L’analisi tattica. A Liverani basta muovere due pedine per mettere in difficoltà gli azzurri che appena abbassano il ritmo diventano innocui. Quanto manca il vero Koulibaly
Una vittoria tattica
Dal punto di vista tattico, il Lecce ha meritato di vincere contro il Napoli. È un discorso di rapporti di forza: se una squadra come quella di Liverani riesce a individuare e sfruttare a proprio vantaggio le difficoltà di un avversario molto, molto più qualitativo, al punto da tirare nello specchio della porta (di Ospina) per 10 volte in 90 minuti, quella squadra più forte ha meritato di perdere. Anche se quella squadra più forte ha tentato la conclusione per 25 volte, di cui solo 7 nello specchio della porta. Anzi, proprio quest’ultimo dato rappresenta l’aggravante maggiore: il Napoli ha sì costruito gioco, ma ha fatto fatica a creare occasioni pulite. Nel frattempo, è stato approssimativo in fase passiva, per merito delle scelte di Liverani.
Al tecnico del Lecce è bastato muovere un paio di pedine in un certo modo per mettere in difficoltà la squadra di Gattuso. Di solito, i pugliesi utilizzano un modulo 4-3-1-2. Contro il Napoli, invece, si sono schierati con un 4-3-3 puro, con gli esterni offensivi a piede invertito: Falco a destra, Saponara a sinistra. La scelta è stata fatta perché il possesso potesse consolidarsi sulle fasce laterali: il Lecce ha scelto di venire al San Paolo senza snaturarsi, è una squadra che ama tenere il pallone, anzi lo gestisce per tenere bassi i ritmi della partita e per evitare di subire pericoli.
A sinistra la distribuzione orizzontale del gioco del Napoli, a destra quella del Lecce. Entrambe le squadre hanno costruito gioco soprattutto sulle catene laterali.
Con questa scelta, Liverani ha sfruttato il grande problema del Napoli in questo segmento di stagione: la squadra di Gattuso, se deve fare la partita contro avversari con meno qualità, è efficace solo quando riesce a tenere i ritmi alti. Non a caso, l’inizio degli azzurri è stato abbastanza buono, perché abbastanza intenso: prima del gol di Lapadula erano arrivati 7 tentativi di conclusione in porta, di cui 5 dall’interno dell’area di rigore. Resteranno le occasioni più nitide costruite dal Napoli, a parte le reti realizzate nel secondo tempo. Il mancato vantaggio è la colpa più grande della squadra di Gattuso, soprattutto se mancano le energie fisiche per continuare a spingere al massimo.
L’intensità di gioco del Napoli è iniziata a calare, il Lecce ha segnato. Una combinazione letale. A quel punto si è determinato il contesto migliore per la squadra ospite. Solo per alcuni frangenti, infatti, gli uomini di Liverani sono stati schiacciati nella propria metà campo. Il palleggio lento e intelligente e il successivo scarico sull’esterno hanno mandato a vuoto il pressing del Napoli, che dopo un certo punto del primo tempo ha iniziato a difendere in avanti in maniera non organica, per via della stanchezza ma anche di distanze non tenute perfettamente tra i vari reparti. Una situazione che è diventata ancora più evidente, e grave, nel secondo tempo, quando Gattuso ha deciso di forzare il contesto e di inserire il quarto attaccante.
Questa è solo l’ultima parte dell’azione che ha portato al gol di Lapadula. Prima di questi scambi ripetuti al limite dell’area del Napoli, il Lecce ha condotto il pallone sulla sinistra partendo dalla sua area di rigore. Cambio di lato, il Napoli collassa tutto intorno al pallone e Lapadula anticipa il terzino (Di Lorenzo). Il Napoli non riesce ad accorciare su nessun avversario, le distanze lunghe (favorite dall’ingresso del quarto attaccante) hanno alimentato questa sensazione di approssimazione difensiva.
Il Lecce ha sbandato solo quando ha dovuto prendere le misure del nuovo assetto del Napoli. Con Mertens seconda punta, si sono create dinamiche più varie: il belga si è mosso verso sinistra e verso destra, offrendo un appoggio in più ai giochi a due tra esterni bassi e alti. Poi, però, il Lecce ha ricominciato a tessere la sua tela (408 passaggi a fine partita, una quota superiore alla media di dieci squadre di Serie A), così ha tenuto a bada il Napoli e ha creato i presupposti per segnare di nuovo. Nel video in alto, si vedono chiaramente gli effetti della strategia di Liverani e delle contromosse di Gattuso nella ripresa.
Quanto manca (il vero) Koulibaly
Il tecnico del Napoli si è espresso in maniera chiara nel postpartita: «Per i primi 30 minuti, la squadra non ha fatto male. Sono preoccupato per la fragilità che abbiamo mostrato. Lapadula riusciva a stoppare tantissimi palloni, facendo salire il Lecce. I nostri giocatori erano passivi, non riuscivano a chiudere. Non riesco a trovare la chiave perché il Napoli risulti compatto, poi c’è da registrare anche un passo indietro a livello fisico». Queste parole sono un estratto della conferenza stampa del postpartita. Nella stessa conferenza, Gattuso ha detto che non avrebbe compiuto le stesse scelte, e che Koulibaly e Maksimovic sono stati schierati perché «giocatori di ruolo», e perché «Manolas si è allenato solo per due giorni con noi».
