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È facile amare Napoli quando vai a mille e hai Capri di fronte. La differenza tra Mertens e Richard Gere

L’amore è esclusivo. L’amore resta. Come resta De Laurentiis che come un vecchio zio ti parla della vita. Quando ti senti in cima il mondo, è ebbrezza non amore.

È facile amare Napoli quando vai a mille e hai Capri di fronte. La differenza tra Mertens e Richard Gere

L’amore è “dedizione appassionata ed esclusiva” si legge su un qualsiasi dizionario a cui chiunque voglia attingere per trovare la definizione del nucleo essenziale di questo sentimento che muove l’essere umano ed in nome del quale l’essere umano ha varcato ogni possibile soglia dell’epica in ciascuna delle arti in cui si è industriato.

Perché è proprio nel significato di quel sostantivo che ne costituisce il nucleo, e cioè la dedizione, che può ricavarsi tutta quella totale offerta di sé (al proprio amato od alla propria amata) in cui consiste il sentimento in questione, ed è proprio nel significato di quegli aggettivi, appassionata ed esclusiva, che possono ricavarsi l’assoluta cecità e convergenza verso l’oggetto del proprio amore di tutte le possibili pulsioni propositive ed affettive di colui che ama.

Laddove proprio tale assolutezza dà a sua volta luogo ed origine all’automatica eliminazione di ogni possibile alternativa di pretendenti, e cioè di altri possibili soggetti a cui l’amore può essere indirizzato.

L’amore è, dunque, per sua stessa definizione non scindibile e non contestualmente divisibile verso più persone, non ha alternative nel momento in cui lo si sente vivo dentro di sé e lo si pratica, perché è funzionale all’unico sbocco che la natura umana ha per esso previsto; la sola persona amata in quell’esatto momento in cui la si ama.

L’amore non può, quindi, esistere se ha alternative, se cioè colui che dice di amare anche solo per un infinitesimo istante può pensare ad alternative di sentimento, o di pratica di vita, che indirizzino non verso quello stesso soggetto che si ama (e che si dice di amare), ma altrove.

Perché proprio in quell’esatto momento in cui può pensarsi ad una possibile alternativa, ecco che allora si ufficializza non solo e non tanto la perdita di esclusività propria dell’amore, ma anche e soprattutto la perdita dell’elemento che di tale esclusività è causa ed origine, e cioè la “cieca” ed invincibile (e forse nemmeno tanto comprensibile nel periodo in cui essa esiste) pulsione fisica e di anima che da qualsiasi punto si parta finisce con il portarti – o con il farti tornare –  sempre e comunque dalla persona amata.

Finale, questo, che appunto come sopra ha originato l’epica del sentimento in questione, perché per esso, e cioè proprio in virtù di quell’energia e quella forza non contrastabile, centripeta (e quasi autonoma ed a se stante rispetto al soggetto agente) che ne costituisce il motore, il corso della storia dell’umanità ha visto le più grandi vittorie o sconfitte, il raggiungimento dei traguardi più insperati od il verificarsi dei più grandi, e spesso annunciati, fallimenti.

Perché, appunto, quando l’amore c’è, ed è vero, la sua forza ti costringe, prima ancora che a non tollerare alternative, a non poter pensare in modo opportunistico o secondo principi di economicità o di efficienza o di lucro.

L’amore, in sostanza, ti costringe (quando esiste in tutta la sua forza, ma non è percepito come sano) o ti direziona (quando esiste in tutta la tua forza ed è percepito come corretto motore di vita) verso rinunzie, in tutte le sue declinazioni.

Ecco, quanto sopra vorrei far sapere a Dries Mertens (un po’ meno a Callejon, se non altro perché nessuno lo ha chiamato con un nomignolo napoletano, né tanto meno lui se ne è crogiolato), al buon “Ciro” che per estrazione sociale e proprio livello culturale ben potrebbe seguirci nel ragionamento a ciò sotteso.

A lui ed a chi ci (gli) crede fino in fondo.

Ma, soprattutto, vorrei dire a Mertens (e a chi ci crede fino in fondo) che probabilmente non ha mai amato Napoli, nel senso suesposto e con tutta quella forza che ne dovrebbe derivare, perché altrimenti non solo negli anni passati, ma a maggior ragione adesso, e proprio ora, la sua vita non ammetterebbe alcuna possibilità di scelta alternativa a Napoli medesima, e soprattutto alcuna possibilità di scelta così lucrosa rispetto a quella di rimanere con la propria amata.

Perché, appunto, il solo fatto di avere in testa questa possibilità, peraltro così vantaggiosa, di per sé ed ontologicamente rende vana ogni possibile narrazione sul suo amore per Napoli, a cui dovrebbe restare accanto anche e soprattutto in questa fase della sua vita e della sua carriera (l’ultima in cui può ancora monetizzare).

