Analisi tattica di Napoli-Brescia. Nella ripresa, sofferenza più percepita che reale. Primo tempo dominato e una novità tattica che coinvolge anche Mertens
Il Napoli non cambia
Differentemente da quanto avvenuto finora in questa stagione, il Napoli che ha giocato contro il Brescia è stato una riedizione di quello visto contro il Cagliari. I cinque cambi di formazione rispetto alla partita contro i sardi (Ospina, Ghoulam, Fabián, Callejón e Llorente) non devono trarre in inganno: il Napoli ha giocato una partita tatticamente molto simile a quella di mercoledì. Per una volta, l’inserimento di uomini diversi non ha determinato il cambiamento dei meccanismi di gioco: difesa a tre in fase di costruzione; doble pivote con Allan e Fabián Ruiz; Callejón e Ghoulam esterni in ampiezza; Zielinski tra le linee sul centrosinistra, Mertens seconda punta e Llorente terminale offensivo. Ancelotti ha costruito una sorta di 3-4-3 in fase di possesso. In fase difensiva, gli azzurri hanno attuato l’ormai canonico 4-4-2.
Calcio d’inizio della ripresa. È evidente lo schema 3-2 del Napoli in fase di possesso, con Ghoulam e Callejón esterni di centrocampo.
Rispetto al Cagliari, però, il Brescia si prestava meglio a queste scelte di Ancelotti. La squadra di Corini è molto più ambiziosa in tutte le fasi di gioco, fin dai primissimi istanti ha provato ad aggredire l’impostazione dei centrali del Napoli e nel corso della partita ha solo ridotto l’intensità del pressing, senza rinunciare all’applicazione dei concetti. In fase difensiva, i tre attaccanti bresciani (Donnarumma, Balotelli e il trequartista Spalek) hanno sempre accorciato sui tre giocatori arretrati del Napoli, creando una condizione di parità numerica potenzialmente pericolosa. Nel primo tempo, i difensori di Ancelotti hanno gestito bene la situazione. Anzi, superata la prima linea di pressione, gli azzurri hanno trovato ampi spazi da sfruttare, soprattutto sul lato debole – inevitabile che si crei in un sistema difensivo orientato sulla palla come quello di Corini.
Il pressing ultraoffensivo del Brescia. In fase di impostazione bassa, i tre attaccanti di Corini accorciano subito verso i tre centrali del Napoli. I centrocampisti vanno in appoggio per cercare di creare situazione di parità numerica.
Il gol di Mertens nasce proprio da un cambio di gioco di Fabián Ruiz, perfetto nel trovare il classico inserimento di Callejón in una zona che non può essere coperta con efficacia da una squadra come il Brescia. La perfetta lettura dell’esterno spagnolo e la freddezza di Mertens hanno fatto il resto. Il fatto che la prima rete del Napoli nasca da un’azione così “tattica” è un’altra differenza rispetto alla partita contro il Cagliari.
Come scritto anche nella nostra analisi tattica del match contro i sardi, le scelte di Ancelotti si erano rivelate quasi subito inefficaci, troppo poco offensive, rispetto alla strategia iper-conservativa di Maran. Corini, invece, non ha cambiato l’identità del suo Brescia ed è stato letteralmente dominato nel primo tempo. I due gol del Napoli non sono casuali, piuttosto sono il frutto di una pressione costante ed efficace, che ha portato gli attaccanti azzurri a tentare 10 volte la conclusione verso la porta di Joronen. Di queste 10, 4 sono entrate nello specchio. All’intervallo, la squadra di Ancelotti contava due gol realizzati e uno annullato, più una grande parata di Joronen su un tiro di Llorente dall’interno dell’area.
Il gol di Mertens. Da un lato all’altro, due volte nella stessa azione. Un saggio breve su come sfruttare la creazione del lato debole
Dries Mertens rappresenta una delle novità viste in Napoli-Brescia. In questo caso, l’inserimento di un calciatore al posto di un altro (Llorente per Lozano) ha modificato l’assetto della squadra, i meccanismi di tattica individuale dell’attaccante belga. Mertens ha alternato i soliti spunti verticali alla ricerca della profondità con movimenti arretrati per legare attacco e centrocampo, come si evince dalla sua heatmap (sotto).
Predilezione per il centrodestra, ma movimenti continui a tutto campo per Dries Mertens
Anche i numeri confermano questa sensazione: oltre alle 4 conclusioni verso la porta di Joronen (la quota più alta del Napoli, la seconda tra tutti i calciatori in campo dopo quella di Balotelli, che ha tentato 7 volte il tiro a rete), Mertens ha servito 2 passaggi chiave su 47 palloni giocati e ha tentato 11 volte il cross dall’esterno. Soprattutto quest’ultimo dato è indicativo: la presenza di Llorente porta Mertens – ma anche gli altri compagni – a cercarlo con i palloni alti, cioè quelli che gli consentono di esprimersi al meglio. Il fatto che la seconda punta si allarghi sulla/e fascia/e per cercare il suo compagno di reparto è una novità rispetto agli ultimi anni, ma anche rispetto a quanto visto nelle partite precedenti. Il Napoli sta scoprendo questo nuovo modo di attaccare grazie all’arrivo del centravanti basco.
