È il “Maradona” degli allenatori. E lo ha dimostrato non solo a Liverpool ma con la capacità in queste settimane di non far naufragare la squadra
È tornato Maradona e non lo abbiamo capito. Soltanto che questa volta non è Diego ma Carlo Ancelotti.
Il migliore allenatore del mondo, anche se a volte non capito, oppure, come oggi dopo Liverpool, mai abbastanza considerato da noi. Eppure i suoi meriti sono tanti.
Maradona è stato il fuoriclasse. Il paragone con Pelé è per me difficile da fare, avevo 10 anni al tempo della finale in Messico quando l’Italia perse 4 a 1 contro il Brasile. Ricordo questo grandissimo calciatore brasiliano poco ma mi affido alle cronache e ai filmati dell’epoca. E concordo. Un campione eccezionale, moderno per tanti versi.
E poi è arrivato Maradona. Unico nel suo genere, nel suo gioco. Al punto da diventare (come Pelé) un riferimento oggettivo: “Hai fatto una cosa alla Maradona”, si ripete ormai da anni. Con buona pace per Messi e Ronaldo, sì campioni ma… Certo, un grandissimo giocatore non sempre al termine della carriera si trasforma in un grandissimo allenatore.
Diego viene continuamente chiamato ad allenare squadre, dalla nazionale argentina a compagini sparse per il mondo ma solo, purtroppo lo ha dimostrato, in virtù del suo nome, del suo passato (operazioni commerciali che comunque hanno un loro senso). Ma non riesce a trasferire la sua immensa grandezza di giocatore nella gestione, nell’allenamento di una squadra. Però rimane sempre, anche per chi non lo ha mai visto allo stadio, un termine, non più solo una persona, di riferimento. E il Napoli, in questo senso, ha nuovamente “un Maradona”. Non in campo ma in panchina.
È Carlo Ancelotti, probabilmente il top nel mondo degli allenatori. Ma con una differenza del giardino di casa nostra, che vede per esempio in Lippi e soprattutto in Sacchi (buoni ma non eccezionali giocatori) allenatori di prima grandezza ma con un passato di giocatori medi. Certo, Trapattoni e Liedholm sono stati calciatori – e poi allenatori straordinari – ma sembra questa quasi essere l’eccezione (ci sono anche Capello, Mancini non dimentichiamo).
Ancelotti invece è stato uno dei migliori giocatori nel suo ruolo (vincendo da atleta tanto ma purtroppo vittima di infortuni, che non gli hanno permesso per esempio di essere tra i protagonisti del mondiale 82), un centrocampista di rottura e nello stesso capace nell’impostazione della manovra. Scudetti, Coppe dei Campioni nel suo palmares da giocatore. E poi allenatore, non mi ripeto viene spesso detto da molti, in grado di vincere campionati in Italia e all’estero e tre Champions League. Insomma, per usare il termine di riferimento, il “Maradona” degli allenatori. E lo ha dimostrato in questi giorni. Non solo con il pareggio di mercoledì, derivato da una sua lettura tecnica della partita, ma con la capacità in queste settimane di non far naufragare la squadra.
Ecco allora la riflessione che servirebbe: fino a ieri sui giornali italiani Ancelotti veniva definito come bollito, incapace di gestire una squadra riottosa, succube dei voleri di de Laurentiis, in partenza per altri lidi. Magari quest’ultima cosa accadrà, quanto successo in queste settimane non potrà non lasciare un segno. Ma forse anche no. Abbiamo l’occasione, e lo dico rivolto a società e tifosi, di avere con noi ancora un “Maradona”, che all’estero ci invidiano (e corteggiano).
Teniamocelo stretto, affianchiamolo – non solo, ripeto, società e tifosi ma soprattutto noi commentatori evitando di farci solo ed esclusivamente megafono della piazza. Serve in questo momento difficile soprattutto da parte di chi commenta, di chi scrive, di chi fa analisi, dei giornalisti non essere dei banali tromboni, di cavalcare facilmente la crisi, i sentimenti popolari- che per definizione non sono mai caratterizzati dal buon senso – ma di essere in grado di capire quello che accade e di fornire a chi ci legge una fotografia reale, onesta della situazione.
Altrimenti il nostro attuale Maradona – ricordando quanto fece il Diego originale – farà passare una notte e la mattina dopo non ci sarà più. Sarà partito.