Conversazione con lo staff atletico: «I dati non mentono: loro sono calati nel finale, noi abbiamo accelerato. È frutto di un metodo basato sul rispetto dell’individuo e sui principi base della fisiologia. Il riposo è più importante del lavoro». Creata una app per dialogare direttamente con i calciatori
Il Napoli ha battuto il Liverpool per 2-0. È il risultato che tutti conosciamo. Quel che nessuno sa, è che il Napoli ha battuto la squadra di Klopp in tante altre microsfide che sono alla base della prestazione di una squadra. Gli uomini di Ancelotti hanno vinto per qualità e quantità di accelerazioni, nei dati di altissima intensità, per potenza metabolica (su cui ci soffermeremo tra poco) e qualche altro valore in cui non ci addentriamo. Il Napoli ha superato sul piano atletico quella che può essere considerata una delle squadre più performanti – per non dire la più performante – del calcio europeo, e quindi mondiale. E, soprattutto, ha terminato la partita in crescendo, al contrario dei reds che hanno accusato una flessione. «Sia chiaro – precisa Francesco Mauri, alla guida dello staff atletico del Napoli – che il momento di rendimento più basso del Liverpool coincide col picco medio più alto della Serie A».
Il confronto con la Serie A
Basta dare uno sguardo all’indice di efficienza fisica del Napoli nella partita di martedì sera e soprattutto al confronto con valore medio della Serie A nell’arco di una partita (vedi grafico). È impressionante. Per ragioni di privacy, non possiamo riportare anche il tracciato del Liverpool che si interseca spesso con quello del Napoli, come se fosse un duello tra Hamilton e Leclerc. Con il Napoli netto vincitore nel finale. È interessante notare come, mediamente, in Serie A, le prestazioni delle squadre calano nell’ultimo quarto d’ora. Anche in maniera drastica. Il Napoli, invece, nell’ultimo quarto d’ora contro il Liverpool ha avuto un’impennata raggiungendo quasi il miglior periodo atletico della partita. «Non a caso, lo scorso anno siamo stati la squadra che che in Serie A ha segnato più gol nell’ultimo quarto d’ora».
I muscoli e le performance atletiche dei calciatori del Napoli sono nelle mani di un staff di trentenni che da oltre un anno hanno stabilito a Castel Volturno il loro quartier generale. Francesco Mauri appunto, Luca Carlo Guerra, Manuel Morabito. Completano lo staff Francesco Cacciapuoti, preparatore atletico che si è aggiunto quest’anno, focalizzato sulla prevenzione e la gestione degli infortuni, e Mino Fulco, nutrizionista, che si occupa delle analisi e delle strategia di recupero. Uno staff tra i più giovani d’Italia e non solo.
Il Napolista li intervistò qualche mese fa. Fu una conversazione profondamente istruttiva, in cui sviscerammo il loro metodo di lavoro e i concetti di alta intensità (ossia quando il calciatore supera la velocità di 14 km/h) e altissima intensità (superiore ai 25 km/h) che sono fondamentali nel calcio di oggi. Così come le accelerazioni. La misurazione della performance di un calciatore è oggi basata sulle accelerazioni. È per produrre accelerazioni che i calciatori compiono il loro massimo sforzo.
Partiremo da quella base per la seconda conversazione. Che arriva all’indomani della straordinaria performance in Champions. Una lunga e interessante chiacchierata, cui partecipa tutto lo stato maggiore del Napoli: da Carlo Ancelotti a Cristiano Giuntoli, a Davide Ancelotti.
Un lavoro di innovazione, conoscenze e sperimentazione. In profonda distonia – e ci tengono a sottolinearlo – con la retorica che da sempre accompagna l’allenamento dei calciatori, soprattutto in Italia ma non solo. «Siamo forse l’unico staff al mondo per cui il giorno di recupero è più importante del giorno di massimo carico. Perché non è affatto vero che la sofferenza, il sacrificio, le corse nei boschi ti fanno rendere di più in campo. I principi di fisiologia dicono l’esatto contrario, eppure sono principi difficili da fare accettare».
Siamo a favore del lavoro duro di alta intensità ma poi concediamo il tempo che questo lavoro di alta intensità faccia effetto. Perché se tu fai un lavoro di alta intensità che non fa effetto, hai creato un danno.
È l’intervento di Carlo Ancelotti che ha vissuto sulla sua pelle quanto si sono rivelati controproducenti nel corso del tempo certi metodi di lavoro cosiddetti tradizionali.
