Subisce troppi gol. Emerge chiaramente solo un difetto sistemico: la difficoltà nella lettura delle palle alte e scoperte. Il Lecce è un discorso a parte
Gli alti e i bassi che ha vissuto il Napoli sotto la gestione di Gennaro Gattuso sono picchi della stessa intensità, che finiscono per attestarsi mediamente su un livello ben al di sotto delle possibilità offerte dalla rosa e dalla società. Cinque le gare vinte, altrettante quelle perse. Quindici sono i gol fatti, proprio come quelli subiti. E così se da un lato c’è l’aggravante di aver migliorato i dati grazie al confronto in Coppa Italia con una squadra di Serie B, il Perugia, d’altro canto gli azzurri hanno affrontato due volte la Lazio, l’Inter e la Juventus. I numeri contestualizzati confermano che la squadra è ben lontana dal rendimento atteso, in considerazione del valore dei calciatori e degli investimenti che sono stati compiuti sul mercato, che complessivamente di certo non rispecchiano l’undicesima posizione in classifica.
In questo periodo, si è potuto individuare quelli che sono i principi di gioco che Gattuso vuole applicare: un esercizio senz’altro semplificato, se si tratta di un allenatore sistemico come lui. Il primo input che restituiscono le cifre è che il Napoli segna troppo poco per come attacca e subisce troppi gol per come difende. Quanto a quest’ultimo aspetto, i movimenti in fase di non possesso non sono la principale conseguenza nell’immediato sviluppo di un’azione che ha portato ad una rete avversaria. E gli errori di squadra rintracciabili riguardano tutti una specifica fase di gioco in cui si uniscono i limiti individuali a quelli del reparto valutato nell’interezza.
L’esordio è dei più infelici: il Parma espugna il San Paolo sfruttando la velocità di Kulusevski che prima si invola in porta grazie ad un controllo sbagliato di Koulibaly e poi propizia la seconda rete con lo stesso episodio ma con un protagonista diverso. A Reggio Emilia, il Napoli vince ma svela il punto debole: la difficoltà nella lettura delle palle alte e scoperte. Traoré aggira senza difficoltà Mario Rui che se lo ritrova alle spalle, ed è ciò che succede a Luperto quando Benassi serve a Chiesa l’assist per la rete del vantaggio della Fiorentina; sul tiro a giro di Vlahovic, poco da imputare. L’errore tecnico individuale si ripropone più volte contro l’Inter, quando sul primo gol Di Lorenzo scivola e sul secondo Meret interviene in modo goffo, mentre sul terzo la scivolata di Manolas regala il più facile dei gol a Lautaro Martinez. Discorso analogo per la rete che decide Lazio-Napoli, con Ospina che tenta di strafare con il pallone tra i piedi e Immobile che ne approfitta.
La gara con i biancocelesti in Coppa Italia è sui generis, perché notevolmente condizionata dalle due espulsioni e dai quattro pali equamente ripartiti tra le due squadre. Ma ecco che puntuale si ripresenta il problema quando Cristiano Ronaldo si infila tra Di Lorenzo (autore di un movimento approssimativo) e Mario Rui sul lancio di Bentancur e batte Meret poco tempestivo nell’uscita. Nella vittoria di Marassi con la Sampdoria, sulle reti subite c’è poco da dire: la prima è una perla di Quagliarella che forse non sarebbe stata evitata nemmeno se Hysaj non fosse scivolato; la seconda è un calcio di rigore, e al momento del fallo che lo genera la difesa è rientrata nei tempi e nei modi giusti, ben schierata all’interno dell’area.
I due gol su azione presi contro il Lecce meritano un discorso a parte. Il primo è molto simile per dinamica a quello che di Zielinski contro la Juve: conclusione in diagonale, respinta aperta del portiere, tocco sotto misura. E come in quel caso, il Napoli riempie bene l’area così come fecero i bianconeri, ma non c’è stata reazione dopo il tiro in porta. Cuadrado si disinteressò del polacco, Koulibaly e Mario Rui hanno adottato lo stesso atteggiamento con Lapadula. Nel secondo gol leccese si ravvisano criticità già evidenziate, come la difficoltà di leggere una palla scoperta alta a linea schierata. Ma non solo, perché il movimento di Saponara poco prima che Falco crossi fa saltare il banco: Maksimovic non s’interessa più di chi ha di fianco ma si avvicina all’avversario che ha di fronte e viene distolto dalla marcatura di Lapadula, che invece avrebbe dovuto tenere in consegna. Di Lorenzo sopraggiunge quando ormai l’attaccante ha già preso un’ottima posizione e la torsione di testa è un notevole gesto tecnico.
Scelte sbagliate, scarsa capacità di reazione e forse anche un poco approfondimento tattico di determinate situazioni di gioco, rendono il Napoli troppo vulnerabile. Gli azzurri hanno saputo dimostrare una compattezza impressionante tra i reparti e nei movimenti per eseguire alcune specifiche marcature a uomo nei successi contro Juventus e Sampdoria, il vero problema sta negli elementi che compongono la stessa linea. Segno di una squadra ancora non del tutto coesa, in campo come nella testa.