Intervista al Fatto Quotidiano: “L’Italia guarda Napoli come Dorian Gray guardava il suo ritratto, dicendosi che lì ci sono tutti i mali”

Il Fatto Quotidiano intervista Maurizio Braucci, sceneggiatore e scrittore, autore di film come Gomorra, La paranza dei bambini, Martin Eden. Una bella intervista di Daniele Sanzone.
Secondo Braucci, per l’Italia Napoli è come il ritratto di Dorian Gray.
“Il nord e la capitale guardano al sud come Dorian Gray guardava il suo ritratto, dicendosi che è li che ci sono i mali, senza rendersi conto che il male è di tutti, che la ’ndrangheta che si è pensata sempre relegata alla Calabria invece domina Milano e Torino e la Val d’Aosta. C’è un’abitudine culturale dell’Italia di vedere il sud come un luogo malato quasi per magia e non per ragioni storiche ed economiche”.
Braucci racconta la vivacità di Napoli dal punto di vista cinematografico.
“Napoli oggi è un set a cielo aperto. Arrivano da mezzo mondo per girare qui. È un luogo meraviglioso per la natura e poi la gente è aperta e disponibile, bisognosa di lavorare e quindi trovi manovalanza a basso prezzo. Napoli è una città piena di storie dove ognuno vive dell’arte di arrangiarsi. Vivere qui è una continua sfida di sopravvivenza, data dalla eccessiva vicinanza che genera contrasto, conflitto e questi sono gli ingredienti di qualunque drammaturgia”.
L’interesse cinematografico verso la città è un’opportunità, spiega, ma le istituzioni devono sfruttarla per ridurre la disoccupazione giovanile. In città manca la formazione professionale, fondamentale.
“Napoli a differenza di Roma e Milano non ha una scuola del cinema (e nemmeno una scuola della musica e del teatro) eppure ha una grande tradizione artistica. Napoli ha bisogno di formazione per i giovani, non c’è soltanto la disoccupazione ma anche la carenza formativa, quindi è difficile impiegare i giovani anche se ci sono occasioni oggi nell’audiovisivo”.
Braucci descrive il napoletano come un individuo per il quale l’arte di sopravvivere è diventata quasi una maledizione. Perché, abituati alla sopravvivenza, i napoletani non rivendicano più i propri diritti.
“I residenti dicono ‘vabbè tiriamo a campà’ e questa è diventata la loro maledizione. Il napoletano ama vedersi come un simpatico furbo ma in fondo è un oppresso. È quello che nel Paese paga le tasse per la spazzatura e l’assicurazione più alte e che ha meno servizi sociali, però si crede capace di raggirare le cose ma in fondo patisce. È quel ‘Cca nisciuno è fesso’ per il quale poi tutti finiscono per diventare fessi”.
Braucci è arrivato in vetta partendo da niente. Chi è povero ha due possibilità di fronte a sé, spiega.
“Penso che le persone povere che possono immaginarsi diversamente da come il contesto sociale li costringe ad essere sono di due tipi: o sono artisti o sono criminali. Anche i criminali di quel tipo partono dall’immaginarsi in maniera diversa, vogliono cambiare il proprio destino”.
Napoli non offre molte opportunità, ma offre la ricchezza dell’immaginazione.
“Napoli è una ‘madre del sogno’, una madre che esercita l’arte del sogno, tutti qui sognano, a volte li vedi camminare trasognati e magari questo sogno può essere un incubo per l’altro e in tal caso trovi l’individuo persecutorio verso il prossimo come capita col mafioso, col politico corrotto. Oppure può essere un sogno di libertà, un sogno di utopia. Allora hai l’individuo solidale che può servire il prossimo, che può lenire il suo dolore, che può curarlo e magari condividere con lui il proprio sogno”.