La sofferenza nel finale
Sopra abbiamo raccontato – tra le righe – quanto è avvenuto nei primi 45’ di gioco. Nella ripresa, c’è stata un’altra partita. Una partita alla pari tra due squadre stanche, solo che una si è ritrovata a giocare con una difesa improvvisata, mentre l’altra ha voluto/dovuto alzare i ritmi del proprio palleggio per provare a pareggiare. Ne è venuta fuori una sfida sfiancante dal punto di vista emotivo, ma che va analizzata in maniera oggettiva.
La sofferenza del Napoli è stata, appunto, solamente emotiva. Anzi, viene da dire: percepita, ma non reale. Infatti il Brescia ha tirato appena una volta in porta oltre il gol di Balotelli. Ospina è rimasto praticamente inoperoso. Gli altri 8 tentativi sono finiti sempre fuori dallo specchio e/o respinti dai difensori del Napoli. A queste cifre, va aggiunto un ulteriore distinguo: solo 4 occasioni sono arrivate da azioni manovrate. Tutte le altre conclusioni del Brescia sono scaturite da palla inattiva.
Per contestualizzare questi numeri rispetto alla sensazione di disagio e mancato controllo da parte del Napoli, basta riascoltare le parole di Ancelotti nel postpartita: «Nella ripresa non abbiamo giocato con la stessa lucidità, poi si sono infortunati i due centrali, abbiamo perso sicurezza, abbiamo optato per la palla lunga e non siamo più riusciti a costruire da dietro». È un’analisi lucida, perfettamente coerente con quanto avvenuto in campo: nei secondi 45′, il Brescia ha effettuato più passaggi del Napoli, 202 contro 170; anche la percentuale di possesso palla è stata favorevole agli ospiti (57%-43%) Ovviamente si è trattato di un problema, la squadra di Ancelotti ha valori tecnici decisamente superiori a quella di Corini, non avrebbe dovuto concedere questo predominio nel possesso. Ma è vero anche che Ospina non ha dovuto fronteggiare pericoli reali oltre il gol di Balotelli.
Negli ultimi minuti, il Napoli si schiera con 5 centrocampisti in fase difensiva. Mertens agisce come unico portatore del pressing sui centrali avversari. Allan è fuori inquadratura perché è schierato leggermente più indietro, centralmente davanti alla difesa.
Ancelotti ha ammesso di essere corso ai ripari con i cambi: «Llorente era stanco e ho inserito un centrocampista in più per provare ad avere una gestione migliore in fase di possesso». È la seconda parte della riflessione precedente: il Napoli ha dovuto far fronte a problemi di costruzione del gioco, in prima battuta (a un certo punto del match i centrali erano diventati Di Lorenzo e Luperto) come nella ricezione da parte dei centrocampisti. Per cercare di aggirare queste difficoltà, Ancelotti ha inserito Elmas e ha rinunciato al 4-4-2 in fase difensiva, ripiegando sul 4-5-1. Il Napoli si è ricompattato e ha recuperato precisione negli appoggi (84% contro l’80% del Brescia negli ultimi 20 minuti di partita), limitando le azioni avversarie a dei calci d’angolo senza conseguenze.
Conclusioni
I segnali positivi di Napoli-Brescia riguardano la capacità, da parte della squadra di Ancelotti, di interpretare spartiti diversi nell’arco dei 90′. Nel primo tempo, gli azzurri hanno mostrato una buona qualità offensiva e non hanno sofferto il gioco ambizioso del Brescia; nella seconda frazione c’è stata una reazione adattiva alle avversità, una novità per questa squadra – che infatti Ancelotti ha prontamente evidenziato nel postpartita. Certo, restano negli occhi le difficoltà a costruire gioco per tutta la seconda parte della ripresa, un aspetto su cui Ancelotti dovrà lavorare.
Il Napoli è (ancora) una squadra che tiene bene le distanze quando riesce a gestire il pallone, quando può usare il possesso come arma di contenimento. Quando questo non gli riesce, cadono alcune certezze, diminuiscono le sicurezze e vengono fuori scompensi evidenti. Che contro il Brescia non hanno tolto punti, ma che la squadra di Ancelotti deve imparare a evitare in vista degli altri impegni della stagione. Il Napoli dovrà affrontare squadre ugualmente ambiziose nel gioco, ma anche molto più forti di quella di Corini nelle individualità e quindi nel valore assoluto.