Carletto lo definì un fratello, Rino al suo arrivo chiese di non fare paragoni. Eppure non perde occasione per screditare il recente passato. È stato un malinteso o c’è altro?
Nella conferenza stampa di presentazione, l’11 dicembre, Rino Gattuso chiese apertamente di non fare paragoni tra sé e Ancelotti. Giusto. Comprensibile. Sono due profili al momento neanche accostabili. E ovviamente, se Gattuso dovesse rimanere sulla panchina del Napoli, ci auguriamo che invece possano esserlo presto.
Al di là del pensiero di tanti tifosi napoletani – di certo la stragrande maggioranza dei tifosi parlanti e scriventi – fuori città nessuno si azzarda ad accostare le due storie professionali. Oggi Gattuso è allenatore del Napoli. È stato chiamato dal Napoli anche per riportare il gioco che fu di Sarri. Lo disse chiaro e tondo il presidente De Laurentiis sempre il giorno della presentazione. Ancelotti per il Napoli è diventata una parentesi da dimenticare. Come se non fosse mai passato di qui. Ma non è questo il punto, adesso.
Quel che fatichiamo a comprendere è perché Gattuso avverta l’esigenza non solo di prendere le distanze dal suo predecessore – e fin qui ci sta – ma anche di denigrare il suo lavoro. O comunque di gettare ombre.
Si è sempre raccontato della grande amicizia tra i due. De Laurentiis ha ammesso di aver conosciuto Gattuso alla festa di compleanno di Ancelotti a Capri. E Gattuso fu l’unico uomo di calcio a essere invitato. Ancelotti ha sempre parlato di rapporto speciale, lo ha definito più volte un fratello.
Eppure suonano a dir poco strane le dichiarazioni dell’allenatore del Napoli. Appena arrivato, in conferenza, parlò di classifica imbarazzante. Disse che questa squadra era adatta a giocare il 4-3-3. Ci può stare. È stato chiamato per questo. Per giocare in quel modo.
Via via, però, è stato quasi un crescendo rossiniano. Tranne una volta, in cui ha detto che il suo gioco presuppone una preparazione atletica diversa rispetto alla precedente, non ha mai realmente smentito la favoletta che vuole il Napoli a pezzi fisicamente, come se non avesse giocato alla pari e persino battuto il Liverpool o non avesse sovrastato atleticamente squadre come l’Atalanta e il Salisburgo. Il refrain della “squadra a pezzi” può essere accettato dai tifosi (che non hanno dati, fondamentalmente non sanno nulla), ma non si capisce perché non venga seccamente smentito da chi ne ha l’autorità e l’autorevolezza. Subentrare a un allenatore, non vuol dire obbligatoriamente gettare ombre sul suo lavoro.
Gattuso ha sempre apprezzato il calcio di Sarri e lo ha ripetuto anche ultimamente. Anche sul ruolo e le funzioni del portiere, c’è una differenza rispetto alle idee di Ancelotti. È del tutto legittimo. Quel che non si comprende, sono le dichiarazioni di ieri. «Una squadra che ha toccato il fondo» e «una squadra che deve tornare a essere pensante, fino a due anni fa lo era». Quindi il Napoli di Ancelotti non era pensante? Non entriamo qui nel dettaglio tecnico, ci atteniamo esclusivamente al fatto in sé.
Allora, domanda. Anzi domande. Perché quest’esigenza? È un diktat societario? La nuova parola d’ordine è: screditare il lavoro di Ancelotti e Gattuso si adegua? È vero che De Laurentiis si è pubblicamente convertito al Sarri-pensiero, è diventato nostalgico di Sarri con una evidente strambata, ma ha anche detto che tra lui e Ancelotti i rapporti sono rimasti cordiali. E poi Gattuso non ci è mai parso un signor sì, non lo è mai stato. Oppure, proseguiamo: è successo qualcosa tra i due? Intendiamo i due allenatori.
Qualcuno potrebbe dire: e se Gattuso avesse semplicemente detto quel che pensa? Ok, ma perché fino a poco tempo lo considerava un suo maestro? Ha sempre ripetuto la storiella di averlo chiamato nei momenti di difficoltà. Ha raccontato frottole e in realtà lo ha sempre considerato scarso? O addirittura dannoso?
C’è anche un’altra ipotesi che ci teniamo a prendere in considerazione: nel post-partita di un match perduto in quel modo, gli è scappata la frizione. Non voleva dire quelle cose. Forse non voleva dirle in quel modo. Succede. Può succedere. I risultati in questo momento non gli sorridono e quando si è in difficoltà ci si aggrappa a tutto.
Un aspetto ci colpisce. Gattuso ha detto quel che tanti tifosi del Napoli vogliono sentirsi dire e ripetono da mesi. Sono le dichiarazioni migliori per vincere una ipotetica campagna elettorale. A Napoli, ovviamente. Fuori Napoli, è un po’ più complesso far passare Ancelotti per un incompetente rovinasquadre. Ancelotti che nel frattempo in Premier ha fin qui vinto tre partite su quattro e ha portato la squadra fuori dalla zona retrocessione.
Quel che ci preme dire, è che è del tutto legittimo avere idee diverse di calcio e diversi metodi di lavoro, ma non per questo si deve dire che chi la pensa in maniera differente ha rovinato una squadra. Ci sembra una cosa ovvia. Lo diciamo principalmente per Gattuso. Dal nostro punto di vista è innanzitutto lui a non farci una bella figura, e non lo merita (ovviamente parliamo del resto del mondo, a Napoli così può diventare un idolo).
L’augurio è che si sia trattato di un semplice malinteso e speriamo che al più presto Gattuso ci toglierà questo dubbio. Altrimenti prenderemo atto che la storia dell’amicizia e soprattutto della stima professionale era falsa.