Intervista a Repubblica: “Leggere è importante. Io ho iniziato con i contratti dei procuratori”

Repubblica intervista Alessandro Costacurta, testimonial, con altri ex della Nazionale, della campagna UNHCR, agenzia Onu per i rifugiati, e Lega Serie A, “Mettiamocelo in testa”. Una raccolta di fondi per l’istruzione dei bambini rifugiati in età scolare.
Al quotidiano Costacurta parla dell’importanza della cultura, dei libri, soprattutto per i ragazzi. E anche del fatto che, pur essendo un calciatore (secondo i luoghi comuni lontano dalla “cultura”), ha sempre dato importanza alla lettura. Iniziò a leggere, racconta, grazie ai contratti calcistici.
«Sono rimasto senza papà a 17 anni. In una settimana si proposero 7 procuratori. Mia mamma e mio fratello non potevano occuparsene. Così ho dovuto leggere per informarmi. Non mi fidavo. Avrò perso qualche contratto, ma da una tragedia ho sviluppato una capacità».
Da allenatore, una sola esperienza, a Mantova. E non gli è piaciuta troppo. Ammette, invece, di aver apprezzato quella nella Figc.
«Serve pazienza con i giocatori. E poi è un mestiere totalizzante. Mi mancavano troppo mia moglie e mio figlio. Non mi sentivo più un buon marito, né un buon padre, né un buon allenatore. Mentre l’esperienza da dirigente con la Figc mi è piaciuta tantissimo».
Costacurta è stato anche vicecommissario federale, scelto dal presidente del Coni Malagò
«Lo conoscevo, ma non eravamo così amici. Nei primi tre mesi ho dovuto studiare tanto, le carte federali erano le mie compagne inseparabili. Poi è andata sempre meglio, anche se i complimenti me li fanno per la scelta più semplice: Mancini ct. Sfumati Conte e Ancelotti, Roberto era l’ideale. È un grandissimo allenatore, è perfino diventato simpatico».
Il suo merito meno pubblicizzato, dice, è stato quello delle seconde squadre.
«Non ne è stata capita l’ importanza. In C i giovani della Juve crescono a vista d’occhio. Nulla è più formativo. Io ero capitano del Milan Primavera, ma negli 8 mesi al Monza diventai calciatore vero».