Una gara di sopravvivenza a 31° e con il 75% di umidità ha fatto il vuoto anche sugli spalti. Le polemiche per la maratona più lenta di tutti i mondiali

Le condizioni climatiche penalizzano le donne della maratona. Su Repubblica i dati. Su 68 partite ci sono state 28 ritirate. In 30 sono finite al centro medico. Un’azzurra, Sara Dossena, è svenuta.
Tre etiopi hanno detto basta:
“Da noi in queste condizioni non si corre”.
Quali sono queste condizioni? Una maratona notturna a 31° e con il 75% di umidità.
A vincere “la maratona più lenta di tutti i mondiali”, come la definisce il quotidiano, è stata, in 2 ore, 32 minuti e 43 secondi, la keniana 23enne Chepngetich. La terza donna più veloce della storia si trasforma in vittima della lentezza e arriva boccheggiante al traguardo.
Ha vinto una gara in cui il 41% delle partecipanti si è ritirato. Una percentuale altissima. A Mosca 2013 i ritiri erano stati pari al 33%. A Pechino 2015 al 20%.
Scrive La Repubblica:
“Ha senso umiliare e svilire il livello tecnico di gare e atleti dopo la lunga fatica fatta dall’umanità sportiva per guadagnare secondi? I soldi sì, hanno senso. Quelli che servono per organizzare. Ma condannare lo sport a svenire, a uscire in carrozzella, a cercare di sopravvivere in condizioni estreme, significa violentarlo. Metterlo nelle peggiori condizioni. Così non è una vendita, ma una svendita”.
I problemi si avvertono anche tra il pubblico, come sottolinea la francese Kevin Mayer, primatista mondiale del decathlon:
“È una catastrofe. Non solo per il meteo, ma perché lo stadio è vuoto, qui non c’è passione per l’atletica, è triste gareggiare in queste condizioni”.