Intervista al magazine francese: «In faccia non mi farebbero mai buu. A Napoli non avrebbero mai scritto il comunicato degli ultras dell’Inter. Vorrei avere la saggezza di Ancelotti»
Il difensore del Napoli Kalidou Koulibaly ha parlato in una lunga intervista al magazine dell’Equipe in cui ha raccontato di sé, della sua famiglia e della sua infanzia, per arrivare poi a toccare i temi del razzismo con toni forti, denunciando
“Questi idioti non urlerebbero mai queste cose di fronte a me”
Prima di arrivare al Napoli nel 2014, era stato avvisato di queste cattive abitudini delle curve?
«Avevo sentito molti luoghi comuni: l’Italia è razzista, alla gente non piace la Serie A a causa degli incidenti xenofobi, i neri non possono giocare perché i caucasici hanno un vantaggio … Volevo mostrare il contrario Mi piace quel tipo di sfida. E Napoli è l’opposto di quello che raccontano: sono stato molto ben accolto, la mia famiglia si sente bene, come i miei amici quando vengono a trovarmi. Qui, tutti i venditori ambulanti senegalesi si chiamano Koulibaly. Si sentono accettati, sono felici e non hanno nessun problema»
Quando è stato il primo incidente razzista che ti riguarda?
«Contro la Lazio, nella mia seconda stagione (2015-2016). Potrebbero essercene stati alcuni prima, ma non mi importava. Durante questa partita (3 febbraio 2016, l’arbitro Mr. Irrati ha fermato il gioco per un momento). Gli ululati sono stati molto intensi, mi distrasse. Mi ha fatto davvero male. Lo staff era imbarazzato, l’allenatore (Maurizio Sarri, attuale allenatore della Juve) mi ha offerto di interrompere la partita se avessero continuato. In realtà, mi vergognavo, sentivo persino che non ero al mio posto, che non facevo parte di questo mondo. Con il senno di poi, dico il contrario: avrebbero dovuto vergognarsi loro e sta a noi mostrare e affermare che il nostro posto è sul terreno di gioco. Questi idioti non avrebbero mai fatto quelle grida se fossero stati direttamente di fronte a me. Sono nel mezzo di una massa, anonima, ed è difficile identificarli. C’è una battaglia per combatterli. In altri paesi sono più avanti: come ad esempio in Inghilterra, dove si svolge il campionato più seguito al mondo, i colpevoli sono bandite a vita. Queste sono misure drastiche a cui ispirarsi».
Da quel primo incidente, quante volte è successo di nuovo?
«Ma non c’è solo razzismo contro il colore della pelle, c’è anche quello contro le città! Quando attaccano il mio capitano, Lorenzo Insigne, perché è napoletano, mi fanno arrabbiare come quando offendono i calciatori di colore. Mi fa male al cuore, mi fa male. Napoli non lo merita, ha un popolo eccezionale, una città che vive d’amore. Ospita un club molto importante in Italia, un club che lo rappresenta a livello internazionale, la gente dovrebbe rispettarlo. Qui in Francia, è diverso, ma in Italia vi è anche una discriminazione nei confronti del Sud da parte del Nord, mentre se accettassero di unirsi, sarebbe bello».
Il 26 dicembre, Inter-Napoli e Mazzoleni
«Ero di cattivo umore per una questione di gioco, per quello che stava avvenendo sul campo. Non avrei dovuto reagire ma fu la goccia che fece traboccare il vaso. L’arbitro mi disse che non aveva sentito i buu. Poteva fare qualcosa, ma non l’ha fatto: è stata una sua scelta. Non lo giudico ma odio l’ingiustizia, non lo sopporto. Avrei voluto concludere la partita e poi denunciare. All’intervallo, ho chiesto a Faouzi (Ghoulam, il suo compagno di squadra) se anche lui aveva sentito buu nei miei confronti. Ha risposto: «Sì, è un abuso. Se vuoi, ci fermiamo, non devi forzarti a giocare». Ma non volevo prendere la palla con le mani durante la partita, così, all’improvviso. Avevo bisogno di aiuto e poteva venire da qualcuno che non l’aveva fatto in quel momento, e mi dispiace».
«Comunque siamo sulla strada giusta, anche la Lega Serie A si è mossa. Io spero che queste iniziative funzionino, mi do da fare fuori del campo. Dobbiamo dimostrare che anche in Italia può giocare un calciatore nero di alto livello. Dobbiamo aprire le porte a chi dubbi sul campionato italiano».
Il riferimento è a Demba Ba che ha invitato i giocatori di colore a non andare a giocare in Serie A.
«La sua è stata una frase forte ma lasciare il calcio italiano vorrebbe dire darla vinta ai razzisti».
Nessuna vera punizione
«Non ho ancora visto tifosi banditi dagli stadi, multe pesanti, punti ritirati. Ci dovrebbero essere esempi che traccino un prima e un dopo. C’è bisogno di esempi. Il razzismo è difficile da combattere. Se i genitori sono razzisti, non possiamo fare molto».
«A Napoli sarebbe stato impossibile leggere una lettera come quella degli ultras dell’Inter, c’è così tanto amore. Come possono considerare i buu un tentativo di deconcentrazione quando c’è odio per chi ha la pelle di un altro colore? Litigare fa parte del calcio, anche essere insultati, ma la discriminazione è un’altra cosa: è mancanza di rispetto. Vorrei vedere lo discriminati. Fa davvero male».
«Durante Inter-Napoli ho avuto la solidarietà di Asamoah, mi ha fatto molto piacere ma la solidarietà non deve arrivare solo dai neri».
«Voglio dimostrare che Napoli è una città dove tutti si amano. La bellezza di Napoli è qualcosa che non si può spiegare in un’ora».
«Mi ha sorpreso il sostegno della Rapinoe, mi ha reso felice Lei è una giocatrice molto importante».
Ancelotti
«Ancelotti è una persona molto importante. Mi ha insegnato molto e mi aiuta ogni giorno a progredire. È una persona molto saggia, che pensa prima di parlare. Vorrei avere la sua saggezza, a volte mi lascio trasportare. Con lui parliamo di calcio ma anche della vita di tutti i giorni.
Pensi di portare questa lotta oltre lo sport, ad esempio in politica?
«Questi incidenti razzisti avvennero mentre Matteo Salvini, a capo di un partito di estrema destra, era al potere per più di un anno. Non voglio fare politica, non è il mio campo. Voglio solo combattere la discriminazione nella vita di tutti i giorni e nel calcio. È uno sport davvero seguito. Ciò che accadrà avrà ripercussioni nella vita di tutti i giorni».