lasciati dal Napoli evidenziati dai cerchi rossi; nel quadrato bianco, Allan in ritardo nel rientro difensivo; nel secondo frame, stesso principio e stessa messa in evidenza di spazi liberi ed errata posizione di Allan. Inoltre, Koulibaly si fa bruciare da Higuaín perché fa fatica ad accorciare subito. Il gol dell’attaccante argentino, però, è davvero fantastico.
È un discorso che riguarda anche, se non soprattutto, le qualità della Juventus: solo i bianconeri e (forse) l’Inter hanno una rosa al livello di quella di Ancelotti. Anzi, quella di Sarri è superiore, dal punto di vista fisico e tecnico. Fin quando i bianconeri hanno avuto l’energia per pressare e inibire il gioco del Napoli, non c’è stata partita. Il Napoli, poi, è come se si fosse consegnato alla Juventus mantenendo un atteggiamento non (ancora?) sostenibile date le condizioni approssimative di Allan e Koulibaly. Il loro ritardo fisico rende ad oggi impraticabile un sistema difensivo aggressivo, quindi un baricentro alto mantenendo la squadra corta.
La seconda partita
Poco dopo l’inizio del secondo tempo, Ancelotti ha cambiato e sistemato il Napoli. La Juve ha segnato il terzo gol e poi è crollata. Letteralmente. Due dei tre gol del Napoli sono arrivati su palla inattiva, ma la squadra azzurra ha tenuto meglio il campo, in tutte le fasi di gioco. Una veloce lettura dei dati statistici: 9 tiri contro 6 della Juventus; addirittura 297 passaggi contro i 179 della Juventus; 7 duelli aerei vinti contro 2.
Differenze di posizionamento tra primo e secondo tempo. Il Napoli è più stretto e compatto nella ripresa, un cambiamento positivo favorito dalle sostituzioni e dagli spostamenti di Ancelotti.
Dal punto di vista tattico, tutto si origina – come spiegato anche da Ancelotti nel postpartita – dall’inserimento di un secondo attaccante vero, pur con caratteristiche particolari (Lozano), e con lo spostamento di Zielinski a sinistra al posto di Insigne, con Fabían Ruiz centrale. Il 4-4-2 è diventato più compatto, perché Ruiz ha avuto più spazio per ricevere il pallone, ha trovato uno scarico più interno e quindi più ravvicinato su Zielinski, e perché gli spazi che lo spagnolo ex Betis non riusciva a attaccare da trequartista sono stati presi da Lozano.
Il Napoli si è accorciato e stretto sul campo (come si evince sopra), nel momento in cui la Juventus non ha avuto più la forza per applicare i suoi meccanismi di uscita. Nonostante ciò, la squadra di Sarri non ha rinunciato a rimanere alta e aggressiva, e quindi ha subito un gol a difesa schierata, e concesso due punizioni. Da cui sono nate altrettante reti.
Da qui parte l’azione del gol di Lozano. La Juve tiene la difesa altissima, ma un gioco a tre del Napoli con Allan (portatore di palla), Mario Rui (in posizione di esterno sinistro) e Zielinski (nel mezzo spazio sul centrosinistra) liberano il polacco dietro la linea a quattro di Sarri. Lozano, che parte dal cerchio di centrocampo, attacca la porta e si trova solo davanti a Szczęsny.
Il cambio di modulo del secondo tempo è stato in realtà un semplice cambio di uomini. Con Zielinski e Mario Rui, il Napoli ha mantenuto il 4-4-2 in fase difensiva, ma stato è più ordinato, meno spregiudicato. L’idea tattica di Ancelotti – quella per cui la sua squadra debba essere verticale, immediata in avanti, e debba creare le condizioni per giocare uno contro uno o due contro due sugli esterni – è ambiziosa e suggestiva, ma non praticabile con Callejón-Fabían-Insigne alle spalle di un attaccante. Almeno fino a quando le condizioni fisiche – e quindi tecniche e mentali – di Allan e Koulibaly non permetteranno di nuovo alla squadra di rimanere più alta in campo. Senza sfilacciarsi.
Il Napoli nel secondo tempo: in alto lo schieramento in fase di possesso palla, praticamente identico a quello del primo tempo; in basso, le posizioni medie in fase passiva: anche qui resta il 4-4-2 (il numero 12, Elmas, è entrato negli ultimi minuti).
Ma c’è solo una Juventus
Il progetto di Ancelotti è avanguardista, ma anche realista. Nasce da una valutazione semplice: il Napoli è nettamente superiore a 17 squadre di questa Serie A. Nelle individualità, e quindi nella somma del valore assoluto. Pensare e costruire un modello che sfrutti questa forza è una scelta fatta per a venire a capo di partite come quella di Firenze, un’eventualità che potrà/potrebbe verificarsi anche senza il supporto della miglior condizione fisica – e infatti al Franchi è andata proprio in questo modo. Per la Juventus e per la Champions, cominciando dal match contro il Liverpool, questo sistema è rischioso. Forse troppo, almeno in questo momento della stagione.
È giusto che il Napoli lo sperimenti anche in partite del genere, fa parte del processo di crescita di questa squadra, ma è vero pure che la qualità altrui può portare ad aumentare i rischi connaturati a questa scelta. Come si è visto proprio contro la Juventus. La squadra di Sarri è fuori scala per valori, e nel primo tempo ha praticato anche un ottimo calcio. E ha battuto meritatamente il Napoli. Ancelotti, però, parte dal presupposto che giocherà una sola volta ancora contro i bianconeri. E nel frattempo crede che la sua squadra possa essere cresciuta.
Il paradosso del Napoli
Il punto è proprio questo: il Napoli crescerà fisicamente e migliorerà nella fase difensiva, ma intanto viene via da Torino con la certezza di avere un’alternativa pronta. Anzi, già pronta. Inoltre, dato da non sottovalutare, questa squadra dovrà inserire due attaccanti centrali più classici rispetto a Mertens e Lozano. In partite come quella di ieri sera, Milik e Llorente possono essere decisivi sia con l’assetto visto nel primo tempo, sia con i cambiamenti fatti nella ripresa. Perciò, il dovere del tecnico è comprendere dove e come lavorare per migliorare la fase passiva, per rischiare di meno.
Il paradosso è che il Napoli non ha perso punti a Firenze nonostante abbia tenuto un atteggiamento molto ambizioso, a Torino ha leggermente corretto, anzi diluito, il suo assetto, ed è riuscito a rimontare contro una squadra fortissima – nonostante fosse sotto 0-3. Poi è arrivato l’autogol di Koulibaly, una beffa che però rende merito ai primi 60′ di gioco della squadra di Sarri. E che ricorda ad Ancelotti come ci sia molto da mettere a punto perché la sua squadra sia più efficace in tutte le zone del campo. Le parole del tecnico a fine gara, che si è detto deluso della prestazione dei suoi uomini, sono una garanzia: si lavorerà tanto per sistemare le cose. La base di partenza, a livello tecnico e mentale, è però di livello altissimo.