Disastroso Var anche a Parma, come a Napoli. Ma si continua. Come se niente fosse. Tutti si lamentano. Nessuno prende decisioni concrete. Quindi sono tutti d’accordo.
FALLI DA DIETRO – COMMENTO ALLA 23° GIORNATA DEL CAMPIONATO 2019- 20
Una poltrona per tre.
In una domenica di emozioni, la Serie A si schiude come un fiore sbocciato all’alba e si propone come il più bello fra i campionati d’Europa.
Lo scudetto liquido.
Sarà divertente vedere cosa decideranno quelli del piano di sopra.
E come pensano di indirizzare la corsa per lo scudetto.
Finora i giochi sono aperti. Perché finora lassù non hanno ancora deciso.
Sorpresa al Bentegodi.
Marco Silvestri portiere dell’Hellas in questi giorni deve aver sbirciato Sanremo. Chi non lo ha fatto?
Ed è subito corso dal parrucchiere per una tintura che ricorda Achille Lauro, il divo del giorno.
Juric è – con Gasp e Inzaguccio – il trainer che propone il calcio più interessante.
I tre sono accomunati – tra l’altro – da un’idea estetica molto italiana.
Difesa a tre. Marcature a uomo e consolidamento della linea difensiva. Partecipazione collettiva alla copertura. Occupazione intelligente degli spazi. Pressing.
Nel primo tempo Juric esagera anche un po’.
E schiera un 3-4-3 che ad alcuni appare addirittura una sorta di 3-7-0.
Un possesso vorace.
I campionissimi per lunghi minuti stanno a guardare e non toccano letteralmente palla. Imbarazzante.
Poi interviene il Toy Boy, che a Sanremo c’era addirittura andato.
C’era andato per compiacere la sua Bambolina. Aveva tanta voglia di farsi vedere ingenuamente sculettare in Mondovisione, la piccola, e lui l’ha accontentata.
Il Toy Boy dicevo, illude per un attimo. Ma è solo un attimo.
L’Hellas prima pareggia con Borini e poi ribalta con un rigore, dico un rigore che l’eroico Massa decreta al Pazzo perché diventi il primo fra i bomber nella storia gialloblu.
Massa in verità aveva in precedenza cercato di dare una mano.
Con tanti aiutini clandestini. Con tanti falli non fischiati, tanti gialli non esibiti.
Con il gol di Kumbulla annullato dal Var, per la millimetrica posizione irregolare del difensore.
Aveva cercato di dare una mano anche chiudendo gli occhi, come da regolamento, quando Cuadrado aveva atterrato Zaccagni in area.
Al Tardini la gara è tosta. Perché i Ducali ormai da lontano vedono l’Europa, e ci tengono.
Ma agli Aquilotti basta una zampata al volo del Pistolon per lasciare il campo del Tardini coi 3 punti in tasca e continuare a sognare.
Diciottesimo risultato utile consecutivo, miglior difesa è secondo miglior attacco.
Disastroso Var anche qui ovviamente.
Lasciando inviperiti D’Aversa e tutta la tifoseria crociata.
I quali reclamano un rigore abbastanza evidente quando Acerbi trattiene in area Cornelius.
E a essere sinceri, il chiacchieratissimo Lotito quest’anno è stato favorito troppo spesso, troppo volentieri e troppo platealmente per non generare sospetti avvelenati.
Derby epico.
Nel primo tempo, il Milan casciavit che non ti aspetti.
Aggressivo e ordinato..
Suninter bauscia balbettanti. Brozo cancellato da Kessie
Padelli sarà pure il sogno proibito di tutte le carampane milanesi, ma è una pippa cosmica.
Ibra a quasi 40 anni, gioca da fermo. Ma riesce a essere anima e cuore della squadra. Mostro.
Al 40°, su un lancio dalle retrovie, il gitano scandinavo sovrasta Godin e fa da sponda.
Il Padellino esce sa fare lui. Cioè malissimo e Rebic deve solo appoggiare a porta vuota!
Raddoppierà subito dopo facendo esplodere San Siro, forse all’ultimo derby.
A chi ha venduto l’anima Antonio Conte nell’intervallo?
Diavoli scaraventati all’inferno nei primi cinque minuti della ripresa.
Sono i centrocampisti nerazzurri a incaricarsi della bestiale rimonta.
Al vantaggio ci penserà De Vrij, incrociando di testa in avvitamento sul palo lungo.
Un gesto tecnico da super campione.
Poi chiuderà Lukaku nei minuti di recupero.
Doveroso segnalare un’altra chicca tecnica.
Quella del nuovo acquisto Eriksen.
Che da centro campo colpisce in pieno il sette.
Quel palo non smetterà mai di vibrare.
Ed eccoci alle dolenti note.
E non mi riferisco alle tante ascoltate a Sanremo.
Il Gattaccio stavolta tira fuori le sue famose palle fumanti e su di esse improvvisa un assolo usandole a mo’ di timpani. Come se dovesse interpretare il Quinto concerto per piano di Beethoven. Chi è musicista sa cosa voglio dire.
Nei primi trenta minuti, solito festival delle occasioni mancate dagli attaccanti azzurri con in testa Arkadio, l’armadio di cristallo.
Poi i salentini si organizzano intorno ai raffinati Saponara e Falco.
Contro i quali il mister calabrese non sa opporre nessuna idea efficace.
E’ lì che Liverani costruisce un successo clamoroso ma del tutto meritato.
Poi Lapadula si esalta fra i due imbarazzanti centrali azzurri.
Uno dei quali – duole a dirlo – è l’Imperatore nero.
In sei mesi diventato il più scarso difensore al Mondo.
Naturalmente c’è da smadonnare per l’immancabile crimine arbitrale.
Che naturalmente avrebbe anche potuto cambiare la partita.
Al fallo su Arkadio, l’ineffabile Giua rifiuta il Var, con un arrogante, incommentabile: ”Ho deciso io!”.
E così tutte le raccomandazione di questi mesi di affidarsi alla tecnologia, visto che c’è, sono cancellate in un attimo.
La figura di palta che ci fa tutto il Sistema è sotto gli occhi dell’universo mondo.
Ma si continua.
Come se niente fosse.
Tutti si lamentano.
Ma si continua.
Nessuno prende decisioni concrete.
Si continua.
Quindi sono tutti d’accordo.
Tutti d’accordo per l’Oscar a “Parasite”. Un capolavoro.
Stasera vado a rivederlo.