Come in una cronometro
Il risultato è che martedì sera il Napoli ha terminato in crescendo. L’analisi di ogni partita viene corredata da numeri, grafici, statistiche. Per questioni di privacy, non è possibile riportare i dati del Liverpool. Possiamo comunque dire che ci sono atleti, come Mané e Milner, le cui prestazioni sono abbondantemente sopra la media dei calciatori.
«Hanno giocatori – spiega Luca Guerra – che a livello mondiale sono fuori scala per molti parametri. Per loro dovrebbero riscrivere i libri di analisi delle performance. Eppure in media siamo stati superiori a loro. Abbiamo avuto prestazioni più omogenee che sono riuscite a offrire un risultato di squadra più efficace. Loro hanno avuto picchi individuali incredibili, noi di meno». Un po’ come accade nelle cronometro a squadre, il tempo viene preso sul quarto all’arrivo non sul primo.
«Ma il dato cui siamo più orgogliosi, è quello relativo alla partita divisa in sesti, in sei quarti d’ora. Nel secondo tempo, loro sono calati, noi no».
Le accelerazioni
Il calcio oggi è soprattutto alta intensità e accelerazioni. L’accelerazione che più fa la differenza è quella superiore ai tre metri al secondo. A livello individuale, Mané ha stracciato la concorrenza. Ma il dato che impressiona è che nell’ultimo quarto d’ora il Napoli ha effettuato la miglior performance della partita (fatta eccezione per i primi quindici minuti).
In tutta la partita il Napoli, ha corso 283,64 metri grazie ad accelerazioni superiori ai tre metri al secondo, più del Liverpool. Così suddivisi:
Tempo Distanza percorsa
di gioco
0-15′: 55,36 metri (più del Liverpool)
16′-30′: 40 (meno del Liverpool)
31′-45′ 47,33 (più del Liverpool)
46′-60′ 40,42 (meno del Liverpool)
61′-75′ 36,88 (meno del Liverpool)
76′-90′ 48,12 (più del Liverpool)
91′-95′ 15,53 (più del Liverpool)
Il Napoli ha chiuso nettamente in crescendo. Tanto per avere un termine di paragone, alla fine dello scorso Napoli-Liverpool di Champions lo stesso dato del Napoli fu di 179 metri.
«È stata una partita di una intensità straordinaria, le performance delle due squadre si sono intersecate per tutta la durata del match. Però – aggiunge Guerra – va detta anche un’altra cosa. È stato un incontro in cui l’arbitro ha fischiato pochissimo: 14 interruzioni, 4 falli nostri, 10 loro». In Premier la media è di 22 interruzioni, in Serie A è di poco superiore ai 29. «Non è vero quel che spesso si dice, e cioè che le squadre italiane sono meno intense di quelle inglesi. La verità è che da noi si gioca un calcio diverso rispetto al loro. Da noi c’è meno intensità perché ci sono più interruzioni, ci sono molti fattori che ti fanno abbassare il ritmo». E ovviamente incide anche l’atteggiamento delle due squadre: né il Napoli né il Liverpool hanno avuto un atteggiamento attendistico.
«Si spinge tanto – interviene Mauri -, e giustamente, per avvicinare il nostro calcio agli standard europei, per avere partite più divertenti. Ma per farlo occorre un cambiamento di tutto il movimento, bisogna remare tutti nella stessa direzione, occorre un diverso atteggiamento di allenatori, giocatori». E arbitri, aggiungiamo.
Potenza metabolica
C’è un altro dato che è diventato fondamentale per l’analisi della prestazione. È quello della potenza metabolica. Il calcio è profondamente cambiato. Anche nell’analisi della performance e nel dato scientifico che ne è alla base. Una vera e propria rivoluzione nel settore, dovuta al fisiologo Pietro Enrico di Prampero e al preparatore atletico Roberto Colli. Sono loro ad aver introdotto il concetto di altissima intensità, ad aver compreso che non è la velocità raggiunta dal giocatore ma è l’accelerazione a fare la differenza. È l’accelerazione che va misurata. Scrive il professor di Prampero:
Il costo energetico della corsa in accelerazione è maggiore di quello a velocità costante perché il soggetto deve spendere energia anche per aumentare la propria energia cinetica.
Un tempo le accelerazioni dei calciatori che non producevano una velocità superiore ai 14,4 km/h,, sparivano dallo spettro della misurazione. Quindi l’analisi della performance era profondamente carente, considerando – come scrive Colli – che un calciatore mediamente dedica il 14,3% del tempo della prestazione ad azioni ad alta intensità. Ma questo 14,3% comporta il 42.4% della spesa energetica totale della partita. Insomma, non è importante quanto si corre, ma come si corre. Considerando che, scrive sempre Colli, “per oltre 50 minuti il giocatore tende a camminare e solo per due tre minuti è fermo”.
