L’analisi tattica. La mancanza di ampiezza, l’imbuto al centro del Cagliari, scelte iniziali troppo conservative. Avrebbe meritato almeno il pari, ma è finita con 30 tiri in porta e solo 5 nello specchio
Prestazione, errori, risultato
In questo nostro spazio, cerchiamo di interpretare razionalmente ciò che succede su un campo di calcio. Il risultato finale di Napoli-Cagliari non rientra a pieno titolo in questa categoria di eventi, perché rispecchia troppo poco l’andamento della partita, soprattutto per quanto riguarda il secondo tempo. In ogni caso, però, c’è da fare un distinguo: la vittoria del Cagliari sfugge alla logica e alla linearità di questi nostri articoli, ma appartiene all’imponderabile che caratterizza (e rende appassionante) il calcio; la mancata vittoria del Napoli, invece, è dipesa da alcuni errori della squadra azzurra, non solo da episodi sfortunati. Insomma, da qui in poi analizziamo la prestazione della squadra di Ancelotti, che val bene considerare meritevole almeno di un pareggio. Ma resta una prestazione negativa. Per tanti motivi.
Il primo riguarda le scelte di Ancelotti, che fin dai primi minuti ci sono apparse troppo conservative rispetto al valore e all’atteggiamento del Cagliari. Il tecnico del Napoli ha riproposto la stessa formazione che ha battuto il Liverpool, solo inserendo Maksimovic al posto di Koulibaly e Zielinski per Fabían Ruiz. La partita immaginata da Ancelotti non era differente da quella contro i Reds: stesso meccanismo di costruzione a tre difensori, con Di Lorenzo-Manolas-Maksimovic; doble pivote classico, con Allan e Zielinski; Callejón e Mario Rui larghissimi sulle fasce; Insigne a svariare sul centrosinistra della zona offensiva, con Mertens e Lozano ad alternare movimenti orizzontali e verticali per “muovere” la difesa avversaria. Una strategia che si è rivelata non funzionale contro una squadra che, differentemente dal Liverpool, ha difeso rimanendo stretta e compatta al centro.
Fin dai primissimi minuti, il Napoli si dispone con il 3-2 in fase di costruzione. Di Lorenzo, Manolas e Maksimovic compongono il terzetto arretrato; davanti a loro, Zielinski e Allan. Mario Rui e Callejón sono larghissimi sulle fasce.
Maran ha deciso di organizzare un pressing reale solo nei corridoi interni, concedendo l’esterno al Napoli. Con lo schieramento 3-2 in fase di costruzione, il Napoli si è ritrovato a muovere un solo uomo sulle fasce, rendendo più agevoli le marcature e le scalate. La scelta di schierare due calciatori molto dinamici come Nandez e Ionita nel ruolo di mezzali ha permesso al Cagliari di non soffrire mai scompensi, sia al centro che nelle zone laterali. Non a caso, le uniche due azioni pericolose del Napoli nel primo tempo sono arrivate da situazioni estemporanee: un recupero palla che ha trovato subito Lozano in verticale; un’azione di Mertens sulla destra, una posizione del tutto anomala per l’attaccante belga, seguita da un’imbucata per Insigne che tagliava dall’altra parte del campo.
Lo schieramento difensivo del Cagliari. In alto, il posizionamento medio dei sardi nel primo e nel secondo tempo. Sotto, un frame della partita. Si noti come le fasce laterali siano presidiate solo dai terzini, mentre le due mezzali vengono a chiudere i corridoi nella zona centrale del campo.
Il resto del gioco offensivo della squadra di Ancelotti si è esaurito nella ricerca continua di combinazioni centrali tra Insigne, Mertens e Lozano. Una situazione che il Cagliari leggeva con facilità, data la sua densità difensiva proprio in quella zona di campo. All’intervallo, i tiri verso la porta di Olsen sono solo 7.
Oltre il luogo comune
Più che l’assenza di una o più punte avanzate, il Napoli dei primi 45′ di gioco ha sofferto la scarsa capacità di costruire manovre offensive fluide. Certo, la presenza di Llorente o Milik avrebbe modificato il modo di attaccare della squadra di Ancelotti, ma non avremo mai la controprova rispetto all’efficacia di questa scelta. Statisticamente, invece, è evidente come un avversario più accorto sia riuscito a bloccare le iniziative della stessa squadra – per meccanismi – che aveva tenuto testa al Liverpool.
