Stanno provando a convincerci che la pirateria uccide il calcio. Forse è vero. Forse, però, i pirati veri non sono quelli che intendono loro
È la giornata di Roma-Napoli e, meno di una settimana fa, l’avevo immaginata completamente diversa. Immaginavo, come facevo fino a poco tempo fa, di aspettare le 15.00 non vedendo l’ora che iniziasse la partita, attendendo la discesa in campo dei nostri ragazzi, attendendo la formazione che avrebbe dovuto rilanciare il cammino del Napoli in campionato. Invece no, niente di tutto questo.
L’andazzo del campionato ha fatto sì che stamattina mi sia svegliato senza nutrire il minimo interesse nei confronti della sfida dell’Olimpico, quella che un tempo chiamavamo il derby del Sud.
Qualche amico ha interpretato il mio stato d’animo attribuendolo alla rabbia conseguente i fatti di mercoledì. Io ci ho riflettuto e sono certo che non sia così.
Ero arrabbiato, se mi consentite l’eufemismo, dopo Inter-Juve di due campionati fa, quella dell’impunità di Pjanic e dello scudetto perso in albergo. Oggi no, oggi qualunque sentimento di rabbia, disillusione, amarezza, impotenza, nausea che poteva essere presente prima ha lasciato il posto all’indifferenza più totale.
La verità è che non sono più interessato a seguire una competizione in cui non riesco a credere. Manca l’emozione di sperare in un gol all’ultimo minuto, manca la voglia di discutere se la formazione ipotizzata sia adeguata o meno all’avversario, manca la curiosità di sapere se il prossimo acquisto o la prossima cessione contribuiranno a rafforzare la rosa. Manca l’interesse verso un campionato che sembra irregolare e già deciso in partenza.
Oggi, alle 15.00, ero in giro per strada, sentivo le telecronache filtrare dalle finestre e non ho sentito il bisogno di allungare l’orecchio per capire cosa stesse succedendo. Ho scoperto solo a partita conclusa che il boato che avevo ascoltato era dovuto non a un gol di Mertens ma a Meret che aveva parato un rigore (toh, guarda, un rigore contro). Ho appreso solo alle 18.00 il risultato della partita e che Mario Rui aveva, ancora una volta, alzato il braccio in area “costringendo” Rocchi a fischiare il secondo rigore a favore dei giallorossi. Ho appreso solo successivamente che la partita era stata interrotta per i soliti cori contro i napoletani. Chi li avrà sentiti oggi? L’arbitro, il quarto uomo?
Spesso si sente dire che non si può fischiare un fallo in area altrimenti si dovrebbero dare venti rigori a partita. Allora mi chiedo come mai oggi sia stata bloccata la partita per una cosa che accade ogni domenica e che dovrebbe fermare la maggior parte delle partite. Poi mi accorgo che la risposta non mi interessa.
Chi mi conosce sa che non seguo la Nazionale. Non per disamore, non per mancato patriottismo, ma perché, per vari motivi, non suscita in me interesse alcuno. La partita di oggi è stata per me come una partita della Nazionale. Una partita che guardo distrattamente solo, ed esclusivamente, se non ho nulla di appena meglio da fare. Così è stata la mia Roma-Napoli, priva di interesse e, pertanto, non l’ho guardata come, probabilmente, non guarderò altre partite di serie A. Proprio quest’anno che avevo di nuovo fatto l’abbonamento al San Paolo.
Continuerò a seguire le partite di Champions sebbene in quella competizione non siamo attrezzati per vincere. Ma io non voglio vincere o, almeno, non voglio solo quello. Io voglio vedere una competizione corretta, leale e ad armi pari, dove le regole siano chiare e uguali per tutti. In quel caso sarei pronto ad accettare qualunque sconfitta. Altrimenti è uno sport che non mi interessa.
Stanno provando a convincerci che la pirateria uccide il calcio. Forse è vero. Forse, però, i pirati veri non sono quelli che intendono loro.