E anche in questo caso, al contrario del Liverpool, il dato del Napoli è cresciuto nel secondo tempo mentre quello del Liverpool è calato.
Nel secondo tempo, suddivis0 per quarti d’ora, la potenza metabolica media è cresciuta da 10,01 W/Kg a 10,62 fino a 10,78. Il dato medio è stato di 10,94. Che non è stato di molto superiore a quello espresso dalla squadra nel finale. Senza addentrarci in ulteriori tecnicismi, ricordiamo che il dato è anche suddiviso in due sottocategorie: quando si ha la palla, e quando non si ha la palla.
La straordinarietà della prestazione si evince anche dal confronto dei dati rispetto alla Juventus: +32% per quel che riguarda accelerazione ad alta intensità, 30% per altissima intensità, + 10% potenza metabolica, +10% spesa energetica.
I crampi di Allan
Chiediamo dei crampi di Allan. E ci spiegano che il calciatore è rientrato giovedì e non ha dormito tre notti per il fuso orario. «C’è stata indecisione fino alla fine se farlo giocare o meno, perché faticava a recuperare. Poi, il giorno prima,, lo abbiamo visto molto bene in allenamento e infatti ha disputato una grande partita. I crampi sono dovuti al fatto che ha sofferto nei giorni precedenti».
Giocarsela alla pari
L’aspetto di cui vanno più fieri, nel Napoli, è aver improntato tutta la preparazione della partita con il Liverpool sul concetto di giocarsela alla pari. «Dal messaggio che ha trasferito Carlo (Ancelotti, ndr) in conferenza stampa alla preparazione svolta in allenamento. I giocatori hanno percepito il messaggio, hanno percepito la nostra convinzione di giocarcela alla pari con i campioni d’Europa. E ormai non solo. Questo gruppo sta crescendo giorno dopo giorno, è sempre più consapevole. Vincere qui, se dovesse accadere, non sarebbe un miracolo. È un concetto fondamentale per giocarsela con convinzione».
Lozano
Avere la possibilità di dialogare con chi ha fatto del calcio il proprio lavoro, consente di guardare alle prestazioni in modo diverso. Ad esempio, mentre contro il Liverpool la prestazione di Lozano è stata quasi in modo unanime definita magnanimamente sufficiente, nel Napoli sono convinti che il calo finale della difesa dei Reds sia stato dovuto anche ai continui allunghi in profondità del messicano che possiede capacità tecniche diverse dal resto del gruppo.
Gli infortuni muscolari (degli altri)
I dati e la vittoria sul Liverpool sono il raccolto di un lungo e meticoloso lavoro fatto soprattutto di tanta passione. Portato avanti con mezzi che non sono quelli dei grandi club. Ma con un continuo aggiornamento e una costante proiezione alle novità. «E anche tanta critica, forse persino troppa. Bisogna sempre mettersi in discussione, altrimenti si resta fermi». A Madrid, fronte Real, è in corso un acceso dibattito acceso sugli infortuni muscolari che stanno falcidiando la rosa. Rimanendo in Italia, anche alla Roma. La Juventus in due partite ha perso De Sciglio e Douglas Costa per rotture muscolari.
«Infortuni ce ne saranno – spiega Mauri – ma noi facciamo molta attenzione ai carichi di lavoro dei calciatori. Non ci siamo inventati nulla, il mostro metodo è basato sui principi di fisiologia. Il recupero è fondamentale. Peraltro mio padre Giovanni (che ha a lungo lavorato con Ancelotti, ndr) lo metteva in pratica già vent’anni fa». Principio espresso anche da un medico sportivo spagnolo a proposito degli infortuni al Madrid. Lo scorso anno gli infortuni muscolari, nel senso di rotture, furono appena quattro, tre delle quali a freddo. «E lì, puoi farci poco». Verdi a Udine, Hamsik a Milano, Mario Rui a Firenze. Poi ci fu Chiriches a Salisburgo, ma era reduce da un lungo stop e giocò – causa squalifiche – due partite nel giro di quattro giorni.
Insigne non ha giocato da infortunato a Torino
«Fermare Insigne a Torino ci ha evitato una rottura. Ha impiegato quattro giorni per recuperare pienamente, non abbiamo voluto in alcun modo forzare. Non ha giocato da infortunato contro la Juventus. Ha giocato, ha sprintato, lo dicono i dati, ma ha avvertito un indurimento in anticipo. Ed è stato meglio fermarsi».
