Montalbano era in casa a cena con Ingrid quando chiamò Livia: “Salvo e che brutta voce che hai: è successo qualcosa? , sei solo in casa?”
Eri sira e Muntilbano addopo na sparatina, nu curteo in chiazza e nu pedinamenti, eri finalmenti giunta a Marinelle.
Acconzata la tavula stavi per mittiri in bucca la primera furchettata, quanno il tilifono – “mallitto!” – prisi a suonari.
Muntilbano: “Chi è che scassi?”.
Ingirdda: “Salvo, ma sono io, Ingrid: ti ho disturbato?”.
M: “Ma che dici Ingridda, tia nun distrubba maie”.
I: “Posso venire a trovarti un attimo: sono fuori casa tua”.
M: “Ma veni: mangnama assiema, stavi ura mittindomi a tabula”.
Doppa picca tri minuta Ingridda si apprisintai in casi: con un vistitino azzurra che mittiva in evidentia il su fisica serpentina. Una misa che saribbi annata bine per l’istate, ma che idda purtava sinza brivida macari in chista primera partia de otunno.
Addoppo aviri mangiata la pasti ‘ncasciata di Adilina che eri miliora di farse ‘ncasciare viramente, Muntilbano sbarazzai la tabula e si misiro ‘ncoppa ‘o divanu e sufà per bivirisi un uischiei in sancta pacìa.
Principai Muntilbano.
M: “Allura Ingridda che cosa ti purtai da mia stasira?”.
I: “Avevo desiderio di vederti, Salvo: sono tre mesi che non ci vediamo”.
M (‘ncuriusita): “Gratia, ma nun mi dicira che si vinuta sula per salutame?”.
I: “Non ti si può nascondere niente”.
M: “Pinsa che invice a mia omnes circano di nasconnerme omnia”.
I: “Ma io non sono un criminale, Salvo”.
M: “Tia si multa meliora di un criminala”.
I: “Ah, ah, ah: cos’hai stasera, Salvo, ti manca Livia?”.
M: “Livi mi ammanche simpre: ma vasta iocari, dimmi chilla che mi divi dira”.
I: “Allura Salvo: ti ricordi Rachele Estermann, quella mia amica svidese a cui voi del commissariato ritrovaste il suo cavallo – Super – dopo un’indagine tra mafia e corse clandestine di cavallo?”.
M: “E comme facio a m’ila scurdari?”.
I (ridendo alla grossa): “Anche lei si ricorda di te, e sai tra qualche giorno ritorna a Vigata- per una gara di cavaddri; nota del ridatturi – e mi ha manifestata la sua voglia di rivederti”.
M: “Ah, chesta ti havi manifistata?”.
I: “Si, ma tu non mi sembri molto propenso… “.
M: “Ma pi mia non ci saribbiro prublema: ma c’è il facta che dumani mi vine a truvari Livi e la cusa putrebbe finiri a schifia”.
I: “Che fifone che sei commissario: hai paura che ti mangi il lupo?”.
M: “Io fifuna? , ma che dicia? Eh, sulo che Livi quanno s’incazzi addiventa na furie”.
I: “Ma Rachele se la prenderà molto: la vedrà come un rifiuto”.
M: “Scusame multa cu lia: ma vidi che Livi è la mia fimmina ed havi macari le sue rationa”.
I: “Ma poi questo linguaggio, fimmina! Salvo ma siamo nel 2019 ed una persona del tuo livello intellettuale, professionale e culturale che si esprime come uno scaricatore di porto…”.
M: “Ma pirchia non se poti diciri fimmina?”.
I: “Ma no, Salvo! Alludere sollo all’aspetto del genere sessuale è una forma abbastanza elementare di sessismo: non solo in Svezia ma anche in Italia pensavo che questo era un dato acquisito”.
M: “Ma a mia non mi havivano avvirtito – nianche con una circulara; nota mintale del parianti Muntilbana – : ma poia chia assuccessa, le fimmina non sugno chiù fimmina?”.
I: “Sono sempre femmine come genere, ma la lunga marcia delle donne le ha portate ad essere tante altre cose che sommandosi non possono essere ridotte alla sola femminilità”.
M: “Ma havi mai pinsato di candidarte con il Pd di Zingaretta – chillo che dicuna mi summiglia, (ma – nota mintale del Muntilbano – simbra che io sugno chiù billa per le fimmine)?”.
I: “Non cambiare discorso come tuo solito, Salvo: ritorniamo in medias res… “.
M: “E immedimocia: se ti divo diri la mia pirsonali viritate, a mia chista questiona virbali de linguaggia politicallo corricta mi pari na strunziata”.
I: “Stasera sto conoscendo cose di te che non avrei neanche immaginato: anche volgare sei diventato?”.
M: “Ingridda, nun cagnari discurso – vuia fimmine site delle artistiche in chista; nota misogina del Muntilbano – e cricammo di ragiunari. Allura speigame perché io dicindo fimmine avribbe mancata di rispetta a vui fimmine, si io non havi mai discunusciuta le vuestre qualitate?”.
I: “Ma io non ho detto che sei un misogino – non meno di quanto lo siano gli altri uomini; nota mentale della Ingrid -, ma è il partire da questo dato della sola sessualità che integra una considerazione della donna solo nell’atto sessuale”.
M: “(…)”.
I: “Che fai non parli più?”.
M: “Stavo pinsando di diri qualichi cosa di intelligenta: ma non mi vine”.
I: “E questo è un altro dato di voi uomini… “:
M: “Ma scusame. Ingridda, dicindo chista vuia non ‘ntegrati il riato opposta?”.
I (mettendosi in guardia): “Cioè, non ho capito?”.
M: “Si tu mi dicia che noi mascula non havimmo capacitate di diri qualichi cusa di ‘ntelligenta, non mi stavi a diciri che nuia mascula simo in radicia critina?”.
I: “(…)”.
M: “Che faci, nun parlia?”.
I: “Sei un retore diabolicco, Salvo”.
M: “Non sugno ritore: sugno uni che pe misteria sua è bituata a vidiri il chino ed il vota: nui mascula e fimmina simo commo due criminala che ci accusamma di esseri stata i primera a compieri il riata: ma omnes e dua havimmo avuta la vuluntate di delinqueri”.
I: “Mamma mia Salvo e che brutta considerazione che hai dei rapporti maschio-femmina?”.
M: “Che faci, macari tia dicissi mascula-fimmine: ma nun eri riato ‘tilizzari chesta dicotomie?”.
I: “Come giri tu la pizza, nessuno”.
M: “Ma io la pizzi mi la magna”.
I: “Tu ti mangi tutti noi”.
Propria allura si sentette la sunata del tilifono che chella sirata pariva chiù camurriosa del solita.
M (a Ingridda): Scusasseme, havio da arrisponderi. Putribbe esseri Livi”.
I (acida): “La tua fimmina?”.
Muntilbano bozzaia e itte a rispunnera.
M: “Pronto!”.
L: “Salvo e che brutta voce che hai: è successo qualcosa? , sei solo in casa?”.
Prima di arrisponeri Muntilbano pinsai: “Le fimmine: accapiscano tota a vola”.