L’analisi tattica. Cambiano gli uomini (addirittura otto) e cambia il modo di attaccare. È il concetto di calcio liquido. Il Napoli è oggi una squadra che può variare – e varia – nella forma e nella sostanza
Il doppio Napoli
Lecce-Napoli è un’occasione per ampliare la spiegazione sul modo di intendere il calcio di Carlo Ancelotti. La squadra azzurra si è presentata al via del Mare con 8 novità di formazione rispetto al match contro il Liverpool, e il discorso non può che partire da qui. Perché il Napoli è (diventato) una squadra per cui gli uomini scelti per giocare le partite dall’inizio influenzano, anzi determinano, la disposizione e quindi il modo di attaccare. È la definizione del calcio liquido che ha in testa Ancelotti, ormai cristallizzato nell’applicazione rigida del 4-4-2 in fase difensiva e sempre più manipolatore quando la sua squadra deve costruire la manovra offensiva. Il Napoli di Ancelotti è un doppio Napoli, viene da dire. Per questa sua particolarità tattica, e per l’ampio ricorso al turn over.
Tutte le scelte fatte ieri a Lecce sono concatenate, interdipendenti tra loro: la coppia Malcuit-Fabián Ruiz ha creato una particolare dinamica sulla destra; il triangolo Ghoulam-Elmas-Insigne ha agito secondo schemi e movimenti completamente diversi sul lato opposto; Llorente in avanti ha dato una certa libertà associativa a Milik, allo stesso tempo il polacco ha creato una connessione ripetuta con Zielinski (entrambi giocavano più sul centrodestra). Il risultato finale è stato un Napoli capace di attaccare in molti modi diversi, tra ampiezza e ricerca dei corridoi centrali. La differenza di qualità con il Lecce ha fatto la differenza, i giallorossi di Liverani non sono mai stati davvero in partita, hanno segnato su un episodio unico e non ripetuto, e le altre occasioni create sono arrivate con tiri da fuori e/o su palla inattiva.
Un altro modulo
Per gli amanti della lettura del calcio secondo lo schema a blocchi, il Napoli ha giocato a Lecce con un 2-5-3 in fase offensiva. Una scelta differente rispetto al match contro il Liverpool, perché (torniamo sopra) erano diversi gli interpreti scelti da Ancelotti. E perché erano diversi anche gli avversari, ovviamente. Lo schieramento visto al via del Mare era più simile a quello utilizzato contro la Sampdoria, ma abbiamo già accennato (nel paragrafo precedente) ad alcune peculiarità che riguardano solo il match di ieri.
Le posizioni medie dei giocatori del Napoli in fase offensiva
Ad esempio, la posizione di Fabián Ruiz: non ha giocato come esterno destro, se non in fase difensiva e quando ha realizzato il (bellissimo) gol dell’1-3. In realtà il suo compito era molto più articolato, spesso in fase di costruzione si è schierato accanto a Elmas e Zielinski, agendo praticamente da terzo centrocampista. Un modo per aprire il corridoio di destra per Malcuit, terzino con propensione estremamente offensiva – forse il francese si può definire addirittura più offensivo rispetto a Di Lorenzo.
La disposizione offensiva del Napoli in questo frame è perfettamente visibile: i due centrali restano dietro, quindi sono fuori inquadratura; anche Malcuit, larghissimo a destra, non viene catturato dalla telecamera; Fabían Ruiz viene a giocare come mezzala destra, mentre Ghoulam garantisce ampiezza a sinistra; in avanti, Milik e Insigne sono sulla stessa linea, nei mezzi spazi; Llorente agisce come pivot
In alcuni momenti della partita, questi concetti venivano addirittura esasperati, con l’andaluso che retrocedeva quasi all’altezza della linea difensiva per impostare il gioco dal basso. Non a caso, l’ex Betis risulta essere il giocatore del Napoli con il maggior numero di palloni giocati in tutta la partita – 98, come Koulibaly. Quando invece veniva cercato in posizione più avanzata, agiva in posizione di mezzala offensiva, nei mezzi spazi tra la fascia destra (presidiata da Malcuit) e la zona centrale. Sopra e sotto, un paio di frame esplicativi.
Fabían Ruiz arretra così tanto da portarsi quasi sulla linea di Maksimovic e Koulibaly per offrire uno scarico ravvicinato in costruzione bassa. In questo frame particolare, Elmas e Ghoulam sono entrambi molto larghi dall’altra parte.