«Fare bene, vuol dire salvaguardare l’atleta. Il benessere del calciatore è il nostro obiettivo, oltre ovviamente a quello di condurlo nelle migliori condizioni possibili alla partita. Noi siamo convinti – e i risultati fin qui ci stanno dando ragione – che in questo modo renda di più e meglio. Non è vero che l’atleta va spremuto. Se il giorno di massimo carico di lavoro, che in genere abbiamo in mezzo alla settimana, non è seguito da un giorno di scarico quasi totale, è un giorno perso. Paradossalmente, è meglio fare due giorni di scarico di fila che non due giorni di carico. Nessuno lo dice, ma è la verità. Anche il lessico che accompagna la preparazione atletica, andrebbe completamente rivisto».
«Per raggiungere picchi di alta intensità, devi alternare il lavoro con picchi di recupero importante. Niente corse lunghe, niente corse lente, niente pesi. È difficile far comprendere l’importanza di questi elementi».
L’attenzione ai calciatori
Il lavoro dello staff è incentrato sui calciatori. È un lavoro di gruppo, ma il più possibile differenziato. «Se vuoi fare il duro, dici che tutti devono lavorare allo stesso modo perché sono tutti uguali. Ma non siamo tutti uguali. Se a Llorente, per fare un esempio, facciamo fare uno scatto di cento metri, lo ammazziamo. Così come nel rapporto umano, non puoi comportarti con tutti allo stesso modo. La bravura sta proprio nel capire le diversità da atleta ad atleta, da persona a persona».
«Noi – aggiunge Manuel Morabito – abbiamo creato un rapporto con i calciatori. Diciamo loro, ed è la verità, che ci interessa anche il loro futuro. Come vivranno quando avranno smesso di giocare. È importante, lo capiscono, ti seguono perché sentono che non vuoi sfruttarli ma che vuoi prepararli al meglio rispettando il loro fisico».
Il lavoro dello staff è in continuo aggiornamento. Con Davide Ancelotti, Mauri ha sviluppato l’idea di un’app – creata specificamente per il Napoli – che consente di avere un rapporto diretto con i calciatori. «Ma presi singolarmente. I gruppi whatsapp hanno dei limiti, tutti leggono tutto. In questo modo, invece, il calciatore può essere più sincero. Questo strumento ci consente di avere una linea di comunicazione diretta con l’atleta, di sapere se ha avuto problemi durante la notte, come ha recuperato dalla partita. Tutte informazioni importanti per l’organizzazione dell’allenamento che deve essere il più accurato possibile, va preparato nei minimi particolari».
Un’altra novità introdotta dallo staff è la smartboard in palestra. «Il calciatore va lì, con gli esercizi che deve sostenere, e può vedere in anteprima come svolgere l’esercizio. C’è un video che lo illustra. Inoltre lì carichiamo anche i video degli avversari, che inviamo anche personalmente con la app. Così il calciatore potrà visionare l’avversario calciatore che incontrerà sulla sua strada nella prossima partita, come si muove il portiere. Guarda solamente quello che gli interessa, senza obbligarlo a sorbirsi tutto.
I personal trainer
Da Trigoria, i molti infortuni sono stati spiegati anche con l’imperversare dei personal trainer. Con calciatori che, una volta a casa, disobbediscono e magari effettuano esercizi che vanno in direzione contraria rispetto a quella desiderata dallo staff del club. «Anche in questo caso occorre discernimento – conclude Mauri -. Che cosa fai? Vai al muro contro muro? Dici “ti faccio lavorare a bomba” poi se vai a casa e continui è responsabilità tua. Ma poi le conseguenze di un infortunio le paga la squadra, quindi non stai facendo bene il tuo lavoro. Noi cerchiamo di modulare il carico. Se sappiamo che qualcuno è abituato a fare esercizi in più da solo, che sia qui o casa, allora cerchiamo di assegnargli più allungamenti, esercizi posturali, senza un grande carico. Viceversa, con altri giocatori che si affidano al 100% a noi, spingiamo un po’ di più. C’è una cura maniacale del dettaglio perché secondo noi fa la differenza. L’alternativa è dire: “non mi interessa, vado dritto per la mia. Chi mi vuole seguire, bene, quello che succede succede. È un po’ come a scuola: c’è il professore che dà la nota e quello che cerca di parlare per risolvere il problema. Qui il professore è per il secondo metodo, e noi siamo d’accordo con lui». Non c’è bisogno di specificare il nome del professore.