Richard Gere, in “American Gigolò” (uno dei 10 film di formazione da vedere prima dei 20 anni, se non altro per la scena della scelta delle cravatte sul letto ad inizio pellicola), dice in buona sostanza che preferisce “andare” con le signore di una certa età perché non c’è alcun gusto ad “andare” con le ragazzine, ché quelle godono a prescindere da te.

Ecco, esattamente questa frase mi ha fatto venire in mente la possibile scelta di Mertens, questa è la frase che ha mosso tutto.

Declinandola al caso di specie, si ha che non ci vuole nulla a dire di amare una città nel momento in cui questa ti sta accompagnando, con la vita spesa a Palazzo Donn’Anna ed a 30 minuti di navigazione in motoscafo da Capri, nella fase più “top” della tua carriera, quella appunto in cui godi da solo, per intenderci, ed in cui sei così ebbro di felicità che dichiari amore anche ad un palo della luce.

E no, troppo facile: quello non era e non è amore, era ed è semplicemente declinazione di ebbrezza.

L’amore, invece, quello che non da e non fa percepire alternative anche quando di ne avresti e come, quello è un’altra cosa, è la cosa di cui sopra, ed è una cosa seria, caro “Ciro”.

Forse così seria da non essere per te o per chi, come te, se ne va e se ne va sul più bello (e cioè all’atto in cui dovrebbe rinunziare).

L’amore, appunto, è una cosa seria,  come una cosa seria è la verità.

E qui veniamo al secondo punto.

Qual è la verità, infatti, nel caso di specie, quella che ancora una volta sta venendo a galla nel solito, prorompente e prepotente modo,  che sta declinandosi in tutta l’atmosfera di chiarezza in cui essa viene offerta?

Quella che attiene alle persone (non che vanno, ma) che restano.

Ecco, per esempio, De Laurentiis è uno di quelli che restano.

Resta non solo a sputarti in faccia, comunicandolo espressamente, ciò che ognuno di noi in cuor suo pensa, e cioè che se te ne vai in Cina dopo aver dichiarato amore eterno alla città, rischi di passare come per quella “Giulietta” di cui al noto striscione ai veronesi e rischi, inoltre, tu stesso – ragazzo che pensi ad una simile alternativa – di bruciarti anni di vita vera per un malloppo di soldi che dovrebbe servirti per la “vita dopo”, così appunto quasi ammettendo e sputtanando in se la pochezza della scelta di vita (vita ?) che stai facendo.

Dicendotelo, si badi bene, con quell’affetto tipico del vecchio zio che di vita sa, e che come tale sta mettendoti in guardia da quanto rischioso sia rinunciare ad anni di esistenza tra le tue cose per il malloppo di soldi che nulla dovrebbe  cambiare rispetto a quello che peraltro già ti sei messo in saccoccia.

Prima lode a De Laurentiis (vorrei avercelo io uno zio che mi mette così in guardia dalle puttanate che sto per fare; e ne faccio, minchia se ne faccio).

E resta, inoltre, a sputarti in faccia, stavolta comunicandolo tra le righe, che i giocatori, quelli che dicono di amarti, che saltano davanti alla curva cantando insieme ad essa dopo una vittoria ma che poi scappano alle prime avvisaglie di malloppi di denaro più consistenti,  vanno e vengono, ma che lui, invece, con tutta la chiarezza tipica di chi gestisce imprese e rapporti commerciali (altra grande verità che il personaggio in questione ti comunica: io sono questo, niente più di questo, non prendo per il culo nessuno con cori e canti, ma rischio di impresa anche in tuo favore), resta e continua a dirti con la sicurezza tipica del capitano della nave, in tempesta e non, di non aver paura perché proprio grazie all’assennata e lungimirante gestione societaria contunderanno ad arrivare e ad andare via giocatori che consentiranno alla tua squadra di essere dove è.

Perché, in fondo, questo dovrebbe contare: non la gente che viene, dice di amarti, e va; ma il fatto che attraverso questa gente c’è ti consente di competere con piazze dove la gente arriva ma poi non se ne va (perché di soldi ne guadagna tanti già li)

Senza bugie, e forse proprio per questo antipatico, con eloquio forbito, e forse proprio per questo odiato, con schiettezza di concetti, e forse proprio per questo ripudiato.

Perché, si sa, mentre le bugie camminano da sole ma evaporano al primo colpo di calore, la verità rimane ferma ed impassibile al vento della stoltezza.

Seconda lode a De Laurentiis.

P.S. per inciso, ci sarebbe una terza lode: quella relativa all’eleganza con cui abbina cravatta e camicia, non male per chi porta in giro il marchio di una città che tutti vorrebbero di pezzenti e terremotati. O no?

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