La chiave tattica di Napoli-Lecce è tutta in queste parole, nel video del gol del Lecce e nel campetto appena in basso. In occasione della rete di Lapadula, il possesso palla del Lecce ha scompaginato completamente l’assetto difensivo della squadra di Gattuso. Che soffre sul lato debole e non riesce ad accorciare sui giocatori avversari. Se il primo difetto è “genetico”, cioè dovuto all’impostazione iniziale della squadra (Gattuso vuole che il Napoli difenda orientandosi in base al movimento del pallone, quindi è inevitabile che ci siano più spazi in una certa zona di campo), il secondo è dovuto alle difficoltà fisiche e tattiche di alcuni giocatori.
I 5 contrasti riusciti di Koulibaly e Maksimovic in tutta la partita di ieri.
E in questo aspetto diventa centrale il mancato apporto di Koulibaly. Al Napoli un calciatore come lui, in grado di anticipare la giocata difensiva. Di accorciare i tempi di recupero del pallone facendo esplodere la sua fisicità – come ha fatto Manolas nelle ultime (ottime) partite. Il fatto che il senegalese e Maksimovic abbiano sommato 5 contrasti riusciti in 90 (e più) minuti, e spesso abbiano concesso a Lapadula l’opportunità di ricevere il pallone, giocarlo e smistarlo sugli esterni, ha dato al Lecce un vantaggio importante: gli ha permesso di smorzare l’intensità della sua stessa fase difensiva. Di spezzare e spezzettare ulteriormente l’andamento della partita.
Se il Napoli non tiene i ritmi alti in tutte le fasi di gioco, a cominciare da quella di recupero palla, va in difficoltà. È successo contro la Sampdoria quando gli uomini di Ranieri hanno iniziato a sovrastare i giocatori di Gattuso dal punto di vista fisico. È successo contro il Lecce, solo che la squadra di Liverani ha usato una strategia diversa: ha fatto correre a vuoto gli avversari senza buttare mai via il pallone. E si è difesa chiudendosi a riccio, semplicemente presidiando gli spazi.
Prevedibilità
Nell’immagine sotto, c’è un piccolo tutorial. Che potrebbe intitolarsi: come rendere inoffensivo (o quasi) il Napoli. Quel “quasi” è stato spiegato poco più in alto, quando abbiamo parlato dei primi minuti di partita in cui il Napoli è riuscito a muovere il pallone velocemente – anche se sempre sulle stesse direttrici. Poi, però, gli uomini di Gattuso sono calati. Ed è qui che il gioco del Napoli è diventato prevedibile.
Demme porta palla, provando a ribaltare velocemente l’azione dopo un tocco arretrato di Milik. Il Napoli è anche scaglionato bene sul campo, ma il Lecce ha (già) nove giocatori sotto la linea del pallone. Il gioco sarà spostato a sinistra, però senza costrutto.
Come detto già in precedenza, al Lecce è bastato presidiare gli spazi per limitare la pericolosità offensiva del Napoli. Il 4-5-1 della squadra di Liverani in fase di non possesso è risultato efficace nella seconda parte del primo tempo e poi dopo la sfuriata del Napoli a inizio ripresa che ha portato al gol di Milik. In mezz’ora abbondante, dal 60esimo fino al fischio finale, il Napoli ha tirato 4 volte dall’interno dell’area di rigore. Nonostante l’urgenza del risultato.
Questo è il numero più preoccupante, insieme a quello dei cross di Mario Rui (18). Sono due indicatori chiari: il Napoli di ieri è stato prevedibile, nel senso di ripetitivo e perciò facilmente contrastabile. È evidente che Gattuso, dopo le buone prove contro Lazio, Juventus e Sampdoria, stia cercando di inserire tutti i giocatori della rosa all’interno del suo progetto – anche in vista degli impegni di coppa contro l’Inter e il Barcellona. Però in questo momento il Napoli ha un sistema che funziona, o meglio può funzionare solo se tutti gli elementi che lo compongono sono al massimo, e quindi danno il massimo. Dal punto di vista fisico, che inevitabilmente diventa tecnico e di concentrazione.
È come se gli azzurri fossero costretti ad andare sempre al massimo per poter essere efficaci. Solo che non tutti sembrano poter andare a certe velocità, con una certa continuità, e oltretutto non ci sono (ancora?) quei meccanismi consolidati in fase d’attacco che permettono e promettono di risolvere certe partite prima che diventino difficili, prima che avversari anche più deboli – come il Lecce – trovino il coraggio e le misure per fare male a una squadra che sembra ancora molto fragile. Nel fisico e nella testa.