Il Dipartimento di Agraria della Federico II lavora in vista delle spedizioni su Marte. Il centro inaugura il 4 novembre

A Portici nasce un laboratorio in cui cresceranno piante da coltivare nello spazio. E’ il primo in Italia ed è finanziato dall’Agenzia spaziale europea (Esa). Inaugura il 4 novembre presso il Dipartimento di Agraria della Federico II, alla Reggia di Portici. Il gruppo di ricerca è diretto dalla professoressa Stefania De Pascale.
Lo racconta il Corriere del Mezzogiorno.
All’interno del laboratorio ci sarà una camera di crescita equipaggiata con sofisticati sistemi di coltivazione e controllo ambientale.
I programmi internazionali di esplorazione spaziale prevedono viaggi di lunghezza e durata sempre crescente. La permanenza prolungata dell’uomo nello spazio è tuttavia ostacolata da una serie di limitazioni e problemi. Acqua, ossigeno e cibo necessari per missioni brevi sono al momento trasportati quasi interamente dalla Terra. Ma nei viaggi verso Marte, ad esempio, non sarà possibile.
Occorrerà garantire la rigenerazione delle risorse con il minimo spreco di energie e materiali, scrive il quotidiano. E le piante dotate di radici, fusto e foglie, ovvero le piante superiori, sono un ottimo strumento per garantire la rigenerazione dell’aria attraverso la fotosintesi, la purificazione dell’acqua mediante la traspirazione e il riciclaggio di parte dei prodotti di scarto dell’equipaggio (feci e urine) come fonte di nutrienti, fornendo nel contempo cibo fresco per integrare la dieta degli astronauti.
Non solo, la presenza di piante a bordo mitiga lo stress degli astronauti. E il consumo di vegetali freschi previene il rischio di patologie associate alle condizioni ostili dell’ambiente.
La professoressa De Pascale dichiara:
“Sono circa trent’anni che le agenzie spaziali lavorano su questi problemi e siamo ormai in fase avanzata. Il nostro gruppo, con finanziamenti dell’Asi e dell’Esa, si concentra sulla caratterizzazione delle piante. Ora disporrà del nuovo laboratorio realizzato in Inghilterra che costituisce un apparato di crescita totalmente chiuso. A Barcellona c’è invece un’unità autonoma con i cinque compartimenti che costituiscono un ciclo completo che simula un intero ecosistema, fino agli utilizzatori, che nello spazio saranno i membri dell’equipaggio umano”.
Insomma, non siamo ancora pronti per i viaggi interplanetari, perché ci sono ancora da risolvere problemi relativi all’effetto delle radiazioni sugli esseri umani, ma non siamo lontani dall’obiettivo.