Dall’altra parte, come detto, abbiamo assistito a una situazione diversa. Si è rivisto lo schema a tre uomini che ha fatto le fortune del Napoli di Sarri. Ghoulam e Insigne, in alcuni frangenti della partita, hanno trovato Elmas nella posizione che fu di Hamsik, praticamente da interno sinistro. Riecco quindi quei triangoli di gioco di posizione tra terzino, mezzala e regista offensivo laterale che permettono a Insigne di rendere al meglio, grazie alla sua capacità di leggere e attaccare i mezzi spazi, grazie alla qualità dei suoi controlli orientati col destro in quella particolare porzione di campo. Ma anche Ghoulam si è giovato di questo ritorno al passato: pur non possedendo ancora la brillantezza per proporsi di continuo sull’out, l’algerino è stato il terzo giocatore del Napoli per palloni giocati (93). Soprattutto, è stato il migliore della squadra di Ancelotti per passaggi chiave effettuati (4).
Dove nasce il gioco del Napoli
Nel grafico sopra, si nota come il Napoli sia diventata una squadra equilibrata nella geografia della costruzione del gioco. Il triangolo sulla sinistra, di cui abbiamo parlato sopra, ha “sbilanciato” la distribuzione spaziale di Lecce-Napoli, ma l’idea di Ancelotti è quella di creare una squadra molto varia nella proposta offensiva. Nei paragrafi precedenti, abbiamo usato spesso la definizione di mezzi spazi, ovvero quella porzione di terreno di gioco in cui hanno agito Fabían Ruiz e Insigne, tra fascia laterale e zona centrale. Anche Milik rientra in questo discorso: il polacco ama retrocedere per dialogare con i compagni, e l’ha fatto anche ieri a Lecce.
Operando come seconda punta nominale, quindi galleggiando tra attacco e trequarti campo, Milik ha creato spesso superiorità numerica proprio nei mezzi spazi, soprattutto a destra, dalla parte di Fabían Ruiz. E di Zielinski, che nel doble pivote è stato schierato (di nuovo) da quella parte. Anche questo non è un caso: Ancelotti ha voluto creare una connessione diretta tra i due polacchi, mentre Llorente è servito come apriscatole, in zona più avanzata, per muovere i centrali di Liverani – oltre che come predatore per palle sporche all’interno dell’area di rigore. Sotto, le heatmap di Milik e Zielinski.
In alto la mappa di Zielinski, in basso quella di Milik
Conclusioni
Il primo gol del Napoli nasce e si concretizza proprio da tutti questi concetti ricercati da Ancelotti. Zielinski imposta partendo dalla posizione di centrodestra; Fabian Ruiz taglia nello spazio di mezzo e restituisce il pallone al polacco; tocco in verticale per Milik, conclusione smorzata da un difensore del Lecce e poi ribadita in porta da Llorente. Tutto lineare, tutto pensato, tutto costruito sul campo da Ancelotti.
Come se Ancelotti avesse visto la partita con un po’ di anticipo
Le sperimentazioni che il tecnico emiliano porta avanti da un anno, si stanno materializzando davanti ai nostri occhi. La sua idea era quella di creare una squadra che, partendo da alcuni principi difensivi monolitici, interpretasse il gioco offensivo attraverso molteplici soluzioni. Parliamo di uomini, quindi di alternanza tra vari giocatori, ma anche di differenti contesti tattici. Il Napoli di oggi è una squadra non intellegibile, imprevedibile, che può variare – e varia – nella forma e nella sostanza. Che è stata costruita, sul mercato e sul campo di allenamento, per giocare come sta giocando.
Per segnare tanti gol (sono già 15 in cinque partite ufficiali in stagione), perché partisse da questa pericolosità offensiva e trovasse poi il miglior equilibrio in tutte le fasi di gioco, pur mantenendosi ambiziosa nella gestione del pallone e nel posizionamento della difesa. Un processo ancora in corso, che però sta procedendo bene: contro Sampdoria, Liverpool e Lecce il Napoli ha concesso un solo gol. Su calcio di rigore. Nelle stesse 3 partite, ha effettuato 11 cambi di formazione, mostrando un calcio sempre diverso, eppure ugualmente efficace.