Intervista a Il Fatto. Suo figlio morì andando a sbattere contro un guardrail in manutenzione. In primo grado i giudici condannarono la ditta e il Comune, poi la prescrizione ha ripulito tutto

Il Fatto Quotidiano intervista Giovanni Galli, ex storico portiere della Fiorentina e della Nazionale. Nel febbraio 2001 ha perso suo figlio Niccolò, all’epoca 17enne. Era una giovane promessa del calcio anche lui. Aveva fatto le giovanili nel Torino, vinto il campionato Under 17 nell’Arsenal e poi era tornato in Italia, a Bologna. Proprio tornando dall’allenamento, sotto la pioggia, Niccolò perse il controllo del motorino e andò a sbattere contro un guardrail in manutenzione. C’era un tubo di acciaio senza protezione. I soccorsi furono inutili.
In primo grado, nel 2017, i giudici ritennero che non fosse stato solo un incidente. Condannarono per omicidio colposo il funzionario della ditta di costruzione che si era occupata della manutenzione del guardrail. La pena fu di un anno e quattro mesi. I funzionari dell’ufficio manutenzione del Comune, invece, ebbero 11 mesi uno e sei mesi e mezzo l’altro. Ma il reato finì in prescrizione prima dell’appello.
Oggi Galli confessa di non essere mai andato ad una udienza del processo.
“Perché non cercavo niente di più, mio figlio non me lo restituirà più nessuno. Però almeno pretenderei giustizia. E invece è stato tutto prescritto. Ma di una cosa sono certo: chi è stato condannato in primo grado e chi ha permesso che si potesse arrivare alla prescrizione ne risponderà davanti alla propria coscienza per tutta la vita. Chi è colpevole e chi ha cercato di ottenere la prescrizione a ogni costo, ogni volta che passerà da quella strada maledetta dove è morto mio figlio, si sentirà in grossa difficoltà, per non usare altre parole…”.
Galli ritiene inammissibile che un omicidio vada in prescrizione. Non è da Paese civile.
“Se uno è colpevole, la prescrizione non deve valere”.
Se tutto è andato come ricostruito dai giudici, qualcuno avrebbe dovuto pagare, continua.
“Prima dell’incidente di mio figlio c’erano già due denunce di cittadini della zona secondo cui quel guardrail era pericoloso. Poi abbiamo visto com’è andata a finire. Nessuno ha mai pagato. No. Non è possibile che per l’omicidio colposo un processo possa andare in prescrizione. Ci sono casi e casi, ma questo è un reato molto grave”.
Il fatto è, spiega, che a volte si fa apposta per dilatare i tempi del processo per arrivare alla prescrizione.
“C’è chi non aspetta altro che la prescrizione per evitare ogni responsabilità: così gli imputati la fanno franca senza dover rendere conto a nessuno. Gli avvocati spesso usano strategie dilatorie. Per esempio, se un imputato presenta un certificato medico il giudice non può rinviare l’udienza di quattro mesi, non ci vogliono quattro mesi per guarire da un’influenza. Lo stesso succede quando non c’è un giudice, un avvocato e così via: e si dilata un processo fino a due anni”.
E’ accaduto così anche nel caso di suo figlio.
“Gli imputati non hanno fatto appello contro la condanna, non contro la sentenza, perché comunque si sentivano colpevoli. Volevano una riduzione della pena e hanno ottenuto la prescrizione”.
La prescrizione va fermata se il primo grado riconosce la colpevolezza, continua.
L’ex portiere conclude raccontando cosa è diventata la sua vita dopo la perdita del figlio.
“Ti manca sempre qualcosa, eravamo in cinque in famiglia e una parte di noi non c’è più: mia moglie si è dovuta curare, le mie figlie hanno avuto bisogno di un sostegno psicologico. Per quanto riguarda me, nonostante siano passati 19 anni, la bomba che ho dentro non è ancora scoppiata e mi sono aggrappato alla fede: giro i campi di calcio sperando che questo sia solo un brutto sogno. Ogni giorno spero di vedere Niccolò uscire dallo spogliatoio o tornare a casa, ma poi capisco che non è possibile: un giorno lo rivedrò chissà dove e tornerò a passare del tempo con lui”.