I numeri riferiti all’inizio del secondo tempo confermano questa tesi. Il Napoli non inserisce da subito un attaccante, Llorente infatti entra al 66esimo minuto. Prima dell’ingresso in campo dello spagnolo, la squadra di Ancelotti ha già tentato 9 volte la conclusione verso la porta di Olsen. Cosa è cambiato? Semplicemente, il Napoli è tornato in campo dopo l’intervallo e si è schierato in un altro modo, alzando e allargando Di Lorenzo fin dalla prima fase di costruzione. La difesa a tre a inizio azione si compone ugualmente con Allan, ma ora il Napoli è più ampio sul campo da gioco, in quanto aggiunge un elemento sulla corsia destra, creando delle coppie più ravvicinate con chi occupa i mezzi spazi. Proprio la zona di campo che il Cagliari non riesce a difendere bene, a causa della sua impostazione iniziale.
Com’è cambiato il Napoli tra primo e secondo tempo. In alto, le posizioni medie nelle due frazioni di gioco. Sopra, un frame della ripresa: Allan scala nella posizione di terzo centrale in fase di costruzione, Mario Rui continua a garantire ampiezza sulla fascia sinistra e Di Lorenzo si alza sulla corsia opposta. Il terzino ex Empoli non è inquadrato proprio perché è già più avanzato, sulla linea dei centrocampisti.
L’assenza della punta di peso è quindi un luogo comune da sfatare: il Napoli della ripresa è una squadra che costruisce tanto e colpisce due pali esterni. È una squadra che meriterebbe il vantaggio. Poi entrano Milik e Llorente, e la pressione aumenta: dal 66esimo al gol di Castro (87esimo minuto), gli azzurri tirano altre 9 volte verso la porta di Olsen, più altre 6 nei minuti di recupero. Il dato sulla precisione di queste conclusioni, però, è desolante: nessuna nello specchio della porta, 9 ribattute da difensori del Cagliari. Al 90esimo minuto, i tiri totali della squadra di Ancelotti saranno 30. Solo 5 di queste sono state dirette nello specchio della porta.
Cosa resta di Napoli-Cagliari
Come detto in apertura, abbiamo impostato questa analisi sul tentativo di razionalizzare una partita dallo sviluppo (molto, troppo) particolare. Nel nostro piccolo, abbiamo individuato alcuni problemi. Partendo da questa ricognizione, si è letto tra le righe, imputiamo ad Ancelotti la scelta di uno schieramento iniziale troppo attendista, e la mancata attuazione di contromisure già dopo le prime avvisaglie di spazi (centrali) chiusi da parte del Cagliari.
Lo spostamento Allan-Di Lorenzo sarebbe stata un’ipotesi percorribile già nel primo tempo, senza cambi. Certo, la sostituzione Koulibaly-Maksimovic ha reso più efficace questa scelta, perché le qualità fisiche e tecniche del senegalese permettono al Napoli di essere più ambizioso in fase passiva, di rischiare di più. Ma il Cagliari è apparso fin da subito orientato solo a difendersi, l’unica arma usata per risalire il campo era poggiarsi su João Pedro. Una volta prese le misure al brasiliano, e questo è avvenuto dopo pochi minuti di gioco, la squadra di Maran non è mai stata pericolosa. Quindi il Napoli avrebbe potuto provare ad alzare i ritmi già durante il primo tempo.
Il gol finale di Castro sfugge a ogni tipo di analisi tattica, nel senso che va letto in riferimento al momento particolare della partita. Il Napoli era sbilanciato in avanti perché aveva inserito due punte che non danno apporto in fase di non possesso, aveva in campo anche Mertens. E stava cercando un assalto ormai disordinato alla difesa della squadra di Maran. In una prateria, una buona combinazione sulla destra conclusa con un bel cross di Nandez e l’inserimento di Castro hanno determinato un risultato clamoroso e forse eccessivo, ma di certo non imputabile solo alla sfortuna. Il Napoli e Ancelotti non metteranno in discussione il proprio progetto tecnico-tattico dopo questa partita, anche perché la componente episodica di questa serata non può essere ignorata. Resta, però, l’amaro in bocca per una sconfitta bruciante in un momento della stagione in cui gli azzurri avevano trovato delle certezze importanti.