ilNapolista

Ponte Morandi, negli audio delle riunioni Autostrade-Spea il ribasso sulle manutenzioni

Gli inquirenti ipotizzano che l’idea fosse quella di ridurre i costi per compiacere i nuovi soci tedeschi e cinesi. Decisivo l’audio di un manager di Autostrade registrato di nascosto da un collega

Ponte Morandi, negli audio delle riunioni Autostrade-Spea il ribasso sulle manutenzioni

L’inchiesta sul Ponte Morandi non smette mai di stupire. La novità del giorno è sul Secolo XIX.

E’ il 2017, un anno prima del crollo. Il 28 aprile viene annunciata la vendita di quasi il 12% di Autostrade per l’Italia (Aspi). Una maxi operazione che porta nelle casse dell’azienda controllata dai Benetton 1,48 miliardi.

Più della metà del pacchetto azionario viene acquistato da un consorzio guidato dai tedeschi di Allianz Group. L’altra metà è ceduto a un fondo sovrano cinese, il Silk Road Fund.

Questa iniezione di liquidità, spiega il quotidiano, dà il via ad un’altra operazione, ovvero l’acquisizione della spagnola Albertis da parte di Atlantia.

Secondo la Procura di Genova, tutte queste operazioni finanziarie hanno giocato un ruolo determinante nella gestione della sicurezza, anche di quella del viadotto crollato.

Almeno è questo che emerge dai verbali delle riunioni di Aspi. A dettare la linea è il capo nazionale della manutenzione, Michele Donferri Mitelli.

Il Secolo riporta le parole registrate in un audio trovato nel computer di Marco Vezil, dirigente Spea, al vaglio degli inquirenti:

“Devo spendere il meno possibile… sono entrati i tedeschi, a te non te ne frega un c…, sono entrati i cinesi… devo ridurre al massimo i costi… e devo essere intelligente de portà alla fine della concessione… lo capisci o non lo capisci?”.

Tutto registrato, perché Vezil registrava, di nascosto, ogni incontro. Perché? Si chiedono gli inquirenti. Forse voleva mettersi al riparo dalle possibili conseguenze che avrebbero potuto avere quelle riunioni?

C’è un altro audio, risalente al 24 ottobre dello stesso anno 2017, relativo ad un incontro tra Autostrade e Spea.

In questo caso Donferri chiede esplicitamente ai tecnici di rivedere verso il basso le valutazioni di rischio su alcuni viadotti. Ecco cosa dice:

“Che sono tutti ’sti 50? Me li dovete toglie… Adesso riscrivete e fate Pescara a 40, perché ti ho detto, il danno di immagine è un problema di governance”.

Una conversazione che, secondo gli inquirenti, mostra chiaramente la

“finalità di lucro nelle direttive di Donferri in ordine all’attribuzione dei voti dei difetti delle opere ammalorate”.

Che il 2017 fosse un periodo importante è evidente da un documento Consob risalente al 16 luglio. In esso si spiega che nel patto sottoscritto da Autostrade è certificato che l’importo complessivo degli impegni di spesa deve rimanere immutato. Deriverebbe da qui l’ossessione del mantenere i costi sotto controllo.

Non solo, continua il Secolo.

“La falsificazione dei report, spiega una qualificata fonte d’indagine, apre un altro scenario: se al momento della vendita fosse stata rappresentata una situazione della rete migliore di quanto non fosse in realtà, i soci potrebbero chiedere i danni”.

Autostrade replica dicendo che le spese di manutenzione non hanno mai subito flessioni nel 2017 e che sono aumentate nel 2019. Rimanda le dichiarazioni di Donferri alle valutazioni della magistratura e dichiara di aver avviato un audit interno.

Ma c’è ancora un altro incrocio di date interessante.

Nell’autunno del 2017 Aspi avvia l’iter per ristrutturare il Ponte Morandi. Quando scrive al Ministero sembra avere fretta, una fretta non giustificata dalle valutazioni sulla sicurezza del viadotto. L’intervento è qualificato come “locale” e non “infrastrutturale”.

Chi indaga ritiene che ci sia il tentativo di evitare la richiesta di ulteriori adempimenti da parte del Genio Civile. In fondo, a proposito di un altro viadotto, Donferri diceva:

“Che c… te ne frega di dire che è un intervento strutturale… di fatto lo è, ma non lo dite”.

ilnapolista © riproduzione riservata